4 Agosto 2023

Scissione parziale: i crediti Ires e Irap sono posizioni soggettive da riparti­re?

di Chiara GrandiFabio LanduzziGiuseppe Stagnoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella recente risposta ad interpello n. 368/2023, pubblicata lo scorso 4 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema della destinazione del credito Irap esistente in capo ad una società coinvolta in due distinte scissioni parziali.

In particolare, l’istante – società scissa – vantava, alla data di decorrenza degli effetti delle due scissio­ni, un credito Irap – generatosi, per la maggior parte del suo ammontare, da pregresse eccedenze di acconti, e, per la minor parte, da una precedente operazione di fusione per incorporazione – intera­mente rimasto nella sua disponibilità a seguito dell’operazione straordinaria, non avendo proceduto al­la sua ripartizione in coerenza con quanto era stato stabilito dai progetti di scissione.

In sede di interpello ha quindi chiesto conferma all’Amministrazione finanziaria della correttezza del suo operato, ritenendo che il credito Irap non rientrasse tra le “posizioni soggettive” di cui all’articolo 173, comma 4, del Tuir e potesse, pertanto, essere attribuito (rectius, non attribuito) in coerenza alle pattuizioni formalizzate nei due progetti di scissione; in alternativa a tale soluzione, riteneva che la suddivisione dovesse avvenire, al più, sulla base dell’afferenza ai diversi rami d’azienda trasferiti.

L’Agenzia delle Entrate, non concordando con la soluzione proposta dalla società istante, ha valutato il credito Irap (ma le stesse conclusioni possono senz’altro essere estese anche a quello Ires) quale “po­sizione soggettiva”, da ripartirsi tra le diverse società interessate dalla riorganizzazione con un criterio proporzionale, sulla base delle percentuali di patrimonio netto contabile trasferito alle beneficiarie.

Ta­le interpretazione, piuttosto restrittiva, lascia però spazio a qualche perplessità e riflessione.

Va preliminarmente ricordato come l’articolo 173, comma 4, Tuir, disponga, in caso di scissione parziale, la permanenza in capo alla scissa ovvero l’attribuzione alle beneficiarie delle posizioni sog­gettive e dei relativi obblighi strumentali “in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto con­tabile trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel qual caso seguono tali elementi presso i rispettivi titolari”.

Per definire le “posizioni soggettive”, l’Amministrazione richiama il contenuto della risoluzione 91/E/2002, secondo la quale “con la locuzione «posizione soggettiva» il legislatore ha indubbiamente inte­so ricomprendere, entro la sfera di applicazione della norma, ogni situazione giuridica attiva e passiva gene­rata dalla normativa sulle imposte dirette in capo alla scissa e cioè non solo i crediti e i debiti d’imposta di questa società, ma anche tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetto nell’atti­vità di misurazione del reddito della scissa nei periodi d’imposta successivi alla scissione”.

In diverse occasioni, l’Amministrazione finanziaria ha fornito esempi circa le cennate situazioni di “po­tere” e di “dovere” che avrebbero generato un impatto sulla determinazione del reddito della società scissa qualora non fosse avvenuta l’operazione straordinaria: tra le altre, citiamo il trasferimento di perdite fiscali, di interessi passivi riportabili o di eccedenze Ace (circolare 31/E/2022); ma vi sono anche ca­si più peculiari quali il diritto di fruire di un credito d’imposta collegato ad un progetto di investimento già avviato (risoluzione 22/E/2006) o la facoltà di procedere alla rivalutazione del valore di un immobile (risoluzione 91/E/2002).

Il filo comune che lega tutte queste fattispecie, oltre alla possibilità di essere trasferite ai sensi dell’articolo 173, comma 4, Tuir, è quello di non possedere una autonoma consistenza patri­moniale e di non avere, pertanto, alcuna evidenza nel bilancio della scissa (fatta salva l’eventuale iscri­zione di imposte anticipate, ove ricorrenti).

Diversamente, gli eventuali crediti (e debiti) per imposte dirette correnti sono elementi patrimoniali definiti: non sembrerebbe, pertanto, corretto equipararli sic et simplicter alla stregua delle altre “posi­zioni soggettive” appena elencate.

Inoltre, proprio perché trattasi di poste di bilancio, la scelta tra il mantenimento in capo alla scissa o la loro parziale o totale attribuzione alle società beneficiarie do­vrebbe essere concordata unicamente tra i soggetti partecipanti all’operazione e cristallizzata nel pro­getto di scissione da predisporre ai sensi dell’articolo 2506-bis cod. civ..

La norma del Tuir ha infatti valenza fiscale e, per questo motivo, oltre a regolare le tutele erariali e le responsabilità verso l’Erario delle società partecipanti, non dovrebbe interferire con la volontà (lecita) delle parti, le uniche titolate a decidere quali attività e passività trasferire (o non trasferire) nell’ambito di una scissione.

Peraltro, la scissione è, di norma, lo strumento utilizzato per attribuire a soggetti diffe­renti uno o più rami d’azienda dotati di una loro autonomia: vengono solitamente trasferiti insiemi or­ganizzati di immobilizzazioni, rimanenze, crediti, debiti e rapporti di lavoro dipendente specificamente afferenti all’attività ceduta.

Salvo rare eccezioni, un credito relativo alle imposte dirette, soprattutto se sorto a causa di eccessi di versamento in acconto, non viene attribuito ad uno specifico ramo d’azienda e non è insolito che, in caso di scissione parziale, la scissa intenda mantenerlo interamente nel suo pa­trimonio; inoltre, il già citato articolo 2506-bis cod. civ. prescrive che, se la destinazione di un elemento dell’attivo non è desumibile dal progetto di scissione e l’assegnazione del patrimonio della scissa è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente.

Non ultime, tutte le complicazioni di una simile soluzione, dovute al fatto che alla data di efficacia del­la scissione quel credito potrebbe essere già stato utilizzato e consumato dalla società scissa e quindi non essere neppure più esistente.

Infine, una doverosa riflessione riguarda le possibili conseguenze cui andrebbero incontro le società coinvolte nella scissione (e, in particolar modo, la scissa) qualora decidessero di non ripartire pro quota i crediti Ires e/o Irap.

Tale comportamento, legittimo dal punto di vista civilistico, potrebbe configura­re una violazione di carattere fiscale?

Manca una sanzione direttamente applicabile alla omessa appli­cazione (peraltro, configurabile in via del tutto interpretativa) delle previsioni di cui all’articolo 173, comma 4, Tuir, per cui non parrebbe irrogabile né la sanzione per dichiarazione infedele (per indi­cazione di un credito superiore a quello spettante, prevista dall’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 471/1997), né quella per (una futura) indebita compensazione (articolo 13, comma 3, D.Lgs. 471/1997).

Peraltro, vale la pena sottolineare che, all’eventuale maggior credito indicato in dichiara­zione o compensato dalla scissa, farebbe da contraltare un minor credito spettante alla beneficiaria: ciò, evidentemente, senza danno alcuno arrecato in capo all’Erario.

In conclusione, la posizione inter­pretativa emergente dalla risposta in commento ci pare che rischi di ingenerare incertezza e anche possibile contrasto tra la regola civilistica della scissione e l’interpretazione della normativa fiscale, senza obiettivamente individuare un beneficio concreto a livello di sistema e di tutela erariale.