5 Dicembre 2019

Attività connesse e requisiti per la tassazione catastale

di Luigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

Per essere considerati imprenditori agricoli è necessario esercitare almeno una delle tre attività agricole cd. ex se, individuate dal Legislatore civilistico nella coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali.

Oltre a tali attività, per effetto di quanto previsto sempre dall’articolo 2135 cod. civ., al rispetto di determinati requisiti, l’imprenditore agricolo ne può svolgere altre, strettamente commerciali, che però, in questo caso, assumono la qualifica di attività connesse.

Esse, come noto, si suddividono in due differenti categorie:

  • connesse di prodotto, quando consistono in attività che utilizzano il prodotto e
  • connesse di azienda, quando, al contrario, sono tese a uno sfruttamento ottimale delle risorse aziendali.

Le attività connesse di prodotto sono quelle “esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali”.

Si tratta, pertanto, di attività strumentali e complementari, svolte parallelamente e funzionalmente all’attività principale di produzione dei prodotti agricoli, in modo da costituirne la naturale integrazione.

E tale carattere di strumentalità funzionale rispetto all’attività agricola principale risulta particolarmente evidente, sottolinea l’Agenzia delle entrate con la circolare 44/E/2002, quando è concesso all’imprenditore agricolo “di svolgere le suddette attività connesse anche utilizzando, entro certi limiti, prodotti acquisiti da terzi, al fine di migliorare la qualità del prodotto finale e di aumentare la redditività complessiva dell’impresa agricola”.

Da un punto di vista fiscale, tuttavia, per trovare copertura nel reddito agrario, non è sufficiente rispettare solamente tali parametri; infatti, è necessario che i beni siano ricompresi in un decreto ministeriale di emanazione biennale. Inoltre, è richiesto che, con esclusione dei propri prodotti, quelli acquistati da terzi nel rispetto della prevalenza, siano almeno manipolati o trasformati.

Ma cosa vuol dire “manipolare” o “trasformare” un prodotto?

Le famose circolari 44/E/2002 e 44/E/2004 offrono qualche spunto per poter cercare di comprendere il corretto significato da attribuire a detti termini, che risultano fondamentali per poter attrarre la successiva cessione del prodotto al reddito agrario.

In realtà, le datate circolari ministeriali n. 351690 del 1° giugno 1955 e n. 6200 del successivo 28 giugno 1955 qualificano come trasformazione l’operazione a mezzo della quale un prodotto originario, per effetto della lavorazione, modifica e perde le caratteristiche merceologiche originarie, mentre, con la manipolazione, le caratteristiche merceologiche originarie si ritrovano anche alla fine dell’attività.

Ecco che allora tali concetti possono essere correttamente declinati nella richiamata circolare 44/E/2004 ove si fanno gli esempi della trasformazione del latte acquistato da terzi, della produzione di marmellate partendo dalla frutta e, nel caso della manipolazione, della pulitura del radicchio acquistato sempre da terzi.

La necessità, da un punto di vista fiscale, di dover procedere a una fase di manipolazione o di trasformazione, per poter, nel rispetto del requisito della prevalenza, trovare copertura nel reddito agrario nasce dal fatto che bisogna sempre avere a mente che le attività connesse nascono come attività commerciali e che, solamente al rispetto di determinati requisiti, assumono la veste di connesse.

E, andando ad analizzare le caratteristiche delle cinque tipologie di attività che il Legislatore elenca tra quelle connesse di prodotto che possono essere esercitate dall’imprenditore agricolo, è di tutta evidenza come solamente quelle di manipolazione e di trasformazione comportano un intervento effettivo nel ciclo di lavorazione.

Le altre attività hanno a oggetto prodotti che sono di per sé già pronti per l’immissione sul mercato e quindi come tali “non meritevoli” di trovare copertura nel reddito agrario che, come noto, è connesso all’agrarietà delle attività e ai connessi rischi di impresa, che non sono solamente dovuti a eventi endogeni ma anche a fattori esogeni di difficile gestione da parte dell’imprenditore.

In tal senso, del resto, depone anche la circolare 44/E/2002, quando afferma che non è riscontrabileun legame di accessorietà e strumentalità rispetto ad un’attività di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento, nel caso dell’attività svolta dall’imprenditore agricolo che si limita a commercializzare, parallelamente ai beni di propria produzione, altri prodotti acquistati presso terzi”: con riferimento a tali attività, che rappresentano l’ultima fase del processo tecnico-economico dell’attività agricola, quand’anche sia rispettato il criterio della prevalenza dei prodotti propri, non potrà mai trovare applicazione il regime Iva di cui all’articolo 34 D.P.R. 633/1972.

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