20 Aprile 2016

Dubbia l’individuazione delle CFC black list per il 2015

di Andrea MartelliPietro Vitale
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Per il periodo di imposta in corso al 31/12/2015, l’articolo 167 del TUIR, nella versione modificata dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 147/2015, continua a riproporre la canonica distinzione fra Controlled Foreign Companies (CFC) cd. “Black-list” e “White-list”, entrambe da tassare per trasparenza.

Fino al periodo di imposta in corso al 31/12/2014 l’individuazione delle CFC Black list avveniva attraverso il rinvio al D.M. 21/11/2001 effettuato dall’articolo 167, comma 4, del TUIR, mentre per le CFC white list si faceva riferimento al comma 8-bis del medesimo articolo. Per il periodo di imposta in corso al 31/12/2015, invece, l’individuazione non è più così agevole.

Per quest’ultimo periodo d’imposta, infatti, per le CFC black list occorre fare riferimento ai commi 1 e 4 dell’articolo 167 TUIR ratione temporis vigente, da cui emerge che la CFC black list è quella controllata estera che è alternativamente residente o localizzata:

  1. in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto o al provvedimento emanati ai sensi del comma 4 (D.M. 21/11/2001 nella versione vigente al 31/12/2015, per cui senza, ad esempio, Singapore, Hong Kong, Malesia, Filippine e le società rientranti nell’art. 3 del D.M.) ed individuati (i) in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, (ii) della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero (iii) di altri criteri equivalenti;
  2. in Stati o territori non indicati nel D.M. 21/11/2001 ma il cui livello di tassazione (nominale o effettivo?) è inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia (solo IRES o IRES+IRAP?) come effetto di regimi fiscali speciali, ancorché previsti da Stati o territori che applicano un regime generale di imposizione non inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia. La norma prevede inoltre (per il solo periodo 2015) che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate venga fornito un elenco non tassativo dei regimi fiscali speciali (provvedimento ad oggi non emanato e si presume mai lo sarà, considerando che dall’1/1/2016 il comma 4 dell’articolo 167 è stato ulteriormente modificato, incentrandosi sul livello nominale di tassazione per i soli Paesi diversi da quelli UE e SEE con cui l’Italia abbia stipulato un accordo sullo scambio di informazioni).

Pertanto, per come risulta formulato il comma 4 (nella versione applicabile al periodo 2015), sembra che non sia sufficiente verificare la sola esclusione del Paese dal D.M. 21/11/2011, bensì occorra comunque verificare se il livello di tassazione estero sia inferiore alla metà di quello italiano (come effetto di regimi fiscali speciali). Non viene però specificato se il livello di tassazione italiano debba essere rappresentato dalla sola IRES (come si ritiene preferibile) od anche dall’IRAP ed ancora se debba farsi riferimento al tax rate nominale o effettivo di tali imposte ed in tale ultimo caso a quali principi contabili fare riferimento.

Come noto, invece, per la CFC white list, la circolare n. 51/E/2010 ha espressamente affermato che il livello di tassazione italiano da porre a confronto con quello estero è rappresentato solo dall’IRES.

Infatti (sempre per il solo 2015), le CFC white list sono individuate dal comma 8-bis dell’articolo 167 TUIR come quelle controllate estere localizzate in Stati o territori diversi da quelle indicata al comma 1 (ossia quelli di cui alle precedenti lett. a e lett. b) per le quali sono soddisfatte congiuntamente le seguenti due condizioni:

  1. tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbe stata assoggetta la società estera ove residente in Italia (come sopra già detto, facendosi riferimento alla sola IRES e non anche all’IRAP);
  2. proventi derivanti per più del 50% da cd. “passive incomeo prestazioni di servizi infragruppo. Con provvedimento del proprio Direttore, l’Agenzia delle entrate (sulla base di quanto introdotto dal D.Lgs. n. 147/2015) avrebbe dovuto indicare i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione di cui alla precedente lettera sub i), tra cui quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile. Ciononostante il provvedimento ad oggi non risulta ancora emanato.

