21 Aprile 2016

Le garanzie del contribuente nell’evoluzione dell’articolo 12 L. 212/2000

di Luigi Ferrajoli
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La violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dalla L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7 sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente”.

La sesta sezione della Corte di Cassazione con tale massima contenuta nella recente ordinanza n. 5361 del 17.03.2016 ha proseguito nella sua opera nomofilattica di delimitazione dei limiti di operatività e, per converso, anche delle garanzie tutelate dall’articolo 12 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

Invero la medesima sezione, in identica composizione, si è trovata a dover dirimere nella medesima udienza due distinte questioni controverse in entrambe le quali il contribuente sollevava il vizio di violazione del disposto di cui al più volte citato articolo 12. La difformità dei fatti presupposti a tale eccezione ne giustifica il differente orientamento assunto dai giudici della Suprema Corte, i quali nel primo caso hanno confermato la sussistenza di una lesione del principio del contraddittorio e conseguentemente una violazione del diritto di difesa in danno al contribuente, con beneficio per la parte controricorrente che ha visto rigettato l’opposto ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate.

Nella seconda questione sottoposta al vaglio di legittimità, al contrario, non ha trovato conferma il ragionamento svolto dal contribuente e confermato in entrambi i gradi di merito dalle Commissioni Tributarie competenti, in termini di lesione del diritto di difesa della parte privata scaturito dall’inosservanza del termine dei sessanta giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento, atteso che la Corte dagli atti di causa ha rilevato la pacifica assenza di accessi presso la sede del contribuente da parte dell’Amministrazione procedente.

Così, con la diversa ordinanza n. 5362 del 17.03.2016 i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate rinviando alla Commissione Tributaria Regionale per la decisione nel merito della vertenza.

Il faro direzionale che ha guidato il ragionamento normo-interpretativo della Corte in entrambe le decisioni è rappresentato dai principi espressi dall’ormai nota sentenza a Sezioni Unite n. 24823, depositata il 9.12.2015, che esaminando la questione dell’operatività estensiva dell’articolo 12 ha chiarito che le garanzie fissate nel comma 7 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni.

I Supremi giudici si sono spinti fino ad operare una sorta di parallelismo tra giurisdizione nazionale e comunitaria giungendo ad affermare che “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto”. Applicando dunque tali principi, nell’ordinanza n. 5362 è stata confermata la “limitazione della garanzia del contradditorio procedimentale alle sole “verifiche in loco”,  [la quale] è da ritenersi “non irragionevole”, in quanto giustificat[a] dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”; siffatta peculiarità, differenziando le due ipotesi di verifica (“in loco” o “a tavolino”), giustifica e rende non irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse“.

Differentemente, nella precedente (per numero cronologico) ordinanza la Corte, avendo rilevato l’esistenza di un processo verbale di constatazione emesso a seguito di verifica svolta presso i locali del contribuente ed avendo rilevato il mancato rispetto da parte dell’Ufficio del termine dei sessanta giorni per essere stato l’atto accertativo notificato anteriormente al decorrere dei suddetti, ha rilevato una violazione dell’articolo 12, comma 7, della L. n. 212/2000 commessa dall’Ufficio per non avere atteso il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto.

Con tale ultima pronuncia, inoltre, la Corte ha ribadito che vale la data di emissione dell’atto accertativo e non già quella successiva della sua notifica a stabilire l’avvenuta violazione del termine di difesa poiché è nel momento in cui l’Amministrazione adotta le proprie conclusioni senza preventivamente vagliare le osservazioni rese dal contribuente che si commette la violazione di legge.