15 Settembre 2023

La residenza fiscale delle persone fisiche e delle società

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il concetto di residenza fiscale è uno dei principi cardine del nostro sistema tributario. L’articolo 2, comma 1 e comma 2, Tuir stabilisce la soggettività passiva Irpef dei contribuenti, asserendo che sono considerati “soggetti passivi d’imposta le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile”.

La residenza è “il luogo in cui una persona ha la dimora abituale” (articolo 43, comma 2, cod. civ.); è quindi rappresentativa di una situazione di fatto, in quanto si fonda sulla permanenza in un dato luogo (elemento oggettivo) e sull’intenzione del soggetto di stabilire la propria dimora (elemento soggettivo).

Ai fini fiscali, la residenza (intesa come iscrizione anagrafica, domicilio o residenza ai sensi del codice civile) deve verificarsi per la “maggior parte del periodo d’imposta”. Con tale espressione si intende la permanenza per un periodo minimo di 183 giorni, anche non in maniera continuativa. Così facendo, si verificherebbe “la sussistenza di un legame effettivo e non provvisorio del soggetto con il territorio dello Stato, tale da legittimare il concorso alle spese pubbliche in ottemperanza ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione” (circolare n. 304/E/1997).

L’articolo 4 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni prevede che l’espressione “residente in uno Stato contraente” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Nel caso in cui, in applicazione delle varie leggi nazionali, il soggetto risulti residente in più Stati, sono previsti particolari criteri (cd. “Tie breaker rules”) al comma 2 dell’articolo 4 delle Convenzioni Ocse, da applicarsi secondo un preciso ordine di priorità, che presuppone la verifica dei criteri successivi solo se il criterio precedente non è stato in grado di individuare una sola residenza.

Il primo criterio è il possesso dell’abitazione permanente; se il soggetto possiede una sola abitazione in uno solo degli Stati contraenti la convenzione, si presume che questo sia il paese di residenza. Qualora il soggetto possegga delle abitazioni in entrambi gli Stati, il soggetto sarà ritenuto residente nello Stato in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (il cd. “centro degli interessi vitali”). Rientrano sia le relazioni familiari, sociali, nonché la sede degli affari o il luogo dai quali si amministra la proprietà. Se tali tipologie di relazione sono distinte (relazioni sociali in un paese e relazioni economiche nell’altro Stato), le relazioni familiari avranno un peso maggiore (tuttavia, si veda CTR Liguria sentenza n. 87/1/2012, in cui si attribuisce maggiore preminenza alle relazioni economiche).

Il secondo criterio afferma che il soggetto sarà considerato residente nello Stato contraente nel quale soggiorna abitualmente. Il terzo criterio stabilisce che, se la persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, o in nessuno di essi, si ritiene che sia residente nello Stato in cui ha la nazionalità. L’ultimo è un criterio residuale, in quanto se la persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati, “le autorità competenti degli stati contraenti risolvono la questione di comune accordo”.

Per le società e le persone giuridiche, la “residenza fiscale” viene individuata con il sussistere di uno dei tre criteri indicati dall’articolo 73, comma 3, Tuir:

  • la sede legale: si tratta di un criterio oggettivo e formale, facilmente identificabile dall’atto costitutivo e dalle risultanze del Registro delle Imprese; di fatto tutte le società costituite in Italia sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato (a meno che naturalmente non abbiano trasferito la residenza in altro Paese);
  • la sede dell’amministrazione: seppur non ne esista una definizione positiva, con tale locuzione si è soliti intendere il luogo in cui si svolge la concreta attività amministrativa o direzionale di una società;
  • l’oggetto principale: si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

I criteri dettati dalla norma sono fra loro alternativi e non classificabili secondo un ordine gerarchico di priorità, sicché, al fine di individuare la residenza a fini fiscali di una società o un ente in Italia, è sufficiente accertare la ricorrenza di uno solo di essi.

Nel verificare la residenza fiscale di un soggetto bisogna tenere conto anche di quanto previsto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con l’altro Stato, se esistente.  In ambito convenzionale, la definizione del concetto di residenza ha importanza fondamentale per dirimere i casi di doppia imposizione dei redditi che si possono verificare qualora entrambi gli Stati contraenti considerino, in base alla propria normativa interna, lo stesso soggetto fiscalmente residente sul proprio territorio. In caso di conflitto tra la norma interna e quella convenzionale, quest’ultima prevale sempre sulla prima.

L’Amministrazione Finanziaria, nei controlli effettuati per verificare la residenza fiscale in Italia di un soggetto estero, può utilizzare qualunque elemento indiziario che possa dimostrare l’esterovestizione della società straniera.

Particolare attenzione viene posta nelle ipotesi in cui il controllo della residenza ai fini fiscali avviene:

  1. in modo “mirato”: sulla base di un’analisi preliminare e ragionata della struttura e dell’operatività della società;
  2. in modo “indiretto”: nelle fasi di accesso presso una società residente ove viene rinvenuta documentazione di varia natura attinente all’operatività di una società formalmente costituita all’estero e che, in quanto tale, non avrebbe titolo per essere custodita in Italia.

Evidentemente, dei tre criteri di collegamento individuati dall’articolo 73, comma 3, Tuir, assumono rilievo preponderante il criterio della sede dell’amministrazione e quello dell’oggetto principale, i quali vanno analizzati tenendo in debita considerazione i rilevanti mutamenti intervenuti nella dimensione internazionale dell’attività imprenditoriale e delle sue particolari dinamiche legate al mercato.