27 Dicembre 2022

Il rapporto fra il raddoppio dei termini e l’obbligo di denuncia

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Con l’ordinanza n. 24576/2022 e la sentenza n. 27250/2022 la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito i principi già affermati in materia di raddoppio dei termini di accertamento in presenza della contestazione di violazioni che impongono l’obbligo di denuncia per uno dei reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, chiarendo che l’effettiva presentazione della denuncia penale non è un requisito necessario all’operare del raddoppio dei termini di accertamento, essendo sufficiente che sussista l’obbligo, ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., di presentazione della denuncia.

Al riguardo la giurisprudenza della Suprema Corte ha formulato i seguenti principi:

  • il raddoppio dei termini previsti dall’articolo 43 D.P.R. 600/1973 per le imposte dirette e dall’articolo 57 D.P.R. 633/1972 per l’Iva, in forza delle modifiche introdotte con l’articolo 37, comma 24, D.L. 223/2006, presuppone unicamente l’obbligo di presentazione di denuncia penale, ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247/2011, con la conseguenza che ove il contribuente denuncia il superamento dei termini di accertamento da parte del Fisco, è tenuto a contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia senza poter mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario;
  • la norma non introduce un’ipotesi di raddoppio dei termini in senso proprio, bensì di un nuovo termine di decadenza, che trova applicazione in caso di sussistenza di seri indizi di reità. Tale circostanza è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’Ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice;
  • il raddoppio del termine di accertamento non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dall’intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando né l’esercizio dell’azione penale da parte del P.M., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario.

In relazione alla materia del raddoppio dei termini di accertamento va precisato che lo ius superveniens, consistente nelle modifiche introdotte, dapprima, dall’articolo 2, commi 1 e 2, D.Lgs. 128/2015, che ha limitato il raddoppio dei termini di accertamento per violazioni penali solo ai casi in cui la denuncia è effettivamente presentata e trasmessa all’Autorità Giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento, e, in seguito, dall’articolo 1, commi da 130 a 132, L. 208/2015, che ha, tra le altre disposizioni, eliminato la fattispecie del raddoppio dei termini ordinari per gli atti di accertamento relativi ai periodi d’imposta dal 2016 in avanti, è stato interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in termini restrittivi quanto al relativo ambito di applicazione.

Infatti, la Suprema Corte ha chiarito che la modifica contenuta nell’articolo 2, commi 1 e 2, D.Lgs. 128/2015, in virtù dell’apposita norma di salvaguardia prevista dall’articolo 2 D.Lgs. 128/2015, non si applica alle violazioni punibili constatate in processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015 dalla notifica di atti impositivi entro il 31 dicembre 2015.

In relazione alla seconda modifica, contenuta nell’articolo 1, commi da 130 a 132, L. 208/2015, il regime transitorio previsto dalla medesima Legge, per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 – secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, quali stabiliti dal secondo periodo del comma 132, opera, nel caso delle indicate violazioni penali tributarie, solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’Amministrazione finanziaria entro il termine stabilito nel primo periodo del medesimo comma 132 (cioè entro il termine ordinario di accertamento) –, riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015, in quanto, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, D.Lgs. 128/2015, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle Entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto (Corte di Cassazione, sentenza n. 26037/2016 e sentenza n. 16728/2016).