1 Settembre 2015

Ancora senza coordinamento i limiti del regime forfettario art.145 Tuir

di Luca Caramaschi
Scarica in PDF

L’art. 145 del TUIR prevede un regime forfettario per la determinazione del reddito d’impresa applicabile a tutti gli enti non commerciali ammessi alla tenuta della contabilità semplificata di cui all’art. 18 del DPR 600/1973. Va, tuttavia, rilevato come ai fini IVA non sia previsto un parallelo regime di imposizione semplificata e quindi per la determinazione di tale imposta rimangono applicabili i criteri generali previsti dal DPR 633/1972 in relazione alle specifiche attività esercitate. Il meccanismo di tale regime forfetario prevede l’applicazione di coefficienti di redditività all’ammontare dei ricavi (art. 85 TUIR) conseguiti nell’esercizio di attività commerciali (includendovi, quindi, tutte le attività commerciali eventualmente esercitate ed escludendo eventuali proventi derivanti dall’attività istituzionale).

Tali coefficienti di redditività sono determinati in misura differente in funzione sia del tipo di attività che degli scaglioni di ricavi. Al reddito così determinato applicando i coefficienti di redditività, va aggiunto l’ammontare dei seguenti componenti positivi del reddito d’impresa disciplinati dal TUIR: art.86 (plusvalenze), art.88 (sopravvenienze attive), art.89 (dividendi e interessi), art.90 (proventi immobiliari). Nel caso di esercizio contemporaneo di attività di prestazioni di servizi e di altre attività, il secondo comma dell’art.145 del TUIR prevede l’applicazione del coefficiente stabilito per l’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.

Tale regime forfetario di determinazione del reddito, inoltre, può trovare applicazione fino a quando non vengono superati i limiti indicati nella norma. Pertanto, come precisato dalla C.M. n. 124/E/1998, nel caso che i previsti limiti di ricavi risultino superati alla chiusura del periodo d’imposta, tale regime non potrà trovare applicazione nemmeno per il periodo in cui tali limiti vengono superati. Tutti gli enti non commerciali possono liberamente decidere di applicare il regime forfetario sopra descritto, tuttavia, nel momento in cui tale scelta viene esercitata per la prima volta, la stessa vincola l’ente non commerciale al mantenimento del regime forfetario per almeno un triennio (fatta salva ovviamente la fuoriuscita dal regime forfetario per superamento dei limiti previsti). Relativamente alle modalità di esercizio di tale opzione, i riferimenti contenuti nell’art.145 del TUIR devono ritenersi superati in virtù delle disposizioni contenute nel DPR n.442/97 che ha innovato la disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte sui redditi.

Come precisato dalla C.M. n. 124/E/1998, infatti, anche se il predetto regolamento fa esplicito riferimento alle opzioni o revoche “di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili” deve ritenersi che le previsioni in esso contenute in ordine al riconoscimento dei “comportamenti concludenti del contribuente” trovi applicazione anche ai fini della determinazione forfetaria del reddito. Peraltro, prosegue il documento di prassi, poiché il comportamento concludente correlato all’applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito si esplica e si esaurisce in sede di dichiarazione dei redditi, nell’ottica di semplificazione degli adempimenti del contribuente si ritiene non necessaria la comunicazione dell’opzione prevista dall’art.2 del DPR n.442/97.

Sotto il profilo della semplificazione contabile degli adempimenti, l’art.20 del DPR n.600/73, titolato “Scritture contabili degli enti non commerciali”, al comma 3 precisa che “Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi del comma 1 dell’art.109-bis del TUIR (dal 2004 rinumerato nell’art. 145), che abbiano conseguito nell’ anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni (pari a 15.493,71 euro), relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni (pari a 25.822,84 euro) negli altri casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all’ articolo 18, secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell’ articolo 3 della legge n. 662 del 1996”. Ed è proprio in relazione a tale ultimo richiamo normativo che sono sorti dubbi in merito alla sua concreta applicazione posto che, con decorrenza 1° gennaio 2008, l’art. 1 c.116 della Finanziaria per l’anno 2008 (legge n.244/07) ha abrogato le previsioni contenute nell’art.3 cc. 165-170 della legge n.662/96 (cosiddetto regime dei contribuenti super semplificati) in favore della nuova disciplina dei “contribuenti minimi”. Con la RM n.58/E/2010 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’abrogazione del regime speciale previsto dalla legge 662/96 non produca effetti in ordine agli adempimenti contabili cui sono tenuti gli enti non commerciali di cui all’art. 20 c.1 del DPR n. 600/73 e, che quindi, anche dopo l’abrogazione del regime “super semplificato” introdotto nel 1996 sopravvivono per gli enti non commerciali le agevolazioni applicabili a coloro che applicano il regime forfetario di cui all’art.145 del TUIR.

