8 Aprile 2024

Rilevanza fiscale dei “bonus edilizi” nella determinazione del reddito d’impresa

di Fabrizio RicciGianluca Cristofori
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La scheda di FISCOPRATICO

Il trattamento fiscale dei cd. “bonus edilizi” in capo alle imprese committenti di interventi agevolabili risulta, ancor oggi, incerto. A tal riguardo, infatti, nonostante il diffuso interesse, l’Amministrazione finanziaria non ha ancora fornito chiarimenti ufficiali, perlomeno in documenti di prassi pubblicamente consultabili.

Sotto il profilo contabile, invece, il relativo trattamento è stato oggetto di chiarimenti da parte dell’OIC, con la Comunicazione del 3.8.2021; peraltro stimolata proprio da una richiesta di parere da parte dell’Agenzia delle entrate. In tale documento, l’OIC qualifica il “bonus edilizio” – sul piano contabile e della rappresentazione in bilancio – alla stregua di un “contributo”, avente come contropartita patrimoniale un vero e proprio credito, senza, quindi, tenere in considerazione che, trattandosi sostanzialmente di una “detrazione d’imposta”, la relativa “esigibilità” (tanto per il committente/beneficiario, quanto per il fornitore che avesse concesso il cd. “sconto in fattura”) rimane condizionata alla “capienza” dell’imposta lorda dovuta con riguardo al periodo d’imposta, in cui il beneficio risulta astrattamente fruibile.

Sul piano contabile e della rappresentazione in bilancio, tale qualificazione comporta, nei casi in cui gli interventi fossero eseguiti su un bene classificato fra le immobilizzazioni materiali, due alternative modalità di contabilizzazione (paragrafo 88 del Principio Contabile OIC 16):

  • il metodo cd. “indiretto”, che si concretizza nell’iscrizione di un risconto passivo, da riversare a conto economico nella voce “A5) Altri ricavi e proventi” con la medesima scansione temporale dell’ammortamento;
  • il metodo cd. “diretto”, che prevede l’imputazione del contributo a deconto del costo dell’investimento, determinando una conseguente riduzione delle quote di ammortamento da imputare a conto economico.

Ove, invece, gli interventi fossero eseguiti su beni “merce”, l’ammontare del contributo determinerebbe la rilevazione di un minor costo attribuibile alla relativa giacenza di magazzino.

Occorre, tuttavia, osservare che, secondo taluni commentatori, il beneficio in rassegna, in quanto concesso sotto forma di detrazione d’imposta, sarebbe, invece, da allocare a deconto delle imposte correnti, nella voce 20 del conto economico, secondo una prassi contabile prevalente prima della succitata Comunicazione dell’OIC. Coerentemente si era peraltro espressa, anche dal punto di vista fiscale, prima della predetta Comunicazione dell’OIC, anche la DRE del Piemonte, nella risposta all’istanza d’interpello n. 901-445/2020, affermando che “… la detrazione non rappresenta né un contributo né un credito d’imposta. Si tratta di uno strumento tecnico di cui dispone il legislatore per conseguire differenti finalità, quali ad esempio dare attuazione al principio della progressività dell’imposta o quale strumento di politica economica per orientare gli investimenti. La finalità è proprio quella di ridurre il carico fiscale, pertanto non può concorrere alla formazione della base imponibile”.

Sotto il profilo fiscale, soprattutto a seguito della Comunicazione dell’OIC, sono però sorti diversi dubbi, in quanto, secondo il generale principio “di derivazione”, previsto dall’articolo 83 Tuir, ai fini della determinazione del reddito d’impresa si possono/debbono apportare al risultato di esercizio le sole variazioni previste dagli articoli successivi del Tuir o da altre disposizioni di legge. Nell’ambito dei cd. “bonus edilizi”, tuttavia, non vi è alcuna norma che ne sancisca espressamente l’irrilevanza ai fini della determinazione della base imponibile (come, diversamente, previsto, per esempio, per il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi o per l’attività di ricerca e sviluppo), di talché l’impresa non avrebbe titolo di operare una variazione in diminuzione per “neutralizzare” il contributo transitato a conto economico (quale riversamento “di periodo” del risconto passivo pluriennale, in caso di utilizzo del metodo cd. “indiretto”) o per incrementare la quota di ammortamento fiscalmente ammessa in deduzione (in caso di utilizzo del metodo cd. “diretto”).

