27 Febbraio 2018

Piani individuali di risparmio a lungo termine: i chiarimenti dell’AdE

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Con la circolare 3/E/2018 l’Agenzia delle Entrate si è soffermata sull’applicazione delle disposizioni concernenti i piani di risparmio a lungo termine (PIR), ripercorrendo brevemente la disciplina e soffermando l’attenzione su alcune questioni problematiche.

Come noto, con la legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi da 100 a 114, L. 232/2016) è stato previsto il regime di non imponibilità dei redditi di capitale e diversi di natura finanziaria conseguiti dalle persone fisiche di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, relativamente ad investimenti detenuti, per almeno cinque anni, nell’ambito di un piano individuale di risparmio (PIR) appositamente costituito presso un intermediario abilitato. Sempre in forza delle medesime disposizioni di legge, poi, è stato stabilito che trasferimento a causa di morte degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni (mentre sono comunque tassati gli altri trasferimenti tra vivi, quali, ad esempio, la donazione).

Le richiamate agevolazioni sono state giustificate dalla volontà del Legislatore di “dirottare” il risparmio delle famiglie (attualmente concentrato sulle liquidità) in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee, le quali hanno manifestato un forte fabbisogno di risorse finanziarie, rendendo evidente l’insufficienza dell’approvvigionamento mediante il canale bancario.

La disciplina di favore, tuttavia, richiede il rispetto di specifiche condizioni:

  1. in primo luogo, è sancito dalla norma il divieto di essere titolari di più di un PIR,
  2. l’importo investito non può superare complessivamente il valore di 150.000 euro, con un limite annuo di 30.000 euro,
  3. è richiesta la detenzione dell’investimenti per almeno 5 anni (proprio per garantire alle imprese risorse “stabili”).

Sono inoltre esclusi dal regime in questione:

  • i redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente
  • e i redditi diversi derivanti da partecipazioni qualificate.

La disciplina originaria è stata poi modificata:

  • dall’articolo 57 D.L. 50/2017, che ha previsto la possibilità per gli enti di previdenza obbligatoria e le forme di previdenza complementare di investire nei piani di risparmio a lungo termine con l’applicazione del relativo regime fiscale agevolato, senza tra l’altro dover rispettare il limite all’entità dell’investimento di 30.000 euro in ciascun anno solare e complessivo di 150.000 euro (essendo invece stabilito un limite pari al 5% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente);
  • dalla legge di Bilancio 2018 (articolo 1, comma 80, L. 205/2017), che ha disposto l’inclusione delle imprese che svolgono attività immobiliare tra quelle nelle quali è possibile effettuare investimenti, fiscalmente agevolati, attraverso i PIR.

Come ribadito nella recente circolare, gli adempimenti fiscali sono curati esclusivamente dall’intermediario presso il quale il Piano di risparmio è costituito o traferito, il quale, a tal fine, è tenuto anche a porre in essere le seguenti attività:

  • acquisire l’autodichiarazione da parte dell’investitore in merito al possesso dei requisiti personali e patrimoniali previsti (residenza, unicità della titolarità, assenza di partecipazioni “qualificate” detenute direttamente o indirettamente dal titolare del PIR o dai suoi familiari);
  • tenere separata evidenza, ai fini fiscali, per ciascun anno delle somme e dei valori destinati al piano e degli investimenti qualificati effettuati;
  • restituire le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive applicate in capo ai titolari del PIR e non dovute, effettuandone lo scomputo dal versamento di altre ritenute e imposte;
  • tenere a disposizione le somme dovute per garantire il versamento nei termini, chiedendone provvista al titolare o ponendo in essere adeguati disinvestimenti.

Tra le varie problematiche affrontate con la circolare 3/E/2018 meritano inoltre di essere richiamati alcuni chiarimenti riguardanti la cessione dei PIR.

Come detto, infatti, per poter beneficiare del particolare regime fiscale di favore è richiesto un periodo di possesso minimo di cinque anni.

Sicché, in caso di vendita:

  • se il periodo di 5 anni richiesto dalla normativa è ormai trascorso, la vendita non ha alcun effetto fiscale (estendendosi il regime di non imponibilità anche al reddito derivante dalla cessione),
  • se il richiamato periodo di 5 anni non è ancora trascorso, tutti i redditi, sia quelli realizzati a seguito della cessione che quelli percepiti medio tempore, sono ripresi a tassazione, secondo le regole ordinarie (ovvero secondo le regole proprie del regime del risparmio amministrato).

Purtuttavia pare utile ricordare che, come chiarito dalle Linee guida del Mef, se la cessione avviene prima della maturazione del periodo di 5 anni, ma il corrispettivo viene reinvestito, entro i 90 giorni della cessione, i due periodi (quello di detenzione dello strumento sostituito e quello di detenzione dello strumento acquistato) si sommano, escludendo, in tal modo, il meccanismo di recupero a tassazione.

La dichiarazione dei redditi delle persone fisiche