29 Aprile 2017

La normativa nazionale sulla gestione dei rifiuti

di Luigi Ferrajoli
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Nel nostro ordinamento la gestione dei rifiuti è oggetto della parte quarta del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’Ambiente, che, in attuazione della Direttiva 2008/98/CE, prevede misure volte a “proteggere l’ambiente e la salute umana”, con la finalità di prevenire e ridurre gli “impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti” e quelli concernenti l’utilizzo delle risorse.

Partendo innanzitutto dalla definizione, possiamo dire che, ai sensi dell’articolo 183, è rifiutoqualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”, così individuando nel termine “disfarsi” la conditio sine qua non per classificare un oggetto o un bene come rifiuto (in tal senso, sentenza 18/04/2002, causa C-9/00, Corte di Giustizia).

I rifiuti sono classificati, sulla base dell’origine, in rifiuti urbani e speciali nonché, sulla base della caratteristica di pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

A titolo esemplificativo, nei rifiuti urbani sono rinvenibili quelli domestici, quelli provenienti dallo “spazzamento delle strade o quelli vegetali provenienti da aree verdi, mentre tra quelli speciali la normativa elenca i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, lavorazioni industriali, recupero e smaltimento. In riferimento alla seconda citata distinzione, tra i rifiuti pericolosi vi sono quelli esplosivi, infiammabili, nocivi, cancerogeni, etc. indicati all’allegato I della parte quarta del D.Lgs. 152/2006.

La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse per cui essi devono essere organizzati senza mettere in pericolo la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente. Sul punto, l’articolo 177, comma 4, prevede che tale gestione deve avvenire:

  • senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora”;
  • senza causare inconvenienti da rumori o odori”;
  • senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente”.

L’articolo 178 elenca, a tal proposito, i principi sulla base dei quali si deve effettuare la gestione dei rifiuti che deve appunto avvenire conformemente ai criteri di precauzione, prevenzione, sostenibilità, proporzionalità, responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio che “chi inquina paga”.

La disposizione anzidetta prevede in ogni caso una gerarchia, ossia un ordine di priorità nelle opzioni ambientali, messe a disposizioni da Stato, regioni, province ed enti locali, che è la seguente:

  • prevenzione;
  • preparazione per il riutilizzo;
  • riciclaggio;
  • recupero di altro tipo (ad esempio, il recupero di energia);

Ciò vuol dire che, nel rispetto dell’anzidetto ordine, devono essere adottate tutte le misure volte a incoraggiare le scelte che garantiscono, in ottemperanza agli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo altresì conto degli impatti sanitari, sociali ed economici.

Con riferimento al delicato settore del riciclaggio, l’articolo 181 prevede che, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni devono provvedere a realizzare la raccolta differenziata.

Invero, entro il 2015, le autorità competenti avrebbero dovuto realizzare la raccolta differenziata, almeno, per carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, legno.

La normativa impone inoltre agli enti competenti di adottare tutte le misure necessarie per conseguire, entro il 2020, l’aumento del 50% della preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici e del 70% della preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi.

Per quanto concerne, infine, lo smaltimento dei rifiuti, esso deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei medesimi, previa verifica, da parte della competente autorità, dell’impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero.

Per tale ragione, i rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile “ridotti” sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero.

In ogni caso, la normativa vieta di smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.

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