23 Febbraio 2017

Gli effetti delle variazioni successive alla formazione del plafond

di Marco Peirolo
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L’effetto temporale delle note di variazione sul plafond degli esportatori abituali deve essere attentamente valutato per evitare possibili contestazioni da parte dei verificatori.

La causa della variazione, dovuta ad esempio al riconoscimento di uno sconto previsto contrattualmente, può sorgere nello stesso anno di formazione del plafond (anno 1), nell’anno del suo utilizzo (anno 2) o in un anno ancora successivo (anno n).

Particolarmente delicata è la gestione delle variazioni che intervengono in un anno successivo a quello della formazione e all’utilizzo del plafond, dovendosi stabilire se le variazioni, operate con l’emissione della nota di credito di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633/1972 o solo e più semplicemente sul piano contabile, si riflettano sull’anno di formazione del plafond con la conseguente riduzione del limite quantitativo entro il quale, nell’anno successivo, è possibile acquistare beni/servizi senza applicazione dell’IVA.

Sull’efficacia ex tunc delle note di variazione è intervenuta l’Agenzia delle Dogane con la circolare 8/2003, specificando che le note di credito, anche se non emesse, riducono del corrispondente ammontare la disponibilità del plafond, per poi aggiungere – sulla scorta di quanto già specificato dalla C.M. n. 13-VII-15-464/1994 (§ B.10.3) – che la nota di credito, emessa o non emessa lo stesso anno dell’operazione principale, riduce il plafond disponibile per lo stesso anno. Allo stesso modo, la nota di credito, emessa o non emessa, nell’anno successivo a quello di effettuazione dell’operazione da rettificare, non riduce il plafond disponibile dell’anno in cui avviene l’accredito, ma quello dell’anno precedente, con la conseguente necessità, per l’esportatore abituale, di regolarizzare gli eventuali acquisti effettuati senza IVA oltre il plafond effettivamente spettante secondo le modalità ribadite da ultimo dalla risoluzione AdE 16/2017. La stessa esigenza si pone, infine, nel caso in cui la variazione sia operata a partire dal secondo anno successivo a quello di effettuazione dell’operazione originaria, nel qual caso la nota di credito, con o senza rilevanza ai fini IVA, riduce il plafond disponibile per l’anno in cui è stata effettuata l’operazione oggetto di rettifica e, quindi, può determinare, per quell’anno, uno splafonamento.

Dalle indicazioni in esame si desume che, ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, le variazioni ex post hanno efficacia ex tunc senza limiti temporali. Si tratta, però, di un’interpretazione non condivisa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 15059 del 2014 ha affermato che le variazioni effettuate in un anno successivo a quello dell’operazione originaria non si riflettono sul plafond, fermo restando che l’esportatore abituale è tenuto a dimostrare che l’operazione oggetto di rettifica sia effettiva (es. in caso di sconto contrattualmente previsto per una cessione all’esportazione, il cedente nazionale deve fornire la prova dell’uscita dei beni dal territorio doganale dell’Unione).

Sarebbe auspicabile che l’Amministrazione ritornasse sul tema al fine di chiarire se la propria posizione resti valida avuto specifico riguardo alle motivazioni addotte dai giudici di legittimità a fondamento della conclusione raggiunta.

Nell’arresto in commento si afferma che “i presupposti di fatto del diritto di cui all’articolo 26 attengono a circostanze sopravvenute all’operazione, che sono quelle tipicamente previste dalla norma. L’effettività dell’operazione non è così da intendere come originariamente mancante, ma soltanto venuta meno nei limiti dei casi previsti dalla legge. Alle condizioni previste dall’articolo 26 può quindi essere esercitato il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione senza che questo intacchi il plafond determinatosi nell’anno precedente”.

È senz’altro corretto ritenere che l’effettività dell’operazione non sia da intendere come originariamente mancante, ma venuta meno ex post nei casi previsti dalla norma, mentre non sembra del tutto corretto sostenere che, al ricorrere delle condizioni previste per la variazione, non si hanno effetti sul plafond generato per effetto dell’operazione oggetto di rettifica, in specie del plafond determinato nell’anno precedente. A sostegno di questa conclusione, la Suprema Corte osserva che “la stessa circolare 8/D del 27 febbraio 2003 dell’Agenzia delle Dogane, richiamata nella sentenza impugnata (…), mentre nel caso di nota di credito emessa lo stesso anno dell’operazione principale afferma che essa riduce il plafond disponibile per lo stesso anno, nel caso di nota di credito emessa l’anno successivo (che è il caso di cui alla presente controversia) si limita a concludere nel senso che essa non deve andare in diminuzione del disponibile in quell’anno, ma non evidenzia conseguenze per l’anno dell’operazione principale (diversamente, se la nota di credito è emessa in anni ancora successivi la circolare riconosce che va in diminuzione al plafond disponibile per l’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale)”.

È lecito, in definitiva, dubitare che la variazione intervenuta nell’anno successivo a quello di effettuazione dell’operazione originaria non interferisca con il plafond maturato per effetto di tale operazione.

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