10 Maggio 2016

Costruzione e cessione di fabbricati “Tupini”: regole per le aliquote IVA

di Cristoforo Florio
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La normativa IVA prevede l’applicazione di aliquote agevolate in relazione ai fabbricati c.d. “Tupini”. Analizziamo nel prosieguo le caratteristiche di tali immobili e quando e a quali condizioni si può usufruire dell’agevolazione IVA.

I fabbricati “Tupini” sono identificati dall’articolo 13 della L. n. 408/1949, nonché dal combinato disposto dall’articolo 1 della L. n.1493/1962 e dall’articolo unico della L. n. 1212/1967.

L’articolo 13 li definisce come le “(…) case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso (…)”. L’articolo 1 della legge n. 1493/1962 stabilisce che “(…) le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione non di lusso dalle leggi 2 luglio 1949, n. 408, (…) sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici e negozi, quando, a questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra (…)”. Successivamente, la richiamata legge n. 1212/1967, con un unico articolo, ha fornito l’interpretazione autentica del predetto articolo 1, disponendo che, ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali in esame, è necessario e sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni: a) almeno il 50% più uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazioni; b) non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra sia destinato a negozi.

Alla luce di quanto precede, le regole da rispettare per rientrare nella nozione di fabbricato “Tupini” sono dunque: 1) l’insussistenza del carattere di lusso degli immobili abitativi e 2) il rispetto della regola di proporzionalità tra abitazioni e negozi.

Con riguardo al primo dei requisiti citati, va evidenziato che – a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 33 del D.Lgs. n. 175/2014 – si considerano di lusso gli immobili iscritti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, non assumendo più rilievo il riferimento agli elementi indicati nel precedente D.M. 2/08/69. Ciò è da ritenersi valido anche relativamente ai fabbricati “Tupini” (in tal senso la circolare n. 31 del 30 dicembre 2014).

Va inoltre specificato che si considerano “negozi” ai fini che qui interessano tutti i locali destinati allo svolgimento di un’attività imprenditoriale consistente nell’offerta di beni e servizi al pubblico dei consumatori; sono invece esclusi dalla categoria de quibus i locali destinati all’esercizio di attività professionali (c.d. “uffici”), mentre sono da ritenersi inclusi i laboratori, le botteghe e le officine di tipo artigianale (in tal senso la risoluzione n. 354135 dell’8 febbraio 1983).

Giova inoltre evidenziare che, sebbene la nozione di edificio “Tupini” faccia riferimento alla destinazione di una parte del fabbricato a “negozi”, non è necessario – ai fini dell’ottenimento di tale qualifica – che una parte dell’edificio abbia effettivamente tale destinazione; la norma, infatti, individua un limite massimo di superficie destinabile a “negozi” (25% della superficie totale) ma non un limite minimo. Conseguentemente, ben può essere qualificato come “Tupini” un edificio che non sia composto da alcun negozio, ma la cui superficie sia integralmente destinata ad abitazioni non di lusso.  

Passando all’esame delle aliquote IVA applicabili, i riferimenti ai fabbricati “Tupini” sono contenuti nei punti 24 e 39 della Tabella A – Parte II allegata al D.P.R. n. 633/1972 (beni e servizi soggetti all’aliquota IVA al 4%), e nei punti 127-quinquies), 127-undecies) e 127-quaterdecies) della Tabella A – Parte III allegata al D.P.R. n. 633/1972 (beni e servizi soggetti all’aliquota IVA al 10%).

Con riferimento alle ipotesi di aliquota IVA al 4%, il sopra citato punto 24 prevede l’applicazione dell’agevolazione alle cessioni dei beni forniti per la costruzione, anche in economia, dei fabbricati “Tupini”; restano invece escluse da tale agevolazione le cessioni di materie prime e semilavorate. In base a quanto chiarito dalla circolare n. 54 del 16 maggio 2002, per l’applicazione dell’aliquota del 4% non è richiesto che i beni siano destinati alla realizzazione di “prima casa”, essendo sufficiente il requisito oggettivo della destinazione alla costruzione di un edificio provvisto delle caratteristiche “Tupini”.

