22 Luglio 2016

Il business plan – prima parte

di Luca Dal Prato
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Il business plan è un documento che contrapporre informazioni storiche, proprie dei bilanci, a informazioni prospettiche, tipiche delle previsioni aziendali. Queste due tipologie di dati devono essere strettamente correlate, in quanto i dati prospettici sono rilevanti ma basati su stime e ipotesi tanto più soggettive quanto più si allungano le previsioni negli anni. Il business plan svolge quindi il ruolo di trait d’union di queste informazioni attraverso tre funzioni. La prima è di gestione aziendale, in quanto la pianificazione degli obiettivi obbliga il vertice aziendale a comunicare con la struttura al fine di pianificare gli obiettivi. La seconda è di verifica delle performance aziendali raggiunte, da intendersi come insieme degli obiettivi che si è posta l’azienda, ad esempio di aumento dei ricavi o della quota di mercato, di sfoltimento della struttura aziendale, di diminuzione di costi logistici, energetici o del personale, oppure il raggiungimento di un determinato risultato operativo, margine operativo lordo o margine di contribuzione (dati che, tra l’altro, possono incidere sui premi erogabili al management). L’ultima funzione è invece quella di far valere la reputazione dell’azienda nel mercato esterno. Premesso ciò, un esempio di struttura del business plan potrebbe essere la seguente.

  1. Indice: composto da 1-2 pagine, è una sezione fondamentale per prendere immediatamente atto del livello di approfondimento e precisione del business plan.
  2. Sintesi/executive summary: lungo da 1 a 3 pagine, contiene la sintesi del documento. È fondamentale in quanto chi valuta il piano potrebbe non sfogliare il resto del documento se ritiene questa parte soddisfacente. È consigliabile inserire in questa parte un Non-Disclosure Agreement, un accordo di riservatezza e non sfruttamento economico di quanto contenuto nel business plan.
  3. Profilo societario e finanziario: questo capitolo, lungo circa una decina di pagine, descrive dettagliatamente l’azienda nel suo passato presente e futuro illustrando gli obiettivi di breve, medio e lungo termine.
  4. Mercato: lungo all’incirca 5 pagine, il capitolo deve contenere l’analisi di mercato, la descrizione del settore di riferimento e le dinamiche che lo regolano.
  5. Ambiente competitivo: lungo un paio di pagine, deve essere integrato con l’analisi strategica e l’analisi dei concorrenti, necessaria per trasmettere consapevolezza dell’esistenza di altri competitor. Non è infatti possibile presentare un business plan immaginando che non vi sia concorrenza.
  6. Piano di marketing strategico e operativo: lungo una decina di pagine, deve distinguere tra implicazioni di carattere strategico (come l’immagine aziendale) e dettagli operativi.
  7. Proiezioni economiche: questo capitolo, lungo tre o quattro pagine, contiene l’obiettivo del piano in termini numerici, rappresentati attraverso le proiezioni di stato patrimoniale, conto economico e rendiconti finanziari con la relativa analisi di bilancio.
  8. Allegati: Questo ultimo capitolo sarà di supporto a tutta l’analisi precedentemente svolta.

In questo primo articolo analizzeremo il contenuto del secondo e terzo capitolo ossia executive summary e profilo societario e finanziario. Nei prossimi articoli ci soffermeremo sui restanti capitoli, ossia mercato, ambiente competitivo, piano di marketing strategico e operativo, proiezioni economiche e allegati.

Sintesi (o executive summary)

L’executive summary è il primo paragrafo che si legge ma l’ultimo che si scrive. Non dovrebbe essere più lungo del 10% del documento e si compone di uno schema che può essere il seguente: obiettivi del documento, metodologie adottate, risultati, indicazioni e valutazioni. Il contenuto di questo capitolo dipenderà fortemente dal contenuto degli altri capitoli, essendo di fatto una sintesi di quanto il lettore si accinge a leggere più nel dettaglio. Sarà utile rappresentare anche graficamente il contenuto del capitolo.

Profilo societario e finanziario

Il secondo capitolo analizza i dati storici della società. Dal punto di vista storico è infatti interessante capire come un’azienda sia nata, ad esempio attraverso operazioni di finanza straordinaria, lancio di nuovi prodotti o creazione di una nuova azienda. Nel primo caso sarà utile comprendere la precedente esperienza dell’azienda, nel secondo caso sarà invece opportuno delineare il percorso aziendale, mentre, nell’ultimo caso, è utile riportare l’esperienza dei soci fondatori e del ruolo che ricoprono nella nuova società, in base alle singole esperienze tecniche (aspetto tipico delle startup).

Nell’illustrare il profilo societario è utile porsi due quesiti: “Quale sarà il futuro del mercato?” e “Cosa facciamo di buono?”. Questi due quesiti rispondo alla vision del mercato e alla mission dell’azienda: in altre parole, la mission spiega i bisogni presenti e futuri soddisfando lo scenario della vision.

