9 Giugno 2023

La notifica a mezzo PEC e la consegna a mani proprie

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Nell’ambito del contenzioso tributario, specifico interesse deve attribuirsi alla legittimità della comunicazione e/o notificazione di fissazione udienza all’indirizzo di posta certificata del contribuente che abbia eletto domicilio presso il proprio difensore.

Innanzitutto, occorre osservare che, nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza è disciplinata dall’articolo 31 D.Lgs. 546/1992, il quale prevede che “la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima”, principio applicabile anche ai giudizi di appello in relazione all’articolo 61 del Decreto citato, per adempiere ad una essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Infatti, l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata.

A tale proposito costante giurisprudenza ha precisato che, nel processo tributario, la comunicazione dell’avviso di trattazione direttamente alla parte, anziché al procuratore costituito, non dà luogo alla nullità assoluta dell’udienza e degli atti successivi, non versandosi nell’ipotesi di omessa comunicazione dell’avviso. Infatti, come nel rito ordinario, la notificazione dell’appello alla parte personalmente integra una nullità relativa sanabile, con effetto ex tunc, dalla costituzione della parte in giudizio (Cass. Civ. n. 27094/2006). Ne consegue che la costituzione in giudizio da parte del difensore dell’appellato sana la nullità per il raggiungimento dello scopo, ex articolo 156, comma 3, c.p.c.

Tale principio è stato ripreso dalle SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13654/2011, la quale, in tema di contraddittorio nel processo tributario, ha stabilito che la comunicazione dell’avviso di trattazione della causa, ex articolo 17, comma 1, D.Lgs. 546/1992, deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest’ultimo o, comunque, mediante consegna in mani proprie. In altre parole, la notifica o la comunicazione, per essere ritenuta valida, deve raggiungere direttamente la parte.

Nel corso del tempo, la giurisprudenza ha cercato di fare maggiore chiarezza sulla possibilità di equiparare la comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della parte alla consegna a mani proprie, modalità prevista dal citato articolo 17, in qualsiasi evenienza.

A tale proposito, con la sentenza n. 27050/2017, la Cassazione ha osservato che la notificazione c.d. “a mani proprie” non è estensibile alle società, per le quali la ricezione degli atti non può avvenire che per mezzo di altre persone e, pertanto le comunicazioni dovranno essere eseguite necessariamente presso il domicilio eletto e non presso la sede legale della società.

Stesso discorso anche per le persone giuridiche diverse dalla società, tra cui quelle di diritto pubblico, in quanto anche in questo caso la ricezione degli atti avviene tramite altre persone.

I Giudici di legittimità hanno ulteriormente precisato che, a fronte di comunicazione tramite PEC alla parte, si debba escludere nel caso de quo la validità della consegna “a mani proprie”, identificata non solo con quella prevista ex articolo 138 c.p.c., ma anche con tutte le altre notificazioni ex articolo 140 c.p.c. o a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani del destinatario (Cass. Civ. n. 34450/2022).

Ne consegue che la notificazione o la comunicazione in mani proprie esige un coinvolgimento del destinatario nella ricezione dell’atto e la conseguente consapevolezza da parte sua di tale ricezione. La comunicazione a mezzo PEC prescinde invece da un effettivo coinvolgimento del destinatario nella ricezione dell’atto, essendo sufficiente la ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, in applicazione dell’articolo 149 bis c.p.c., in base alla quale la notifica a mezzo PEC si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella PEC del destinatario.

Alla luce di tali precisazioni, la notificazione/comunicazione all’indirizzo PEC della parte non può essere equiparata alla consegna a mani proprie del destinatario proprio in considerazione della maggiore garanzia di coinvolgimento personale e di conoscenza effettiva della ricezione dell’atto che il legislatore vuole assicurare con la consegna a mani proprie.

Sulla base di tali presupposti è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9165/2023 dello scorso 3 aprile, affermando il seguente principio di diritto: “nel processo tributario qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo pec valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex d. lgs. n. 546 del 1992, articolo 16 bis, ultimo comma, ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell’articolo 31 del D. Lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo pec non integra la consegna a mani proprie che il D. Lgs. n. 546 del 1992, articolo 17 fa sempre salva”.