30 Dicembre 2014

Voluntary disclosure: alcuni nodi da sciogliere

di Nicola Fasano
Scarica in PDF

Già in un precedente intervento si è avuto modo di evidenziare come nell’ambito della voluntary disclosure vi siano problematiche operative dalla cui soluzione dipende il conto finale della regolarizzazione.

A parte la tematica del raddoppio dei termini e degli anni ancora accertabili al momento della presentazione dell’autodenuncia (nonché dei chiarimenti da parte delle Entrate sugli Stati “black list” che abbiano stipulato accordi per un effettivo scambio di informazioni), vi sono altre questioni su cui l’Amministrazione finanziaria è chiamata a pronunciarsi quanto prima.

Sotto il profilo della determinazione delle imposte per esempio, dovrà essere precisato se l’eventuale credito di imposta per le imposte pagate all’estero debba o meno essere scomputato, in quanto, come noto, l’art. 165, co. 8, Tuir, ne preclude la fruizione in caso di omessa dichiarazione del relativo reddito. Tuttavia, non va dimenticato che l’art. 75, d.P.R. 600/73 prevede espressamente che anche in materia di accertamento delle imposte sui redditi le disposizioni previste dagli accordi internazionali non possano essere violate e dunque, in primis, non dovrebbe essere violato il principio del divieto di doppia imposizione, tanto più che il reddito estero, seppur tardivamente e nell’ambito di una procedura di regolarizzazione, viene di fatto “dichiarato” dal contribuente al Fisco italiano.

Sul tavolo, c’è anche la questione dell’euroritenuta, ossia della particolare ritenuta maggiorata (dal 2011 pari al 35%) che in alcuni Paesi (come per esempio la Svizzera, il Lussemburgo o l’Austria) è stata applicata sui redditi finanziari transfrontalieri a fronte dell’“anonimato” del cliente nel suo Paese di residenza, conseguente al mancato scambio di informazioni. La ritenuta così applicata nel Paese estero è stata in parte (nella misura del 75%) “girata” all’Italia che dunque ha già riscosso (quanto meno in parte) le relative imposte dovute dal contribuente su quei redditi. Parrebbe opportuno, pertanto, che nell’ambito della voluntary vi sia il riconoscimento dell’euroritenuta (ovviamente solo in caso di determinazione analitica dei redditi e non anche in caso di opzione per il metodo forfettario previsto per i piccoli patrimoni della consistenza media annua non superiore a 2 milioni di euro) anche se fino ad ora gli Uffici hanno assunto posizioni molto restrittive sul punto.

Spostandoci sul monitoraggio fiscale, fra i temi di maggior interesse da chiarire vi è innanzi tutto la conferma che il concetto di “titolare effettivo” (e l’effetto demoltiplicativo nonché  a maggior ragione l’applicazione del principio “look through”) non trova applicazione per le annualità oggetto di voluntary (che arrivano fino al periodo di imposta 2012) per le quali dovrebbero valere sia dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo le regole sul monitoraggio pro tempore vigenti, ante L. 97/2013. Ovviamente, diverso è il discorso nel caso in cui le attività estere siano state detenute tramite una persona o una struttura meramente interposta da un soggetto residente tenuto alla compilazione dell’RW, poiché in tal caso gli obblighi di monitoraggio (e le imposte sui redditi) gravano (e gravavano) direttamente sul contribuente fiscalmente residente.

Altra tematica da smarcare è quella delle attività finanziarie su cui vi era un soggetto delegato al prelievo. Si tratta cioè di capire se le sanzioni da RW sono ascrivibili sia all’intestatario che al delegato oppure possano essere irrogate una sola volta o comunque evitando la “duplicazione” delle sanzioni sulla medesima attività regolarizzata. Ciò in quanto ai sensi dell’art. 1, co. 9, L. 186/2014 nell’ambito della voluntary, la disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione si considera, salvo prova contraria, ripartita, per ciascun periodo di imposta, in quote uguali tra tutti coloro che al termine degli stessi ne avevano la disponibilità. Tale disposizione se è “pacifica” con riferimento ai casi di cointestazione degli assets, è meno chiara se applicata con riferimento al caso dei delegati al prelievo che potrebbero essere indicati come soggetti che avevano la “disponibilità” delle attività (con conseguente ripartizione proporzionale delle sanzioni da RW fra intestatari e delegati), ma non necessariamente anche il possesso dei relativi redditi (per le cui imposte e sanzioni dovrebbero rispondere in linea di principio gli intestatari delle attività). Anche su questo punto, dunque, si dovrà verificare la posizione dell’Agenzia nella prossima circolare.