Il profilo societario non può prescindere da un’analisi di bilancio. In questa sede è infatti indispensabile valutare i dati economico finanziari della società e le performance aziendali in termini di vendite e di costi, attraverso la riclassificazione di bilancio. Strumenti utili, in tal senso, sono il conto economico gestionale, percentualizzato, l’analisi dei trend e il CAGR.

Sarà poi necessario inserire un paragrafo dedicato ai prodotti e servizi che l’azienda ha offerto in passato e continua a offrire, senza tuttavia spiegarne il funzionamento o la tecnologia, poiché gli interlocutori potrebbero non avere una sufficiente conoscenza del settore.

Un altro aspetto indispensabile è l’analisi del bilanciamento del portafoglio clienti, utile a comprendere se l’azienda è molto o poco dipendente da alcuni clienti in particolare. Un metodo di analisi in questo campo è dato dal modello ABC (che non è l’acronimo di Activity Based Costing) ovvero l’analisi dell’incidenza dei clienti sul fatturato. L’obiettivo del modello è di portare l’analista a concludere se un’ampia porzione di fatturato è legata a un numero limitato di clienti. Ad esempio, una situazione ideale da tenere in considerazione in caso di alto numero di clienti potrebbe essere la seguente: il primo terzo dei clienti (A) produce una quota molto rilevante del fatturato totale (oltre il 65%-70%), il secondo terzo dei clienti (B) produce una quota modesta di fatturato (10%-20%) e il restante terzo dei clienti (C) produce la quota trascurabile del fatturato totale (5%-10%). Diversamente, se i clienti di fascia A generassero più del 90% del fatturato, le sorti dell’azienda sarebbero legate a pochi clienti: lo svantaggio è che il cliente può compromettere l’andamento aziendale ma il vantaggio è legato al fatto che con pochi impegni mirati è possibile migliorare il fatturato. Al contrario, in aziende in cui la fascia A genera meno del 40% del fatturato è più difficile attuare una politica di incentivi all’aumento del fatturo. Un semplice metodo di calcolo è anche quello di dividere il numero di clienti in 20%, 30% e 50% anziché nel 33,3%.

L’azienda dovrà poi affrontare l’analisi del business model mirato a rappresentare il modo in cui la stessa conduce il business. A tal proposito sarà necessario illustrare brevemente i processi interni ed esterni che arrivano al prodotto / servizio, anche attraverso il modello McKinsey e la matrice BCG.

Il modello McKinsey aiuta a classificare i prodotti / business unit in base all’attrattività del settore incrociata con la posizione competitiva del prodotto / business unit, indicando conseguentemente settori non attraenti o posizioni non competitive.

Attività del settore Alta CRESCERE
Media MANTENERE
Bassa DISMETTERE
Alta Media Bassa
Posizione competitiva del prodotto / BU

La matrice BCG rappresenta gli stessi concetti ma sostituisce la posizione competitiva con la quota di mercato relativa e la “attrattività del settore” diventa il tasso di crescita del settore / mercato. Sull’asse delle ordinate viene riportato un tasso annuo di crescita del mercato/settore relativo al prodotto/business unit. I valori vanno dallo 0% al 20%: un tasso di sviluppo del mercato superiore al 10% è solitamente considerato elevato. I quadranti distinguono Question Marks, Stars, Cash Cows e Dogs.

Crescita mercato Alta STARS

Mercato ad alto tasso di crescita in un cui l’azienda deve impegnare ingenti mezzi finanziari per far fronte allo sviluppo del mercato e arginare eventuali azioni della concorrenza.

QUESTION MARKS:

Attività / prodotti che si trovano in un mercato ad alto tasso di espansione, ma con una bassa quota di mercato relativa e presentano un elevato fabbisogno finanziario. L’azienda deve infatti adeguare la propria capacità produttiva e ridurre le distanze rispetto ai leader.

Bassa CASH COW

Mercato che precedentemente era una Star e ora si sviluppa a un tasso annuo inferiore al 10%. I prodotti in questo mercato generano liquidità e non richiedono particolari investimenti, poiché il mercato non è molto attrattivo per eventuali concorrenti. L’approccio BCG suggerisce di utilizzare i prodotti Cash Cow per far fronte ai fabbisogni immediati e sostenere le restanti attività, in particolare le Star e i Question Mark.

DOGS

Si tratta dei prodotti / attività che potrebbero essere dismessi in quanto hanno una bassa quota di mercato relativa in mercati a basso tasso di sviluppo.

Alta Bassa
Quota di mercato

Per rendere maggiormente efficace l’analisi BCG può essere utile rappresentare i prodotti / business unit anche attraverso un’ulteriore dimensione data dalla grandezza della bolla.

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