18 Marzo 2015

Quale futuro per gli studi di settore?

di Giovanni Valcarenghi
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Si avvicina il periodo dell’anno in cui si comincia ad approcciare il tema delle dichiarazioni dei redditi e, di conseguenza, anche il pensiero degli studi di settore fa capolino negli studi.

Quali saranno le novità per il periodo 2014? Ad oggi risulta prematuro ipotizzare scenari credibili, poiché l’esperienza insegna come sia doveroso attendere il varo del software Gerico e, prima ancora, cercare di comprendere quale sarà l’atteggiamento del Legislatore in merito ai famigerati correttivi anticrisi che, da qualche anno a questa parte, rappresentano il cuore pulsante della procedura.

Una cosa nuova, però, c’è. E, per chi ha la memoria da elefante, si tratta di un accadimento che evoca i periodi della “lotta dura” contro gli studi di settore, tipica degli anni in cui il Ministero delle Finanze era governato dal Prof. Vincenzo Visco. Si arrivò alle prime proroghe epocali sui termini di versamento e si riconobbe l’esistenza della posizione di contribuente marginale; il tutto per dire che, come la logica insegna, è impossibile racchiudere l’intero tessuto economico in un algoritmo matematico, pretendendo che due funzioni possano determinare il reddito da tassare. Poi arrivò la Cassazione, nel 2009, a santificare questo principio.

Probabilmente, con le dovute proporzioni, siamo arrivati al secondo snodo cruciale degli studi di settore; infatti, dopo avere ammesso che non tutti i contribuenti sono ben rappresentati dal risultato di Gerico, si può tranquillamente interrogarsi sulla reale significatività del risultato matematico, in un periodo, come quello attuale, profondamente caratterizzato dalla crisi. Insomma (ma il parere è del tutto personale e già più volte manifestato), in periodi di crisi lo studio deve essere disapplicato e non “addolcito” con dei correttivi che nulla hanno di scientifico. Peraltro, potremmo anche affermare che gli studi hanno oramai dato ciò che potevano, determinando una generale propensione alla emersione di parte del sommerso; tuttavia, oggi l’appeal dello strumento è pressoché nulla.

Piace allora ricordare che, lo scorso 3 marzo 2015, la Camera ha approvato diverse mozioni che impegnano il Governo ad effettuare i seguenti interventi:

  • a continuare nel percorso di rafforzamento della collaborazione tra fisco e contribuente, di semplificazione delle procedure e riduzione degli adempimenti, al fine di conseguire il massimo adempimento spontaneo, a tal fine dotando l’Amministrazione finanziaria di strumenti conoscitivi adeguati a favorire l’emersione dell’effettiva capacità fiscale di ciascun contribuente già nel momento dell’adempimento tributario, come avviene nei sistemi tributari europei più evoluti;
  • a valutare l’opportunità di procedere ad una revisione degli studi di settore per semplificarli, prevedendo la riduzione del loro numero, e per renderli più efficaci, attraverso una continua verifica ed eventuale modifica delle modalità di calcolo, che persegua la massimizzazione dell’attendibilità delle stime e, al contempo, garantisca la fedeltà dei dati dichiarati dai contribuenti;
  • a prevedere, dal prossimo periodo di imposta, la riforma degli studi di settore, sostituendoli, o in ogni caso affiancandoli, con sistemi di controllo che incentivino una compliance preventiva tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria, anche attraverso la predisposizione di strumenti informatici gratuiti che consentano agli esercenti di confrontare in tempo reale l’andamento economico e finanziario delle proprie attività rispetto ai modelli statistici standard, comprendendone le cause di eventuali scostamenti e porvi rimedio, ove necessario senza attendere i termini previsti per i dichiarativi fiscali;
  • a prevedere specifiche procedure di verifica dell’attendibilità dello studio di settore per i contribuenti che presentino un risultato di congruità e coerenza, basate sulla valutazione delle concrete caratteristiche di esercizio dell’attività d’impresa o professionale, garantendo la partecipazione attiva del contribuente alla procedura di controllo.

Vi sono poi altre indicazioni che, in questa sede, per pura comodità si omettono.

Ora, preso atto di tutto ciò, ad un lettore “normale” potrebbe sorgere il dubbio che vi siano legittimi sospetti di inaffidabilità dello strumento, con la conseguenza che, per automatismo, conseguentemente sospetta potrebbe risultare la eventuale pretesa della Amministrazione finanziaria ove fondata su uno strumento inaffidabile.

Ecco allora il punto cruciale della vicenda: lo studio di settore resterà come strumento di indirizzo delle indagini e degli approfondimenti dell’Agenzia solo perché finalmente si è preso coscienza della approssimazione dello strumento e, cosa ben più importante, si sta finalmente rinforzando il concetto in forza del quale non è sufficiente riscontrare l’esistenza dell’evasione fiscale per legittimare delle pretese sparse a macchia di leopardo, magari a carico di soggetti che nulla hanno a che vedere con tale fenomeno.

Compileremo, allora, gli studi di settore anche per il periodo 2014?

Certamente sì, come altrettanto certo appare che i risultati dei medesimi studi saranno ancora utilizzati per qualche tempo come strumento di fatto accertativo, con buona pace di tutti i dubbi sopra evidenziati.

Ma c’è una cosa importante da riscontrare: qualche cosa si sta muovendo. Non resta che sperare che la direzione del movimento sia quella giusta.