3 Marzo 2023

L’operatività delle esenzioni dall’azione revocatoria

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

L’azione revocatoria è uno strumento previsto dal legislatore in ambito concorsuale – originariamente, nel R.D. 267/1942 (Legge Fallimentare) e, attualmente, nel D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e d’Insolvenza) – per consentire la ricostituzione del patrimonio del debitore, rendendo inefficaci gli atti che il medesimo ha posto in essere nel periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento – ora, “liquidazione giudiziale” – in violazione del principio della par condicio creditorum.

La legittimazione alla proposizione dell’azione spetta al curatore il quale, ai sensi del novello articolo 170 CCII (che ha ripreso il contenuto del vecchio articolo 69 bis L.F.), deve agire prima che siano decorsi tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale e, comunque, non oltre i cinque anni dal compimento dell’atto, a seconda che la revoca riguardi gli atti a titolo gratuito, privi di effetto rispetto ai creditori se compiuti “dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei due anni anterioriex articolo 163, o a titolo oneroso, passibili di revocatoria nell’anno o nei sei mesi anteriori all’apertura  della liquidazione giudiziale sulla base dell’inquadramento di cui all’articolo 166 CCII.

Orbene, in forza di tale ultima norma, salvo che l’altra parte provi di non conoscere lo stato d’insolvenza del debitore, sono revocabili:

  • gli atti in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che gli è stato dato o promesso;
  • gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o altri mezzi di pagamento;
  • i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti per debiti preesistenti non scaduti;
  • i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti per debiti scaduti.

Se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore sono altresì revocati i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Il comma 3 del menzionato articolo 166 CCII (che ha ripreso il contenuto del vecchio articolo 67 L.F.) prevede sette categorie di atti sottratti all’azione revocatoria domandata dal curatore. Si tratta di:

  • pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
  • rimesse effettuate su un conto corrente bancario, a patto che non abbiano ridotto in maniera durevole l’esposizione del debitore nei confronti della banca;
  • vendite e preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis civ., che abbiano come oggetto gli immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero quelli che sono destinati a costituire la sede principale dell’impresa;
  • atti, pagamenti e garanzie che risultano essere state concesse su beni del debitore in esecuzione del piano attestato di cui agli articoli 56 e 284 CCII, salvo il caso di dolo o colpa grave del debitore o dell’attestatore quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell’atto;
  • atti, pagamenti e garanzie in esecuzione del concordato preventivo, del piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64-bis omologato e dell’accordo di ristrutturazione omologato e in essi indicati;
  • pagamenti eseguiti dal debitore a titolo di corrispettivo di prestazioni di lavoro effettuate da suoi dipendenti o altri suoi collaboratori, anche non subordinati;
  • pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal debitore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza previsti dal Codice della Crisi d’Impresa.

A tale proposito, la recentissima sentenza n. 1697/2023 della Corte di Cassazione, seppur emessa nell’ambito delle precedenti disposizioni previste dalla Legge Fallimentare, ha chiarito che le suelencate esenzioni si sarebbero potute applicare non soltanto all’azione revocatoria fallimentare, ma anche a quella ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore fosse proseguito dal curatore.

È evidente che tale principio possa ritenersi efficace ed attuale anche rispetto al Codice della Crisi d’Impresa e d’Insolvenza, non ravvisandosi – nemmeno rispetto alle disposizioni ivi contenute e sopra analizzate – alcuna ragione che possa giustificare l’assoggettamento dell’operazione ordinaria (ora prevista dall’articolo 165 CCII) ad una disciplina più severa rispetto a quella applicabile nell’ambito della liquidazione giudiziale.