15 Ottobre 2014

Risarcimento danni per fermo amministrativo illegittimo

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF
Con la
recentissima ordinanza
n.15593/2014, le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ribadito  il principio  giurisprudenziale,  ormai consolidato,  secondo cui la
giurisdizione tributaria è da escludere, in favore di quella ordinaria, per quanto concerne le domande di risarcimento danni derivanti da un comportamento illecito della Pubblica Amministrazione.
Nella vicenda oggetto della decisione in commento, un contribuente aveva convenuto in giudizio Equitalia S.p.A avanti il Giudice di Pace territorialmente competente per ottenere la condanna dell’Ente al
risarcimento dei danni patiti a seguito di un provvedimento di
fermo amministrativo del proprio autoveicolo, emesso per crediti tributari (contributi consortili).
Nello specifico il contribuente aveva rilevato che la misura cautelare disposta dal concessionario della riscossione doveva ritenersi
illegittima, atteso che Equitalia S.p.A. aveva prolungato il fermo dell’automezzo per oltre cinque anni, senza che fosse instaurata alcuna
azione esecutiva né fosse disposta la
revoca del provvedimento, con conseguente indisponibilità del veicolo da parte del ricorrente e con degrado del medesimo.
In sede di gravame il Tribunale aveva dichiarato la propria i
ncompetenza a decidere sulla domanda
risarcitoria e aveva indicato quale autorità
competente il giudice
tributario.
Il contribuente, pertanto, aveva riassunto la controversia avanti la Commissione Tributaria Provinciale competente, la quale ha
sollevato d’ufficio, con ordinanza depositata il 6 giugno 2013, la questione di
giurisdizione, ai sensi dell’art.59, co. 3, L.69/09.
Nello specifico la Commissione Tributaria Provinciale ha osservato che l’azione non era finalizzata
all’annullamento della misura cautelare del
fermo amministrativo, ma all’ottenimento da parte del ricorrente del
risarcimento del danno per
l’illecito comportamento dell’amministrazione e, pertanto, la controversia doveva essere devoluta alla cognizione del
giudice ordinario.
Le Sezioni Unite, investite della questione, riprendendo un principio giurisprudenziale già consolidato dalle medesime, hanno precisato che spetta al
giudice tributario la giurisdizione in relazione alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del
fermo amministrativo di
beni mobili
registrati e del
relativo preavviso con riguardo ai crediti di natura tributaria, ex art.86 d.P.R. n.602/73, come interpretato dall’art.35, co.23
quinquies del D.L. n.223/06, convertito dalla L. n.248/06, il quale, modificando l’art.39 del D.Lgs. n.546/92, ha incluso il fermo tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, (vedasi Cass., SS. UU. n.9568/14).
Tuttavia, nel caso di specie, la
domanda proposta dal contribuente non aveva a oggetto crediti di natura tributaria ma il
comportamento asseritamente
illecito della pubblica amministrazione nella fase successiva all’emissione del provvedimento di fermo e pertanto la controversia
de qua doveva essere attribuita alla cognizione
dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Sul punto, infatti, le Sezioni Unite hanno ribadito un principio già espresso dalle medesime con la sentenza n.14506 del 10 giugno 2013, nella quale si legge che
“qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato o di altri enti impositori, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, non potendo sussumersi in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art.2, rientrano nella giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie; infatti anche nel campo tributario, l’attività della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche dalla norma primaria del neminem laedere, per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato, da parte dell’Amministrazione, un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo”.
L’articolo 2 D.Lgs n.546/92, infatti, costituisce la
sedes materiae per individuare i
confini della
giurisdizione tributaria, delineati essenzialmente attraverso l’indicazione dei tributi oggetto di controversia, con i relativi accessori; tali confini prima con l’art.12 L. n.448/01 e poi l’art.3
bis D.l. n.203/05 (convertito nella L n.248/05), si sono ampliati fino a comprendere le controversie aventi ad oggetto “
i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati”; le quali devono riguardare effettivamente  prestazioni patrimoniali imposte di natura tributaria, al fine di evitare la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali (Cass. SS. UU. n.3773/14).
Nel caso
de quo non rientrando la questione tra quelle ricomprese nell’elenco di cui all’art.2 D.Lgs n.546/92, le Sezioni Unite hanno statuito la giurisdizione del giudice ordinario.