17 Novembre 2015

L’aliquota Iva “prima casa” fa i conti con la piscina

di Laura Mazzola
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L’immobile sito in un complesso residenziale deve considerarsi “di lusso” ove dotato di piscina a servizio esclusivo dell’abitazione di 89 metri quadri.

In particolare, ai fini della fruizione dell’agevolazione Iva “prima casa”, l’immobile sito in un complesso residenziale con piscina a uso esclusivo dell’abitazione, con superficie inferiore a 240 metri quadri, deve considerarsi “di lusso”.

È quanto emerge dall’Ordinanza n. 21908/2015 della sesta sezione civile – T della Corte di Cassazione.

Gli ermellini hanno rimesso la causa alla CTR Sicilia che aveva definito in senso favorevole la controversia insorta tra due coniugi e il Fisco in merito all’acquisto agevolato, con aliquota Iva pari al 4 per cento in luogo del 20 per cento, di un’abitazione all’interno di un complesso residenziale.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano annullato la ripresa Iva effettuata dall’Agenzia delle entrate in conseguenza alla decadenza delle agevolazioni fiscali indebitamente fruite dai coniugi, escludendo la ricorrenza delle caratteristiche delle abitazioni di lusso previste dal D.M. 2 agosto 1969, poiché la casa in questione aveva superficie inferiore a 240 metri quadri, nonché cubatura inferiore a 2000 metri cubi.

In pratica i giudici di merito si erano soffermati unicamente sulle dimensioni dell’immobile e non anche sulla presenza della piscina a servizio esclusivo dello stesso e di superficie di 89 metri quadri.

Inoltre avevano affermato che, nel caso di decadenza delle agevolazioni in relazione dell’assenza dei presupposti di legge, il responsabile non doveva essere l’acquirente ma il cedente che erroneamente aveva fatturato l’operazione con l’applicazione dell’Iva al 4 per cento.

Proposto ricorso in Cassazione da parte dell’Agenzia delle entrate, i supremi giudici hanno rilevato che la piscina è un elementoin astratto idoneo a configurare il carattere di lusso dell’abitazione ai sensi del DM 2.8.1969 art. 4” e che tale elemento è stato “totalmente pretermesso dalla CTR che si è unicamente incentrata, per escludere il carattere lussuoso dei beni, sulla superficie dell’immobile e sulla sua cubatura”.

Inoltre, ha proseguito la Corte di Cassazione, non è possibile sostenere, come fatto dalla CTR, che il cedente sia il responsabile dell’Iva (poiché ha fatturato l’operazione commerciale), in quanto è già stato chiarito, con le sentenze n. 26259/2010 e 10807/2012, che “nel caso in cui la cessione di una casa di abitazione di lusso venga assoggettata, usufruendo indebitamente dell’agevolazione per la prima casa, all’IVA con aliquota del 4%, ai sensi del disposto del n. 21) della parte seconda della Tabella A allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in luogo di quella ordinaria del 20%, l’Ufficio emette l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, la quale istituisce – ai sensi dell’art. 1 della nota II-bis della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato dalla seconda parte del predetto punto n. 21), – un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione finanziaria”.

Di conseguenza la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR ribadendo che, nel caso di dichiarazione mendace (in occasione del rogito notarile), l’Agenzia delle entrate può recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata, in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni, e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della sanzione medesima.

Si evidenzia che tale orientamento può valere per tutti gli atti stipulati fino al 31 dicembre 2013.

Successivamente, infatti, il riferimento non deve più essere al D.M. 2.08.1969 ma all’articolo 10 D.Lgs. 23/2011 secondo il quale l’agevolazione “prima casa” risulta applicabile ai trasferimenti di case di abitazione “ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”.

Pertanto, con decorrenza 1° gennaio 2014, per individuare l’immobile agevolabile, occorre fare riferimento unicamente alla categoria catastale di appartenenza dell’immobile stesso e non alla sua superficie o cubatura. Tali criteri, grazie all’introduzione del D.Lgs. 175/2014, valgono anche ai fini Iva.

Concludendo, per gli atti stipulati in costanza della precedenza disciplina, le caratteristiche che, relativamente al caso di specie, consentono di qualificare “di lusso” le abitazioni sono:

  • Abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 metri quadri di superficie;
  • Campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 metri quadri.