A differenza delle CFC black list, per quelle white list, la circolare n. 51/E/2010 ha dato importanti linee guida che semplificano il calcolo del tax rate effettivo (e non nominale), come ad esempio:

  • sul fronte della società estera rilevano:
    • “il carico effettivo di imposizione gravante sulla società estera”, come già affermava la relazione illustrativa al D.L. n. 78/2009;
    • le sole imposte assimilabili a quelle sui redditi in base ad una Convenzione (ove presente);
  • sul fronte interno invece:
    • il bilancio da prendere in considerazione per il confronto dell’effective tax rate estero con quello italiano virtuale è quello redatto dalla controllata secondo i principi contabili di detto Stato estero;
    • partendo da tale bilancio (estero) occorre calcolare la sola IRES applicando la normativa domestica prevista per il “reddito di impresa” (riferimento quest’ultimo aggiornato dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs n. 147/2015), escludendosi le variazioni fiscali temporanee (come già chiarito dalla C.M. n. 51/E/2010);
    • si esclude esplicitamente l’IRAP.

È quindi evidente come per il 2015 il calcolo del tax rate per le CFC black list di cui alla suddetta lett. b) risulti senza chiarimenti e probabilmente mai ne avrà, tenuto conto che per gli esercizi che avranno inizio dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2015 (cioè dal 2016) il nuovo comma 4 dell’articolo 167, in modo molto laconico, prevede che “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”. Pertanto, il calcolo sarà molto semplificato anche se, ancora una volta, nulla viene detto se nel raffrontare il livello nominale estero occorra considerare anche l’IRAP o meno.

Si ritiene che per il 2015, nel calcolare il tax rate teorico italiano da raffrontare con il livello di tassazione estera occorra riferirsi alla sola IRES nominale (e non all’effettiva), sebbene nella relazione al D.M. 30/03/2015 si affermi di dover tenere in considerazione anche l’IRAP, e ciò per i seguenti motivi:

  • la disciplina CFC è inserita nell’ambito del TUIR, per cui a livello logico-sistematico si riterrebbe incoerente la considerazione dell’aliquota IRAP ai fini dell’applicazione di una normativa prettamente specifica delle imposte sui redditi. Del resto è principio più che assodato che il valore della produzione prodotto all’estero non è rilevante ai fini IRAP a tal punto che lo si esclude sia in caso di stabile organizzazione sia anche in caso di CFC tassata per trasparenza, per cui non si comprende per quale motivo la si debba considerare ai fini del calcolo del tasso comparativo;
  • in tema di CFC white list, come sopra evidenziato, è chiaro che non occorre tenere conto dell’IRAP. Diversamene ragionando si tratterebbero due tipologie di CFC (la white e la black) in modo diverso; sul punto si dà evidenza come anche l’Action 3 dei BEPS chiaramente afferma al punto 21 che le raccomandazioni in esse contenute are the same for EU Member States and non–EU Member States”, alludendo con ciò che le CFC esistenti all’interno della UE (seppur queste ultime devono rispettare la EU law) devono essere trattate allo stesso modo di quelle localizzate fuori dalla UE. Questo porta a far sì che il trattamento da riservare alle CFC debba essere identico per tutte le tipologie;
  • sembra infine logico affermare che poiché per il 2016 si raffrontano solo i valori nominali dei tax rate italiani ed esteri, tale modalità debba essere, in assenza di linee guida, seguita anche per il 2015, visto che la ratio legis si muove in tal senso. Peraltro, in ipotesi di accertamento dovrebbe potersi applicare il principio del favor rei con la disapplicazione delle sanzioni (legata, ovviamente, anche dalle obiettive condizioni di incertezza della legge).

È evidente che la legislazione CFC dovrà essere ulteriormente affinata al fine di allinearla con le raccomandazioni contenute nell’Action 3 dei BEPS. 

Nell’attesa di tali modifiche si auspicano chiarimenti per l’anno 2015.