13 Febbraio 2017

Il trasferimento del plafond Iva nella cessione/conferimento d’azienda

di Marco Peirolo
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Il plafond, vale a dire il diritto di acquistare e di importare beni e servizi senza applicazione dell’Iva, può essere trasferito ad altri soggetti, ma con regole diverse a seconda dei casi.

Con specifico riguardo al conferimento e alla cessione d’azienda o di un suo ramo, l’Amministrazione finanziaria, in un primo tempo, ha precisato che tali operazioni determinano il subentro nella posizione di esportatore abituale da parte del conferitario/cessionario, il quale può fruire del plafond maturato dal conferente/cedente al ricorrere di una duplice condizione, essendo richiesto che (R.M. 4 luglio 1989, n. 621099 e R.M. 7 novembre 1987, n. 505229):

  • il conferitario/cessionario continui, senza soluzione di continuità, l’attività relativa ai complessi aziendali oggetto del conferimento/cessione, in precedenza svolta dal conferente/cedente;
  • il conferente/cedente subentri nei rapporti giuridici (attivi e passivi) relativi ai complessi aziendali conferiti/ceduti.

La giurisprudenza di merito ha però sottolineato che, nelle “trasformazioni sostanziali soggettive”, il trasferimento del plafond a favore dell’avente causa non deve ritenersi subordinato al trasferimento di tutti i debiti/crediti dell’azienda ma solo delle posizioni attive e passive necessarie ad assicurare, in situazione di continuità, la prosecuzione dell’attività d’impresa rivolta ai clienti non residenti (CTR di Torino sentenza n. 8 del 9 marzo 2007).

Del resto, l’orientamento ministeriale, se applicato rigorosamente, può ridimensionare in modo eccessivo il principio, di matrice “euro-unionale”, della continuazione (o successione) dell’attività d’impresa, escludendo l’acquisizione dello status di esportatore abituale da parte dell’avente causa.

Per non svilire, allora, del tutto il richiamato principio, il requisito del trasferimento in via generalizzata dei debiti e dei crediti relativi all’azienda conferita/ceduta deve essere più opportunamente limitato a quelle posizioni creditorie e debitorie direttamente collegate all’attività di esportazione.

L’esigenza evidenziata è stata correttamente valorizzata dai giudici di merito, privilegiando l’aspetto qualitativo rispetto a quello quantitativo, affermando, cioè, che il trasferimento della qualifica di esportatore abituale compete anche se, dall’atto di conferimento/cessione, non risultino trasferiti tutti gli elementi patrimoniali. Ciò che è essenziale, infatti, è che le poste contabili direttamente connesse all’attività rivolta all’estero dell’impresa cedente/conferente siano state trasferite all’avente causa, che continua nella produzione e commercializzazione dei prodotti destinati ai mercati stranieri.

L’Agenzia delle Entrate ha inteso adeguarsi al descritto orientamento giurisprudenziale, precisando che il trasferimento del plafond non è condizionato al passaggio di tutti i rapporti con la clientela non residente o, più in generale, di tutte le posizioni creditorie e debitorie relative all’azienda o al suo ramo conferito/ceduto. Il diritto a fruire dello speciale trattamento fiscale previsto dalla norma nasce, infatti, dalla situazione obiettiva, ovverosia dall’essere esportatore abituale nei limiti quantitativi previsti dalla relativa disciplina. Situazione nella quale il cessionario/conferitario subentra per effetto della cessione/conferimento dell’azienda o del suo ramo dedito all’attività di esportazione (risoluzioni 124/E/2011 e 165/E/2008).

È al ricorrere, pertanto, delle condizioni indicate che risulta assicurata la continuità nello svolgimento dell’attività d’impresa – volta all’esportazione – da parte del cessionario/conferitario, tale da giustificare il trasferimento in capo allo stesso dello status di esportatore abituale e, conseguentemente, il diritto del cessionario/conferitario a beneficiare – in luogo del cedente/conferente, che ha maturato il plafond – del diritto alla non imponibilità dell’Iva per gli acquisti e le importazioni di beni/servizi previsto dall’articolo 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. 633/1972.

In considerazione dei chiarimenti resi nella R.M. n. 450173 del 24 novembre 1992, è dato ritenere che, se il cedente/conferente fruisce del metodo del plafond calcolato sulla base delle esportazioni fatte nei dodici mesi precedenti (c.d. “plafond mobile”), in base alle attuali disposizioni normative, che non consentono il passaggio da un metodo all’altro nel corso dell’anno, il cessionario/conferitario è tenuto a seguire tale metodo almeno fino al 31 dicembre dell’anno in cui è stato stipulato l’atto di cessione/conferimento, con la possibilità di transitare dal 1° gennaio dell’anno successivo al metodo “fisso”.

Pertanto, a partire dal mese successivo a quello della cessione/conferimento dovrà tenersi conto, al fine della costituzione del plafond e della sussistenza del requisito di esportatore agevolato, non solo delle operazioni effettuate dal cessionario/conferitario, ma anche di quelle del cedente/conferente. In sostanza, cessionario/conferitario dovrà prendere a base del calcolo le operazioni dei 12 mesi precedenti, costituite in parte da quelle proprie ed in parte da quelle del cedente/conferente.

Solo dopo 12 mesi, ove l’operatore abbia continuato ad operare con il metodo di calcolo mensile, il plafond e lo status di esportatore abituale saranno determinati in funzione delle sole operazioni svolte dal cessionario/conferitario.

Per quanto riguarda, infine, i modelli anagrafici di inizio, variazione e cessazione attività, in caso di trasferimento del plafond, nei modelli AA9 (per le persone fisiche) e AA7 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche), il cedente/conferente e il cessionario/conferitario devono barrare, rispettivamente:

  • la casella PL della sezione 2 del quadro E e la casella PL della sezione 1 del quadro E (modello AA9);
  • la casella PL della sezione 2 del quadro D e la casella PL della sezione 1 del quadro D (modello AA7).
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