17 Maggio 2018

Documenti fittizi allegati al modello 730 e falsa fatturazione

di Marco Bargagli
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Larticolo 2 D.Lgs. 74/2000 (rubricato dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) sanziona con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti indica, in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi passivi fittizi che consentono di ridurre la base imponibile.

La riforma dei reati penali tributari introdotta con il D.Lgs. 158/2015 ha recato effetti anche sull’ipotesi delittuosa in rassegna, sopprimendo la locuzione “annuali” e, simmetricamente, ampliando la tipologia delle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente quali, ad esempio quelle:

  • di liquidazione di società o enti soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche, di società o associazioni e di imprese individuali;
  • di inizio e chiusura della procedura concorsuale, nei casi di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa;
  • di trasformazione, fusione e scissione;
  • presentate dai curatori di eredità giacenti e degli amministratori di eredità devolute sotto condizione sospensiva in favore di nascituri non ancora concepiti.

In buona sostanza il soggetto attivo del reato deve indicare in una delle dichiarazioni dei redditi previste ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi, anche di natura infrannuale, “elementi passivi fittizi”, rappresentati da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

In merito, l’articolo 21 D.P.R. 633/1972 (rubricato fatturazione delle operazioni), prevede che per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio deve emettere una fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili.

Quindi, per integrare il reato di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 74/2000, occorre inserire nella dichiarazione dei redditi fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (es. parcelle, note debito, scontrini fiscali, schede carburanti etc.).

Sul punto, la prassi operativa ha chiarito che: “i documenti diversi dalle fatture, rilevanti ai fini della fattispecie in esame, sono soltanto quelli idonei ad assolvere ad una funzione probatoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, quali, ad esempio, le fatture redatte secondo modalità alternative (nota, parcella, conto e simili) ex articolo 21, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, gli scontrini e le ricevute fiscali, i documenti di trasporto, le “schede carburante”, le autofatture” (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I – parte II – capitolo 1 “Il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e Iva”, pag. 152 e ss.).

Di conseguenza, prosegue il manuale operativo, la circostanza che la norma si riferisca anche ad “altri documenti” e precisi che la condotta incriminata si realizza anche attraverso la semplice detenzione dei documenti stessi in funzione probatoria rispetto all’Amministrazione, sempre che siano poi utilizzati in dichiarazione, dimostra che fra i soggetti attivi del reato rientrano anche coloro che non sono obbligati all’istituzione, tenuta e conservazione delle scritture contabili.

Ciò posto, occorre domandarci se possa ritenersi integrata la fattispecie di reato prevista e punita dall’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 qualora il contribuente (es. persona fisica) alleghi al modello 730 documenti in tutto o in parte inesistenti per ottenere indebite detrazioni fiscali.

Sullo specifico punto, la suprema Corte di cassazione, sezione 3^ penale, con la sentenza n. 17126/2018 del 24.01.2018, si è espressa in senso affermativo giudicando penalmente rilevante la condotta posta in essere da una serie di soggetti che, in associazione tra di loro, avevano realizzato un “programma delinquenziale” attuato attraverso la presentazione fraudolenta delle dichiarazioni dei redditi e della documentazione ivi allegata.

Il sistema evasivo posto al vaglio degli ermellini era così strutturato:

  • venivano prima contattati i contribuenti disposti a presentare dichiarazioni dei redditi infedeli;
  • venivano formate fatture false (es. spese mediche inesistenti) da allegare alle dichiarazioni dei redditi 730 che, una volta predisposte materialmente, venivano trasmesse ad un CAF e, successivamente, inviate telematicamente all’Agenzia delle Entrate, determinando un ingente credito Irpef a favore dell’organizzazione criminosa.

Sullo specifico punto, i giudici di legittimità hanno affermato il principio in base al quale integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti la falsa indicazione, nella dichiarazione Irpef, di spese deducibili dall’imposta quando le stesse non siano state effettuate o siano state effettuate in misura inferiore.

In merito, è stato ribadito che per realizzare il reato previsto dall’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, rientrano nella nozione di documenti inesistenti quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture tra cui le ricevute fiscali e simili nonché quei documenti da cui risultino spese deducibili dall’imposta, come, per esempio, le ricevute per spese mediche o per interessi sui mutui e le schede carburanti.

Dichiarazione dei redditi 2018