19 Gennaio 2018

Le “nuove” collaborazioni sportive – I° parte

di Guido Martinelli
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Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2017 della legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) sono entrate in vigore le modifiche alla disciplina dei compensi per attività sportiva dilettantistica di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir.

Il legislatore ha operato sia sotto il profilo dell’inquadramento “lavoristico” dell’istituto, sia modificandone l’aspetto economico.

Come era già stato evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione, (“…va aggiunto che la figura del lavoratore sportivo dilettante non forma oggetto di una disciplina giuridica compiuta, né nell’ordinamento sportivo, né in quello nazionale. Manca, infatti, uno specifico inquadramento sotto il profilo del diritto del lavoro mentre si rinviene la regolazione di taluni aspetti specifici, soprattutto nel settore del diritto tributario ….” Cassazione, sentenza 602/2014) le due fattispecie di compensi erogati dalle società e associazioni sportive non lucrative delineate ai fini fiscali dal citato articolo 67 Tuir quali “esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” e di “collaborazione coordinata e continuativa di natura amministrativa – gestionale” erano prive di qualificazione sotto il profilo lavoristico.

Tant’è che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella nota circolare 1/2016 così scrive: “… la volontà del legislatore … è stata certamente quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo – dilettantistici una normativa speciale volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico rimarcando la specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro…… ”, collocandosi in un filone giurisprudenziale che era stato inaugurato dalla sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 683/14 teso a legittimare l’esistenza di una fattispecie di lavoro sportivo dilettantistico privo di tutele previdenziali e assicurative (“..la finalità perseguita dal legislatore è quella di realizzare un regime di favore a vantaggio delle associazioni sportive dilettantistiche esentando dal pagamento dell’imposta (e della contribuzione) quanto queste corrispondano in forme di rimborsi forfettari o di compensi non solo agli atleti ma anche a tutti coloro che collaborino con mansioni tecniche o anche gestionali, al funzionamento della struttura riconosciuta dal Coni. Vi sottende, ovviamente, la necessità di incentivare questo tipo di attività e di alleggerirne i costi di gestione, sul presupposto della oggettiva valenza della funzione, anche educativa che consegue all’esercizio di attività sportive non professionistiche”).

I commi 358 e 359 della L. 205/17 colmano tale lacuna istituzionalizzando (con buona pace del secondo comma dell’articolo 38 Cost.) la figura del lavoratore sportivo di società non lucrative e configurando la fattispecie quale collaborazione coordinata e continuativa, collocandola tra i redditi diversi (quindi senza versamento di contributi Inps e Inail) di cui all’articolo 67, comma 1, lett. M, Tuir. Il richiamo all’articolo 2 D.Lgs. 81/15 porta a ritenere tali, però, solo i “… rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro..”.

Questo significa, in perfetta sintonia con l’incipit della citata norma fiscale, che la disciplina in esame non è comunque applicabile a quelle attività dalle quali potrebbe derivare un reddito di lavoro subordinato o di esercizio di arti o professioni.

Ne deriva che le sportive non lucrative non godranno di una “presunzione” di qualificazione del rapporto quale collaborazione coordinata o continuativa ma potrà essere ritenuta tale solo quella che non possa ricadere nella fattispecie del lavoro subordinato o nell’attività professionale a tutti gli effetti.

Sicuramente, invece, (e questa è notizia che dovrebbe “sminare” i numerosi contenziosi ancora in essere) potranno essere riconosciuti i compensi sportivi non solo a chi effettua le prestazioni nel quadro di un rapporto di solidarietà con le finalità dell’ente (ossia una prestazione a carattere associativo) ma anche per i soggetti che la effettuano in un quadro di rapporto sinallagmatico di lavoro.

La scelta operata dal legislatore ha, però, un rovescio della medaglia.

Infatti, il riferimento all’articolo 2, comma 2, lett. d), D.Lgs. 81/15 operato dal comma 358 per definire tali collaborazioni (“rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”) comporta l’obbligo, nei confronti di tutti i soggetti a cui saranno corrisposti i c.d. compensi sportivi, ivi compresi gli atleti, di provvedere all’iscrizione nel libro unico del lavoro, alla comunicazione al centro per l’impiego e al rilascio del cedolino paga (vedi la numerosa prassi amministrativa sul punto: la circolare n. 4746 del 14 febbraio 2007 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha affermato che devono ritenersi incluse nell’obbligo di comunicazione sopra richiamato la “prestazione sportiva, di cui all’articolo 3 della L. n. 89/1981, se svolta in forma di collaborazione coordinata e continuativa e le collaborazioni individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”. Concetto ribadito con Interpello 22/2010 “le associazioni e società sportive dilettantistiche che stipulano contratti di collaborazione di cui all’articolo 90 della L. n. 289/2002 sono comunque tenute all’obbligo di comunicazione preventiva al competente Centro per l’impiego”.)

 

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