22 Giugno 2023

Scissione mediante scorporo: prima analisi di Assonime su taluni aspetti fiscali

di Fabrizio RicciGianluca Cristofori
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Con la nuova scissione “mediante scorporo” di cui all’articolo 2506.1 cod. civ. – introdotto dall’articolo 51, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 19/2023 – “[…] una società assegna parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote, continuando la propria attività”.

Tale istituto, pertanto, si pone come alternativo rispetto ai conferimenti d’azienda, ovvero, come da più parti osservato, anche di singoli beni e/o diritti.

Quanto alle condizioni richieste dalla norma affinché l’operazione sia procedibile, occorre che la o le beneficiarie siano di nuova costituzione e che la scissione non sia totale, poiché la scissa deve assegnare “parte” del suo patrimonio “[…] continuando la propria attività.

Come osservato da Assonime, nella circolare n. 14 dell’11.05.2023, “La scissione mediante scorporo si configura, perciò, come un’operazione in cui non è previsto alcun concambio e per la quale non è necessario stimare né far emergere il valore corrente degli asset/passività trasferiti alla beneficiaria”.

All’assenza, per definizione, di un rapporto di cambio, consegue la possibilità di applicare talune semplificazioni procedurali riguardanti le informazioni contenute nel progetto di scissione e l’esonero dagli obblighi di predisposizione della situazione patrimoniale, della relazione degli amministratori e di quella degli esperti di cui, rispettivamente, agli articoli 2501-quater, 2501- quinquies e 2501-sexies cod. civ..

Ulteriore peculiarità della scissione “mediante scorporo”, rispetto alle altre forme di scissione, riguarda gli effetti patrimoniali della stessa; fermo restando, infatti, l’incremento patrimoniale della società beneficiaria, derivante dall’apporto degli elementi patrimoniali espunti dalla scissa, il patrimonio netto di quest’ultima non si riduce, in quanto – in contropartita all’attivo netto trasferito – la società dante causa riceve partecipazioni sociali.

Assonime, nella già citata circolare, ha condivisibilmente affermato che “La scissione mediante scorporo continua […] ad essere concepita come una operazione successoria, sicché la società beneficiaria subentra nella stessa posizione giuridica della scissa per quanto attiene agli elementi dell’attivo e del passivo trasferito. Va inoltre considerato che, mentre il conferimento in natura può, come è logico, essere effettuato anche nei confronti di società preesistenti e in cui siano presenti soci terzi, la scissione mediante scorporo ha un ambito di applicazione più limitato perché è ammessa nei soli casi di trasferimento di quote del patrimonio della società scissa in favore di una o più società di nuova costituzione possedute dalla stessa società scissa. La scissione mediante scorporo si configura, perciò, come un’operazione in cui non è previsto alcun concambio e per la quale non è necessario stimare né far emergere il valore corrente degli asset/passività trasferiti alla beneficiaria. In considerazione di ciò, nella normalità dei casi, la scissione mediante scorporo si realizza senza far emergere i plusvalori relativi ai beni attribuiti alla beneficiaria e in regime di continuità contabile. Un’eccezione è rappresentata dal caso in cui venga scorporato un patrimonio netto contabile negativo che, però, valorizzando gli asset netti trasferiti al loro valore corrente, ha un saldo positivo. In questo caso la beneficiaria della scissione si trova ad iscrivere gli asset ad un valore superiore rispetto a quello già contabilizzato presso la scissa”.

Quanto agli aspetti fiscali, in linea generale, all’operazione di scissione “mediante scorporo” dovrebbe rendersi applicabile il principio di neutralità contenuto nell’articolo 173 Tuir.

Ciononostante, considerate le descritte peculiarità dell’operazione in rassegna, alcune conseguenze fiscali risultano dubbie; tra queste, per esempio, il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione nella beneficiaria, ottenuta dalla scissa in esito all’operazione.

In linea generale, nelle operazioni di scissione, il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni viene ripartito sulla base della quota di patrimonio trasferito, valorizzato sulla base del relativo valore corrente (Cfr. risoluzione 52/E/2015).

A tal riguardo, Assonime ha osservato che l’applicazione di tale criterio in ipotesi di scissione mediante scorporo non appare tuttavia convincente, considerato che, in tal caso, “[…] non vi è alcuna ripartizione di un valore fiscale preesistente ma solo una sostituzione tra beni di primo grado (gli asset trasferiti alla beneficiaria) e i beni di secondo grado (le partecipazioni)”.

Assonime propende, quindi, per attribuire alla scissione mediante scorporo effetti, a questi fini, analoghi a quelli che conseguono ai conferimenti d’azienda in regime bi-sospensivo ex-articolo 176 Tuir, con un meccanismo di sostanziale “sostituzione” delle posizioni fiscali tra beni di primo e secondo grado.

Viene, infatti, affermato che, “[…] poiché le partecipazioni attribuite alla beneficiaria rappresentano i medesimi asset netti trasferiti che hanno già un proprio valore fiscalmente riconosciuto, la soluzione che appare più aderente alla neutralità fiscale dell’operazione è quella secondo cui:

a) da un lato, i beni di primo grado attribuiti alla società beneficiaria debbano conservare i valori fiscali preesistenti già presenti presso la società scissa, così come accade in ogni altra operazione di scissione;

b) dall’altro lato, le partecipazioni che vengono assegnate alla scissa in sostituzione dei beni di primo grado debbano condividere i medesimi valori fiscali dei beni di primo grado da cui promanano”.

Nella circolare, Assonime vaglia anche una “terza via”, rappresentata dall’attribuzione alle partecipazioni nella società beneficiaria di un valore fiscalmente riconosciuto pari a zero; tuttavia, “[…] una soluzione del genere verrebbe a negare il collegamento genetico tra beni di primo grado e beni di secondo grado e, più di ogni altra cosa, finirebbe per creare i presupposti per una futura doppia tassazione della stessa società scissa in sede di cessione o liquidazione della beneficiaria che striderebbe con il principio di neutralità”.

Quest’ultima soluzione appare, in effetti, anche a chi scrive, difficilmente conciliabile con il principio di neutralità che governa, in linea generale, le operazioni di scissione.

Su questo punto (e non solo, basti pensare, per esempio, anche alle questioni connesse alla “stagionatura” fiscale delle partecipazioni ricevute e alla relativa classificazione in bilancio, ai fini dell’eventuale successiva applicazione del regime della cd. participation exemption) sarebbe tuttavia importante che si pronunciasse anche l’Amministrazione finanziaria con apposita circolare, al fine di fornire adeguate certezze agli operatori, nel frattempo altrimenti “costretti” a ricorrere ad istanze d’interpello con riguardo alle questioni interpretative, allo stato non risolvibili in modo certo, oltre che anti-abuso, in particolare in ipotesi di scissione “mediante scorporo” di compendi patrimoniali non rappresentati da aziende o rami d’azienda.