17 Febbraio 2014

Accertamenti bancari: i prelevamenti sui c/c non possono essere considerati ricavi

di Luigi Ferrajoli
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Come noto, l’art. 32, comma 2 del D.P.R. 600/1973 disciplina una presunzione legale in base alla quale i versamenti e i prelevamenti operati sui conti correnti vengono considerati ricavi qualora il contribuente, nell’esercizio della propria attività di impresa o lavoro autonomo, non sia in grado di dimostrare che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza ai fini impositivi, ovvero chi sia il soggetto beneficiario.

La questione dei prelevamenti su c/c analizzati a seguito di indagini bancarie ha avuto anche recentemente l’attenzione delle cronache in seguito alla pronuncia della CTP di Roma n. 1353/11/14, nella quale il contribuente, nella specie un noto artista, ha visto accogliere il proprio ricorso sulla base dell’assunto che per alcune tipologie di soggetti non può sussistere una correlazione tra i prelievi e compensi, atteso che non sussiste alcun nesso di tra gli stessi, come può esservi per un’impresa.

La vicenda aveva ad oggetto un accertamento avvenuto prima delle modifiche apportate dalla L. 311/2004 che ha esteso, dal 1° gennaio 2005, la presunzione anche al reddito di lavoro autonomo, aggiungendo alla norma citata, accanto ai ricavi, i compensi.

La citata sentenza richiama la problematica dell’applicabilità della presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1963 ai liberi professionisti in accertamenti effettuati prima delle modifiche del 2004, aspetto rimesso al vaglio della Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 27 del 10.06.2013 della CTR di Roma.

La commissione romana, pur rilevando che l’art. 32 del D.P.R. 600/1973 ha già superato il vaglio di costituzionalità, sul punto della sua applicabilità ai professionisti con l’ordinanza di inammissibilità n. 0318/2011, ha rimesso nuovamente la questione alla Consulta sollevando ulteriori profili di illegittimità.

La CTR di Roma chiamata a pronunciarsi sull’appello proposto da due professionisti e dallo studio professionale associato, per la riforma della sentenza della CTP di Viterbo che accoglieva parzialmente il ricorso di primo grado ritenendo in parte giustificati i prelevamenti dai c/c accertati per i quali erano stati indicati i beneficiari delle somme prelevate, solleva il dubbio di costituzionalità sotto diversi profili:

  • violazione dell’art. 24 della Costituzione: riconoscendo l’applicabilità retroattiva della norma a comportamenti avvenuti prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dalla L. 311/2004, il contribuente si troverebbe nella situazione di non poter provare la legittimità dei propri comportamenti non avendo potuto precostituirsi la prova della giustificazione causale dei prelevamenti, proprio perché all’epoca dei fatti non sussisteva alcuna presunzione;
  • violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione: la norma non sembra corrispondere al parametro costituzionale della razionalità laddove a posteriori richiederebbe un quid pluris rispetto al dato normativo, ossia, oltre alla indicazione del beneficiario anche la giustificazione causale dei prelevamenti;
  • violazione dell’art. 111 della Costituzione: l’avvicendamento normativo, come avvenuto nel caso di specie, si ripercuote automaticamente in giudizio, sulle prerogative di difesa del singolo e sulla posizione paritaria delle parti nel processo;
  • violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione: sul punto della violazione del principio della capacità contributiva il Giudice rimettente rileva che per l’attività di lavoro autonomo non possono valere le considerazioni presuntive, circa il binomio “costi-ricavi”, tipiche del reddito di impresa. L’attività di lavoro autonomo è svincolata dal principio bilancistico de quo, cosicché alcuna doppia presunzione “prelevamenti-costi”, “costi-compensi professionali” può sussistere per i redditi professionali.

In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale si rileva che la Cassazione nella sentenza n. 25984 del 20.11.2013, concordando con i precedenti giurisprudenziali che riconoscono la legittimità costituzionale della norma, pare riconoscere l’applicabilità a prelevamenti da c/c avvenuti prima delle modifiche all’art. 32, comma 1 n. 2, del D.P.R. 600/1973 laddove ritiene che “la presunzione […] secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito – ha portata generale, nonostante l’utilizzo (nella versione applicabile ratione temporis, e cioè anteriormente alla modifica recata dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1) dell’accezione “ricavi” e non anche di quella “compensi” ed è applicabile, quindi non solo al reddito di impresa, ma anche al reddito da lavoro autonomo e professionale”.