17 Marzo 2015

La particolare applicazione del reverse charge nei rapporti con San Marino

di Luca Caramaschi
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La Repubblica di San Marino è un Paese che, come è noto, non aderisce all’Unione europea e deve essere pertanto considerato uno Stato extracomunitario a tutti gli effetti. Tuttavia, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (per quanto qui ci interessa) San Marino presenta la particolarità di non possedere frontiere doganali di confine con l’Italia e con l’Unione europea, e ciò sulla base dell’accordo interinale di buon vicinato siglato con la Repubblica Italiana il 31 marzo 1939 e dell’accordo di cooperazione unione doganale firmato con l’Unione europea il 16 dicembre 1991. Tali preliminari considerazioni servono a comprendere come l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (o reverse charge) per assolvere l’imposta nelle operazioni in cui il cedente o prestatore sia sammarinese, presenti delle peculiarità rispetto alle operazioni provenienti da altri paesi extraue (si pensi, ad esempio, alla Svizzera).

 

Cessioni di beni provenienti da San Marino

Per quanto riguarda le cessioni di beni la normativa di riferimento è l’art.71 del D.P.R. n. 633/1972 unitamente al regolamento introdotto con il D.M. 24.12.1993, provvedimento quest’ultimo che mutua gli stessi principi previsti per le cessioni e gli acquisti di merci tra soggetti residenti in Paesi dell’Unione europea.

Con riferimento alle cessioni da parte di soggetti passivi sammarinesi in favore di soggetti passivi italiani di beni provenienti dalla Repubblica di San Marino (tralasciando l’esame della procedura che prevede l’addebito dell’Iva nazionale da parte dell’operatore sammarinese) l’art.16 del D.M. 24.12.1993 stabilisce l’obbligo di utilizzare l’esemplare della fattura “originale” inviata dal sammarinese (in questo caso l’originale della fattura è quello vidimato unicamente dall’Ufficio tributario), anziché emettere autofattura: al pari dei documenti ricevuti per operazioni intracomunitarie, l’acquirente italiano dovrà quindi indicare su di essa l’imposta dovuta e provvedere alla sua annotazione sia sul registro delle fatture emesse, sia sul registro delle fatture di acquisto, con distinta numerazione in riferimento alle fatture di vendita e di acquisto fino a quel momento registrate.

Non è previsto un termine entro cui deve pervenire la fattura originale del cedente operatore sammarinese, ad ogni modo, in dottrina, si sostiene l’opportunità di considerare, come termine ultimo, i quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, così come previsto dall’art.6 comma 8 lettera a) del D.Lgs. n. 471/1997 per le cessioni o prestazioni realizzate da soggetti identificati o stabiliti in Italia che omettono di fatturare l’operazione.

Va poi ricordato che l’importatore italiano deve dare comunicazione all’Ufficio delle Entrate territorialmente competente dell’avvenuta annotazione nei registri di acquisto e vendite. In relazione a tale ultimo adempimento, il citato art.16 del D.M. 24.12.1993 non prevede limiti temporali; tuttavia si rammenta come, con riferimento alla locuzione del tutto simile prevista dall’art.8 del D.M. 29.12.1972, in vigore fino al 31.12.1993, l’Amministrazione finanziaria (si veda la C.M. n.30//E/1973) avesse affermato che: «l’operatore italiano, eseguite, ai sensi dell’art. 8 lett. a) del D.M. 29.12.1972, le annotazioni nei registri previsti dal D.P.R. n. 633, deve darne comunicazione al competente Ufficio I.V.A. non oltre i cinque giorni successivi a quello in cui ha effettuato le annotazioni medesime. Peraltro, qualora gli acquisti nel territorio della Repubblica di San Marino non siano occasionali, le comunicazioni in questione potranno essere trasmesse all’Ufficio Iva in allegato alla dichiarazione periodica di imposta (mensile o trimestrale)».

Il venir meno delle “vecchie dichiarazioni periodiche”, soppresse nel 1979, ha di fatto agganciato il termine di comunicazione a quello delle annotazioni delle liquidazioni Iva – mensili o trimestrali – su apposita sezione del registro delle fatture emesse. Con la successiva soppressione, decorrente dal 1° gennaio 2002, dell’obbligo di annotare la liquidazione periodica nei registri delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi si ritiene che si debba fare riferimento al termine ultimo per effettuare le liquidazioni periodiche.

Va infine ricordato che il richiamato “obbligo” non trova puntuale riferimento nelle nuove norme che disciplinano il sistema sanzionatorio di cui al D. Lgs. n. 471/1997, cosicché si deve ritenere che la sua mancata osservazione, in base al principio di legalità stabilito dall’art.3, D.Lgs. n. 472/1997 non determini l’applicazione di alcuna sanzione.

 

Servizi ricevuti da San Marino

Diversamente dalle cessioni di beni, nelle prestazioni di servizi valgono invece le stesse disposizioni previste nei rapporti con soggetti extracomunitari, che prevedono l’obbligo in capo all’operatore economico nazionale che riceve una prestazione da un soggetto extraue di provvedere all’assolvimento dell’imposta mediante autofattura.

Per quanto riguarda le prestazioni di servizi, è necessario operare una distinzione tra le cosiddette “prestazioni generiche” disciplinate ai fini della territorialità dall’art.7-ter e quelle richiamate nei successivi articoli 7-quater e 7-quinquies (si tratta delle deroghe definite “assolute” in quanto riferibili tanto ai rapporti business to business quanto ai rapporti business to consumer). Tale distinzione si rende necessaria perché l’art.6 del D.P.R. n. 633/1972 individua due diversi criteri di esigibilità dell’imposta.

Per le prestazioni di servizi generiche l’art. 6 comma 6 del D.P.R. n. 633/1972, dispone infatti che si considerino effettuate al momento della loro ultimazione ovvero se di carattere continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. Ad ogni modo se anteriormente è pagato in tutto o in parte il corrispettivo, la prestazione di servizi si considera effettuata limitatamente all’importo pagato alla data del pagamento. Quanto alle restanti prestazioni “in deroga” non vale la data di ultimazione, ma soltanto la data in cui sono effettuati i pagamenti, nel qual caso le prestazioni si considerano effettuate per il corrispettivo pagato.

Sulla base di queste distinzioni, per le prestazioni di servizi cosiddette generiche di cui all’art. 7-ter, D.P.R. n. 633/1972, l’attuale formulazione dell’art. 21 del decreto Iva prevede che il committente si autofatturi entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione, vale a dire la data di ultimazione della prestazione o del suo pagamento (per la quota parte versata). Quanto all’annotazione sul registro delle fatture emesse l’art. 23 comma 1 del D.P.R. n. 633/1972 prevede che per le prestazioni di servizi generiche di cui all’art.7-ter, questa debba essere effettuata entro il termine di emissione, ma con riferimento al mese di effettuazione.

Per le restanti prestazioni, non sono previsti differimenti, sicché l’autofattura deve essere emessa entro il giorno in cui è effettuato il pagamento a nulla rilevando la data di ultimazione. Ai sensi dell’art 23, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, l’annotazione nel registro delle fatture emesse deve essere effettuata nei successivi quindici giorni, ma con riferimento alla data di emissione.

Per entrambe le categorie di prestazioni, l’annotazione nel registro degli acquisti, così come previsto dall’art. 25 comma 1 del D.P.R. n. 633/1972 deve essere effettuato antecedentemente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta che va esercitato, ai sensi dell’art 19 comma 1 del D.P.R. n. 633/1972, entro la dichiarazione relativa al secondo anno successivo alla data di effettuazione dell’operazione.