31 Maggio 2016

La riclassificazione dello stato patrimoniale

di Federica Furlani
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Lo stato patrimoniale, oltre ad evidenziare la composizione del patrimonio e la consistenza del capitale netto ad una certa data, consente di evidenziare la correlazione esistente tra investimenti effettuati e fonti di finanziamento, necessaria ai fini dell’analisi di liquidità e solidità patrimoniale.

In particolare, la riclassificazione dello stato patrimoniale permette di superare le logiche puramente civilistiche che presidiano la sua redazione, a favore di logiche prettamente “aziendalisitiche”, in modo da costruire aggregati di più elevato livello informativo, soprattutto in vista di un analisi di bilancio, e quindi della costruzione di indici e margini.

Si possono individuare due criteri di riclassificazione dello stato patrimoniale per acquisire migliori informazioni sulle dinamiche aziendali: il criterio finanziario e quello funzionale.

Con il criterio finanziario le attività (impieghi) sono classificate e raggruppate secondo il loro grado di liquidabilità, ovvero in funzione della loro capacità di trasformarsi in liquidità in tempi più o meno rapidi, mentre le passività (fonti) in base alla loro durata temporale, ovvero in base alla loro velocità di estinzione.

L’arco temporale preso a riferimento con termine congruo per circoscrivere il breve dal medio-lungo termine corrisponde a 12 mesi.

Gli impieghi sono pertanto suddivisi, in funzione alla loro effettiva possibilità di trasformarsi in liquidità, in:

  • attività correnti, atte ad essere liquidate in un arco temporale inferiore a 12 mesi, ovvero assets destinati alla vendita entro 12 mesi, attività finanziarie detenute a scopo di negoziazione, crediti in scadenza entro 12 mesi, rimanenze (per la parte che presenta un tasso di rotazione inferiore a 12 mesi), liquidità, ratei e risconti;
  • attività non correnti, destinate a rimanere vincolate nel medio-lungo periodo, ovvero assets materiali, immateriali e finanziarie (eccetto quelle destinate alla vendita nel breve termine), crediti con scadenza oltre il 12 mesi, rimanenze (per la parte che presenta un tasso di rotazione inferiore a 12 mesi).

Le fonti sono invece suddivise in:

  • patrimonio netto, grandezza vincolata e quindi fonte di lungo periodo;
  • passività correnti, destinate al rimborso entro i 12 mesi, ossia: debiti a breve (comprese le rate a breve di finanziamenti a medio-lungo termine), ratei e risconti passivi, fondi rischi ed oneri (per la parte che avrà manifestazione finanziaria nel breve periodo);
  • passività non correnti, con scadenza superiore a 12 mesi, ossia: debiti a medio-lungo, risconti passivi pluriennali, fondi rischi ed oneri (per la parte che avrà manifestazione finanziaria oltre 12 mesi).

Secondo il criterio funzionale invece le attività (impieghi) e le passività (fonti) sono riclassificate in base all’area gestionale di appartenenza:

  • area caratteristica/operativa (nella quale ricomprendere se marginale anche quella accessoria), comprendente tutti i valori attinenti il core business;
  • area finanziaria, comprendente tutti i valori relativi alla negoziazione di liquidità.

Gli impieghi sono pertanto suddivisi in:

  • attività operative: assets materiali e immateriali, crediti operativi, rimanenze, ratei e risconti;
  • attività finanziarie: investimenti finanziari (a breve e a medio-lungo), crediti finanziari e disponibilità liquide.

Le fonti sono invece suddivise in:

  • patrimonio netto, grandezza non riconducibili né all’area operativa né a quella finanziaria;
  • passività operative: fondi rischi ed oneri, debiti operativi e ratei e risconti;
  • passività finanziarie, ovvero i debiti finanziari a prescindere dalla scadenza.

I due criteri di classificazione sopra descritti consentono di sviluppare un diverso livello di analisi:

  • lo stato patrimoniale classificato secondo la logica finanziaria permette di verificare la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni di breve periodo con impieghi di egual durata (capitale circolante), ed è pertanto propedeutico all’analisi della liquidità;
  • lo stato patrimoniale classificato secondo la logica funzionale mira a verificare l’equilibrio fra investimenti e fonti di finanziamento, e quindi di ausilio a sviluppare l’analisi della solidità.

La corretta classificazione delle poste, in entrambe le due fattispecie di riclassificazione, risulta quindi particolarmente importante nella logica dell’analisi che si intende sviluppare.

Tra i casi da evidenziare, si segnala la voce relativa ai “finanziamenti soci” (voce D.3 del passivo dello stato patrimoniale), particolarmente utilizzata dalla imprese italiane “sottocapitalizzate” per sopperire a temporanee esigenze di liquidità evitando di vincolare le risorse a patrimonio e quindi evitando di apportare risorse a titolo di capitale di rischio.

Nella sostanza però, soprattutto se trattasi di finanziamenti infruttiferi e senza vincoli di rimborso e magari con clausola di postergazione rispetto ai debiti verso terzi, si avvicinano molto ad un apporto di capitale, di conseguenza nella riclassificazione delle fonti si consiglia di inserirli nell’ambito del patrimonio netto e non mantenerle tra le passività, e quindi tra la fonti stabili di medio-lungo periodo.

 

STATO PATRIMONIALE

 

STATO PATRIMONIALE

“FINANZIARIO”

 

“FUNZIONALE”

IMPIEGHI

FONTI

 

IMPIEGHI

FONTI

Attività non correnti

Patrimonio Netto

 

Attività operative

Patrimonio Netto

Passività non correnti

 

Passività operative

 
 

Attività correnti

 
 
 

Attività finanziarie

Passività correnti

 

Passività Finanziarie