Il successivo punto 39 dispone l’applicazione dell’IVA al 4% relativamente ai servizi d’appalto per la costruzione dei fabbricati “Tupini”, alla condizione che siano effettuati (1) nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita oppure (2) nei confronti di persone fisiche per le quali ricorrono le condizioni “prima casa”.

Ne consegue che in caso di appalto commissionato da un’impresa commerciale che eserciti un’attività diversa da quella di costruzione e rivendita di immobili risulterà applicabile l’aliquota IVA del 10% di cui al n. 127-quaterdecies della Tabella A – Parte III; lo stesso dicasi nel caso di appalto di costruzione commissionato da soggetto persona fisica non in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione “prima casa”.

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di aliquota IVA al 10%, va osservato quanto segue.

In base a quanto previsto dal punto 127-quinquies), sono soggette ad aliquota IVA del 10%, le cessioni (nonché le prestazioni di servizi di appalto per la loro costruzione) relative agli edifici di cui all’articolo 1 della L n. 659/1961, assimilati ai fabbricati “Tupini”; trattasi di edifici scolastici, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili infantili, orfanotrofi e simili (quali carceri, case di riposo, pensionati, sanatori, conventi, ecc.). Rientrano inoltre nel novero anche i fabbricati aventi la specifica destinazione di conseguimento di finalità di interesse collettivo; ciò pur se i medesimi non siano precipuamente destinati ad ospitare collettività, essendo utilizzati per il perseguimento delle finalità di istruzione, cura, assistenza e beneficenza (in tal senso circolare n. 1 del 2 marzo 1994). Peraltro, tale trattamento agevolato IVA va esteso anche alle operazioni relative agli edifici di culto cattolico (chiese, santuari, oratori, ecc.), considerato che il “fine di culto” viene equiparato, ai sensi dell’articolo 29 dei Patti Lateranensi, ai fini di beneficienza e di istruzione.  

Ai sensi del successivo punto 127-undecies), l’aliquota IVA del 10% trova applicazione relativamente alle cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato “Tupini”, diversi dalle case di abitazione non di lusso, ancorché non ultimati, alla duplice condizione che: (1) permanga l’originaria destinazione e (2) che siano ceduti direttamente dall’impresa costruttrice. La peculiarità che quindi emerge da tale disposizione è la possibilità di usufruire dell’agevolazione IVA al 10% anche per le cessioni di immobili strumentali (ad esempio, negozi), i quali – per il semplice fatto di far parte di un edificio “Tupini” – soggiacciono alla medesima aliquota IVA prevista per la cessione di immobili abitativi non di lusso.

Da ultimo, il punto 127-quaterdecies) prevede l’aliquota IVA del 10% anche per i servizi di appalto relativi “(…) alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies) (…)”. Tale norma non fa riferimento esplicito ai fabbricati di cui alla Legge n. 408/1949. Tuttavia, al fine di evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra i fabbricati “Tupini” composti da sole abitazioni e quelli formati anche da uffici e negozi, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, con la già citata circolare n. 1 del marzo 1994, che anche la realizzazione di fabbricati di edilizia abitativa comprendenti uffici e negozi, nel rispetto delle percentuali previste dalla citata legge, rientra nella previsione di cui al suddetto n. 127-quaterdecies).

Infine, si evidenzia la particolare ipotesi di complesso immobiliare costituito da più edifici; in tal caso, la verifica della sussistenza dei requisiti “Tupini” dovrà effettuarsi distintamente per ciascun fabbricato, a nulla rilevando la circostanza che i vari corpi di fabbricati insistano su un’unica grande platea e che la loro suddivisione non si prolunghi nel sottosuolo (in tal senso risoluzione n. 550647 del 21 febbraio 1990).