Con la lett. m) c.2 art.7 del D.L. n.70 del 13 maggio 2011 (“Decreto Sviluppo”)  viene modificata la disposizione contenuta nell’art.18 del DPR n.600/73, che detta disposizioni regolamentari riguardanti la contabilità semplificata per le imprese minori. La modifica interviene al primo comma del richiamato articolo al fine di elevare l’ammontare dei ricavi fino a concorrenza del quale le imprese sono automaticamente ammesse al regime di contabilità semplificata (si ricorda che resta comunque salva la possibilità di optare per il regime di contabilità ordinaria). Tra i soggetti interessati come è noto vi sono anche gli enti non commerciali (residenti e non) che esercitano un’attività commerciale in via non esclusiva o prevalente. La versione dell’art.18 DPR n.600/73 precedente alle modifiche recate dal Decreto Sviluppo, prevedeva l’adozione “naturale” del regime di contabilità semplificata qualora i ricavi conseguiti in un anno intero non fossero superiori a:

  • euro 309.874,14 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi;
  • euro 516.456,90 per le imprese aventi per oggetto altre attività  (e, quindi, principalmente, per le cessioni di beni).

Per chi rientrava nei predetti limiti, il regime “semplificato” risulta applicabile dall’anno successivo.

A seguito delle richiamate modifiche introdotte dal DL n.70/11, il limite dei ricavi conseguiti in un intero anno per poter “naturalmente” accedere regime ex  art.145 TUIR vengono innalzati ed arrotondati alle migliaia di euro come segue:

  • euro 400.000 euro, per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi;
  • euro 700.000 euro, per le imprese aventi per oggetto altre attività.

Anche in questo caso, il regime semplificato rimane applicabile dall’anno successivo.

Le richiamate modifiche apportate dal DL n.70/11 all’art.18 DPR 600/73  producono delicate conseguenze con riferimento al regime in commento contemplato dall’art.145 del TUIR. Esso prevede che – ad eccezione delle associazioni che optano per il regime forfetario di cui alla legge 398/91 – “gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell’ articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600” possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali determinati coefficienti di redditività corrispondenti a diverse classi di appartenenza a cui vanno aggiunti i componenti positivi del reddito di cui agli articoli 54, 55, 56 e 57 del TUIR. Vale qui la pena evidenziare che i predetti limiti di ricavi previsti dall’art.145 del TUIR “seguivano”, prima delle modifiche introdotte dal citato decreto, quelli evidenziati per l’accesso al regime di contabilità semplificata (richiamati dall’art.18 del DPR  600/73), di modo che il soggetto in contabilità semplificata poteva applicare i criteri forfetari fino al limite di ricavi entro il quale era possibile la permanenza nel regime.

Con l’innalzamento dei limiti previsti dal citato art.18 del DPR 600/73, ma non anche di quelli contemplati nel richiamato art.145 del TUIR, potrebbero verificarsi situazioni anomale per le quali ad oggi, a distanza di oltre quattro anni dall’avvento delle citate modifiche, non risulta ancora chiaro il trattamento. In particolare, un soggetto che svolge attività di servizi ed ha conseguito nell’anno ricavi per 390.000 può applicare il regime forfetario considerato che non supera i limiti previsti per l’adozione del regime di contabilità semplificata? In caso di risposta affermativa occorre però comprendere come trattare l’eccedenza rispetto al limite di ricavi di 309.874,14 euro e cioè 80.125,86 (390.000 meno 309.874,14) in quanto la norma non evidenzia con quale percentuale forfetaria procedere alla tassazione dell’eccedenza. La norma stessa, peraltro, ammette al regime forfetario “gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell’ articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”; ed è indubbio che il soggetto che ha realizzato 390.000 euro di ricavi si possa ritenere in contabilità semplificata alla luce dei nuovi limiti. Una possibile soluzione al caso evidenziato potrebbe essere quella di applicare all’eccedenza di 80.125,86 l’ultima aliquota disponibile (cioè quella del 25 per cento).

L’alternativa, e cioè l’impossibilità di applicare il regime forfetario ex art.145 TUIR al superamento del limite dei 309.874,14 euro non pare in linea con quanto previsto nel dettato normativo. Bastano queste brevi considerazioni per far comprendere come sia necessaria una urgente modifica all’art.145 del TUIR al fine di coordinarla con quanto previsto dal nuovo art.18 del DPR 600/73.