27 Dicembre 2022

Affrancamento fiscale delle polizze assicurative non sempre possibile e conveniente

di Fabrizio RicciGianluca Cristofori
Scarica in PDF

L’articolo 27, comma 2, del Disegno di Legge di Bilancio per l’anno 2023, nella sua formulazione approdata in Parlamento per intraprendere l’iter di approvazione, prevede la possibilità di “affrancare” fiscalmente i redditi impliciti nelle polizze assicurative di cui ai rami primo e quinto secondo la classificazione di cui all’articolo 2, comma 1, del Codice delle Assicurazioni Private, ovverosia, rispettivamente, le assicurazioni sulla durata della vita umana e i contratti di capitalizzazione.

Più in dettaglio, la proposta normativa prevede che, “Per i contratti di assicurazione sulla vita di cui al ramo I e al ramo V […], i redditi di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del testo unico delle imposte sui redditi […], costituiti dalla differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati, si considerano corrisposti, a condizione che, su richiesta del contraente, tale differenza sia assoggettata dall’impresa di assicurazione ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento. […]”.

Posto che il valore della riserva matematica, in linea generale, identifica il debito maturato dall’assicurazione verso il contraente, la base imponibile sulla quale applicare l’imposta sostitutiva è la stessa sulla quale, complessivamente, il contraente avrebbe applicato il regime impositivo ordinario in sede di riscatto.

L’articolo 45, comma 4, Tuir prevede, infatti, che “I capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati […]”.

Il riferimento alla riserva matematica, inoltre, lascia presupporre l’impossibilità, per il contraente, di optare per un affrancamento “parziale”, che tenga conto della composizione degli investimenti “sottostanti”.

Se, infatti, in linea generale, i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione scontano un’imposizione in misura pari al 26%, tale regime vede diverse deroghe, che tengono conto, da una parte, del profilo temporale e, dall’altro, proprio della composizione degli investimenti “sottostanti”.

Sotto il primo profilo, all’atto dell’innalzamento dell’aliquota applicabile (dal 12,50% al 20% e, successivamente, al 26%) venne introdotto un regime transitorio, che prevede l’applicazione dell’aliquota percentuale (12,50% o 20%) in vigore nell’anno di maturazione dei rendimenti.

Con riguardo, invece, alla composizione degli investimenti, è prevista un’imposizione ridotta al 12,50%, in ragione della quota dei proventi riferibili a obbligazioni e altri titoli del debito pubblico.

Più in particolare, come precisato nella circolare 19/E/2014, di commento alla modifica dell’aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria (portata da 20% al 26%, attualmente vigente), “[…] per effetto del regime transitorio contenuto nel comma 11 dell’articolo 3 del decreto, sui redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione […], derivanti da contratti sottoscritti entro il 30 giugno 2014, l’aliquota nella misura del 26 per cento si applica solo sulla parte dei suddetti redditi maturati a decorrere dal 1° luglio 2014. Conseguentemente, per i contratti stipulati entro il 30 giugno 2014, si applica:

  • l’aliquota del 12,50 per cento per la parte dei redditi maturati fino al 31 dicembre 2011;
  • l’aliquota del 20 per cento per la parte dei redditi maturati dal 1° gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014;
  • l’aliquota del 26 per cento sui redditi maturati a partire dal 1° luglio 2014.

Inoltre, i redditi maturati successivamente al 31 dicembre 2011, sui quali si applica l’aliquota del 20 o del 26 per cento sono ridotti laddove tra gli attivi a copertura delle riserve matematiche siano compresi titoli pubblici ed equiparati. […] Per individuare la quota dei proventi riferibile ai titoli pubblici italiani ed esteri, il decreto determinazione quota titoli pubblici ha adottato un criterio forfetario di tipo patrimoniale che per ciascun contratto attribuisce rilevanza alla percentuale annuale media dell’attivo investito direttamente, o indirettamente per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di cui al comma 1 dell’articolo 26-quinquies de1 D.P.R. n. 600 del 1973 e ai commi 1 e 2 dell’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, nei suddetti titoli rispetto al totale dell’attivo. Ciascuna percentuale dei titoli pubblici rispetto al totale dell’attivo, da utilizzare per la media, è rilevata con cadenza annuale nel corso della durata del contratto (a decorrere dal 2012) sulla base dei rendiconti/prospetti di periodo approvati riferibili alla gestione assicurativa nella quale è inserito il contratto. Se nel corso della durata del contratto non è stato approvato alcun rendiconto/prospetto, si assume l’ultimo rendiconto/prospetto approvato. La media delle percentuali, come sopra computate, va applicata al reddito assoggettabile a tassazione, determinato ai sensi dell’articolo 45, comma 4, del Tuir, in misura pari alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati. La percentuale di provento da escludere dalla base imponibile è pari al:

  • 37,50 per cento relativamente ai proventi maturati dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014. Tale meccanismo applicativo conduce, pertanto, alla tassazione del 62,50 per cento della predetta quota di reddito con l’aliquota del 20 per cento;
  • 51,92 per cento relativamente ai proventi maturati dal 1° luglio 2014. Tale meccanismo applicativo conduce alla tassazione del 48,08 per cento della predetta quota di reddito con l’aliquota del 26 per cento”.

Il quadro delineato imporrà quindi al contrente, ove la disposizione dovesse essere mantenuta – nella medesima formulazione – anche in esito all’iter parlamentare del Disegno di Legge, attente valutazioni di convenienza, che tengano in debita considerazione l’eventuale “stagionatura” dei redditi maturati e la composizione degli investimenti sottostanti la polizza assicurativa.

Tale circostanza è evidenziata anche nei “calcoli” effettuati per valutare l’impatto sul gettito della disposizone, contenuti nella relazione tecnica al Disegno di Legge, ove viene affermato che “Tale gettito sostituisce quello che sarebbe stato versato – a legislazione vigente – al momento della scadenza delle polizze vita prese in esame e che è stimato in circa 583 milioni di euro, applicando alla base imponibile sopra individuata un’aliquota del 19,2% che tiene conto della diversa imposizione su titoli di Stato e titoli privati”. La citata percentuale parrebbe essere ricavata, banalmente, dalla media (non ponderata) tra il 26% (aliquota a regime) e il 12,5% previsto per i redditi ascrivibili ai Titoli di Stato.

Da ultimo, si segnala che sono previste due importanti limitazioni in termini di ambito oggettivo di applicazione della disposizione, ovverosia, l’impossibilità:

  • di affrancare le polizze che scadono entro il 31 dicembre 2024;
  • di riscattare, anteriormente al 1° gennaio 2025, le polizze “affrancate”.