15 Maggio 2015

La disponibilità del bene ai fini del sequestro preventivo

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 10194 del 16 ottobre 2014, depositata l’11 marzo 2015, la terza sezione penale della Suprema Corte ha chiarito che ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all’art. 322 ter c.p., è necessaria da parte della Pubblica Accusa la dimostrazione della “relazione effettuale” dell’indagato con il bene oggetto di misura cautelare, caratterizzata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.

Nel caso oggetto di attenzione da parte della Corte, il Tribunale di Chieti – in funzione di giudice del riesame – si era pronunciato sull’appello proposto dall’imputato avverso l’ordinanza con cui il GIP del Tribunale di Lanciano aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo dell’immobile di proprietà della moglie dell’istante. Avendo ritenuto che l’immobile in questione, seppur formalmente intestato ad una persona terza ed estranea al reato fosse, comunque, nella disponibilità dell’indagato, il Tribunale delle Libertà aveva respinto l’impugnazione. L’imputato aveva quindi proposto ricorso in Cassazione.

Tramite la pronuncia di accoglimento de qua, la Suprema Corte ha avuto modo di analizzare il concetto di disponibilità disciplinato dall’art. 322 ter c.p. secondo cui, ove ne sussistano i presupposti di legge, “…è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Dalla lettura della norma si evince quindi come sia certamente possibile che nella misura cautelare in parola possano ricadere anche beni di proprietà di terzi soggetti, comunque, nella disponibilità dell’indagato, ma è altresì necessario che quest’ultimo abbia un potere di fatto sui medesimi. A mente della nozione civilistica del possesso di cui all’art. 1140 c.c., tale situazione si verifica qualora il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità effettiva dell’indagato o condannato.

La Suprema Corte indica quindi, quale requisito necessario, la dimostrazione da parte della Pubblica Accusa della condizione di disponibilità nei termini poc’anzi descritti, atteso che la possibilità, ai fini della sussistenza del periculum di cui all’art. 321 c.p.p., di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente intestati a terzi estranei al procedimento penale, impone “una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell’indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione”.

Va da sé come, nel caso di specie, la terza sezione ha ritenuto che i criteri enunciati non fossero stati osservati dal Tribunale il quale si era limitato ad asserire come la disponibilità del bene in capo all’indagato derivasse meramente dal rapporto di coniugio, senza approfondire la circostanza per cui il bene oggetto di misura cautelare fosse in realtà il frutto di una pregressa donazione che aveva determinato l’ingresso del medesimo nel patrimonio del donatario, ma non nella sua effettiva disponibilità.

Dette considerazioni erano già state espresse dalla medesima sezione della Corte tramite la sentenza n. 5929 del 4 dicembre 2014, depositata il 10 febbraio 2015, che ha statuito circa la sequestrabilità di alcuni beni conferiti in trust che erano, di fatto, amministrati e gestiti dal rappresentante legale di una società al quale era stato contestato il reato di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 3 D.Lgs. n. 74/2000.

Nel ribadire come il sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all’art. 322 ter c.p., possa avere ad oggetto anche i beni esclusi dalla titolarità del soggetto indagato o condannato, essendo necessario e sufficiente che egli abbia un potere di fatto sui beni medesimi e quindi la disponibilità degli stessi, la Cassazione ha posto in rilievo come, ai fini dell’operatività della misura cautelare de qua, rilevi altresì l’interposizione fittizia, vale a dire quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità effettiva dell’imputato.

Proprio alla luce di tali considerazioni la Corte di legittimità, contrariamente alla prima sentenza esaminata, ha quindi ritenuto che fosse applicabile il sequestro preventivo ex art. 322 ter c.p. e, di riflesso, che fosse sussistente il requisito costituito dalla disponibilità, relativamente ai beni conferiti in trust, qualora i beni in questione siano nella disponibilità dell’indagato che continui ad amministrarli conservandone la piena disponibilità in spregio ai poteri attribuiti al trustee (sul punto, si veda anche Cass. Pen. n. 13276/2011).