13 Luglio 2017

La carenza documentale può compromettere la voluntary disclosure?

di Marco Bargagli
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Come noto, il D.L. 193/2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge 225/2016, ha riaperto i termini della procedura di collaborazione volontaria disciplinata nel nostro ordinamento dalla Legge 186/2014, per il lasso temporale che va dal 24 ottobre 2016 al 31 luglio 2017.

L’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento, nella recente circolare 19/E/2017, ha fornito importanti chiarimenti circa le modalità operative connesse alla riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria, osservando che la stessa ha l’obiettivo di consentire ai contribuenti di riparare alle infedeltà dichiarative passate e, simmetricamente, porre le basi per l’avvio di un rapporto con il Fisco improntato alla reciproca fiducia, secondo gli standard internazionali e le linee guida diramate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Tale nuovo approccio, ispirato alla trasparenza e collaborazione reciproca, dovrebbe favorire l’adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria, consentendo a molti contribuenti di definire la propria posizione fiscale pregressa sulla base di principi di spontaneità, completezza e veridicità, nonché porre in essere misure che agevolino la futura compliance degli attori in gioco.

Un aspetto di particolare interesse operativo, ai fini del buon esito della procedura in rassegna, riguarda la valutazione della completezza e della conseguente regolarità della documentazione che il contribuente pone a corredo della collaborazione volontaria.

Tale profilo interessa anche numerosi professionisti (es. avvocati, commercialisti), a cui si rivolge direttamente il cliente richiedendo di istruire e finalizzare l’istanza finalizzata alla voluntary disclosure.

Tuttavia, molto spesso, proprio il consulente fiscale deve necessariamente attenersi ai dati e alle notizie comunicati dal proprio assistito, senza avere la possibilità di valutare preventivamente la correttezza e, soprattutto, la totale completezza e veridicità dei documenti esibiti.

Il professionista incaricato avrà sicuramente cura di rendere edotto il proprio cliente circa la necessità di procurarsi tutti gli elementi informativi necessari per raccogliere un idoneo set documentale, ma sovente anche gli istituti di credito esteri non riescono a procurare tutti i dati indispensabili per sanare le citate infedeltà dichiarative.

Sullo specifico punto, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento, con la circolare 30/E/2015, a commento delle Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale”, ha chiarito che l’esito della procedura di collaborazione volontaria non è compromesso qualora il contribuente risulti oggettivamente impossibilitato a produrre tutta la documentazione utile a ricostruire la sua situazione fiscale.

In particolare, è stato richiesto di chiarire se “una carenza nella produzione documentale, in buona fede, rilevata dall’Ufficio nel corso dell’esame della documentazione e della relazione accompagnatoria, non dia necessariamente luogo ad effetti negativi sul prosieguo della procedura”.

In risposta al quesito, il citato documento di prassi ha premesso che sono state rilevate oggettive difficoltà a carico del contribuente, nel reperire tutti i dati e le notizie utili a ricostruire la sua situazione fiscale, entro i termini tassativamente previsti dalla normativa di riferimento.

In alcune circostanze risulta infatti particolarmente gravoso reperire documenti contabili che consentano di ricostruire compiutamente tutte le somme o le attività finanziarie detenute presso istituti di credito falliti, oppure raccogliere i documenti nelle ipotesi di emersione di “lasciti ereditari”, irregolarmente detenuti all’estero da parte del “de cuius”, tenuto conto che la pertinente documentazione di dettaglio viene esibita dagli istituti di credito solo previa presentazione della richiesta di regolarizzazione delle attività finanziarie detenute all’estero.

Preso atto delle numerose difficoltà che si possono presentare, sopra compiutamente illustrate, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che nella relazione di accompagnamento il richiedente dovrà avere cura di segnalare la presenza di cause che impediscono la tempestiva produzione documentale o rendono imprecisa la rappresentazione delle violazioni dichiarative oggetto della regolarizzazione.

Inoltre, al fine di evitare problemi di carattere procedurale derivanti dalla emersa carenza documentale:

  • il contribuente dovrà dimostrare di essersi attivamente adoperato per adempiere agli obblighi di produzione documentale e che quindi la carenza documentale non può essere ascrivibile alla sua volontà;
  • sarà comunque possibile l’integrazione della documentazione a completamento della posizione fiscale, da effettuarsi fino alla notifica dell’invito a comparire (definibile ex articolo 5, comma 1-bis del D.Lgs. 218/1997), ossia in sede di contraddittorio propedeutico alla redazione dell’accertamento con adesione.

A questo punto, l’ufficio competente potrà riconoscere come tempestivo il nuovo corredo informativo fornito dal contribuente, senza pregiudicare l’esito della procedura di collaborazione volontaria, qualora risulti evidente l’impossibilità di fornire in precedenza la documentazione richiesta e, contestualmente, dal comportamento del soggetto passivo traspaia l’intenzione di adempiere correttamente agli adempimenti previsti dalla procedura di collaborazione volontaria.

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