A conferma dell’attualità del tema, sotto il profilo fiscale, la questione è stata affrontata, di recente, dall’AIDC, la quale, nella norma di comportamento n. 224/2024, ha concluso che “Le detrazioni d’imposta concesse all’impresa che sostiene spese per interventi di ristrutturazione, efficientamento energetico e ammodernamento di beni immobili sono escluse dalla base imponibile delle imposte dirette”. A parere dell’AIDC, “La classificazione e qualificazione contabile del beneficio fiscale de quo, così come indicata dall’OIC, non ne muta, tuttavia, la natura tributaria di “detrazione d’imposta” collegata al sostenimento di specifici oneri alla cui incentivazione la stessa è preordinata; ne è un esempio il fatto che, diversamente dai crediti tributari veri e propri, la “detrazione d’imposta” maturata e conservata in proprio dall’impresa committente delle opere potrà essere fruita in ciascun periodo d’imposta, solo se, e nella misura in cui, l’imposta sul reddito (IRES) lorda risulterà di ammontare sufficientemente capiente. […] Concretizzandosi in una riduzione dell’imposta alla quale afferisce, la “detrazione d’imposta” ha la stessa natura dell’imposta che viene ridotta. Da ciò deriva, linearmente, l’irrilevanza fiscale della detrazione rispetto alla determinazione della stessa imposta (i.e. detrazione IRES correlata alla determinazione della base imponibile IRES). Trattandosi di una rettifica di un’imposta indeducibile ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell’articolo 99 del Tuir, tale importo non è imponibile ai fini delle imposte sui redditi ab origine, qualunque sia l’utilizzo che ne sia fatto successivamente. Né l’attrazione nel campo di applicazione delle imposte di una posta fiscalmente irrilevante può essere conseguenza della sua qualificazione e classificazione sul piano contabile”.

Secondo questa soluzione interpretativa:

  • in caso di contabilizzazione con il metodo cd. “indiretto”, il valore contabile lordo del bene sarebbe pari al suo valore fiscale e l’impresa opererebbe, in ciascun periodo d’imposta, una variazione in diminuzione in misura pari al riversamento del risconto passivo pluriennale di competenza dell’esercizio;
  • in caso di contabilizzazione con il metodo cd. “diretto”, si registrerebbe, invece, un disallineamento (da monitorare nel quadro RV del Modello Redditi) tra il valore contabile “netto” del bene e quello fiscale (più elevato), così che l’impresa dovrebbe operare, in ciascun periodo d’imposta, una variazione in diminuzione a integrazione dell’ammortamento fiscale;
  • in caso di bene “merce”, infine, il valore fiscale del bene divergerebbe (in aumento) dal valore contabile, per un ammontare corrispondente alla “detrazione d’imposta” che determina la rilevazione di un minor costo attribuibile alla relativa giacenza di magazzino. All’atto della dismissione del bene, l’impresa effettuerebbe, quindi, una corrispondente variazione in diminuzione.

A riprova dell’attualità del tema, è intervenuto, infine, anche il Think tank di STS Deloitte, con il “Caso n. 1/2024”, nel quale – giungendo a opposte conclusioni – viene sostenuto che, in assenza di una norma che escluda espressamente da imposizione tali “bonus”, dovrebbe trovare applicazione il generale principio di derivazione previsto dall’articolo 83, Tuir, con la conseguenza che le detrazioni fiscali per “bonus edilizi” concorrerebbero alla formazione del reddito imponibile. In altre parole, viene condivisa la tesi secondo cui, anche volendo superare l’argomentazione connessa all’assenza di una norma che preveda espressamente la detassazione del contributo e accogliendo quella secondo la quale tale norma non sarebbe necessaria, in quanto la natura di detrazione fiscale (da una imposta indeducibile) rende ultronea tale previsione, troverebbe, comunque, ineludibile applicazione il generale principio di derivazione di cui all’articolo 83 Tuir, con conseguente rilevanza fiscale dei “bonus” in commento. In senso conforme, si sarebbe espressa di recente anche la Direzione Regionale del Piemonte dell’Agenzia delle entrate, con la risposta a istanza d’interpello n.901-668/2023, secondo la quale, rivedendo la propria posizione del 2020, “… in considerazione delle caratteristiche di dette agevolazioni (cd. sismabonus ed ecobonus) si è in presenza di sovvenzioni che ai sensi dell’art. 83 del TUIR assumono rilevanza ai fini fiscali quale contributo statale in mancanza di una norma espressa – assente per i bonus in argomento – che permetta di detassare il componente positivo imputato a conto economico dalla società istante nella voce A5) altri ricavi e proventi”.

Vista, quindi, l’evidente situazione d’incertezza, conclamata da una prassi amministrativa ondivaga (e non pubblica), oltre che dalle opposte conclusioni a cui sono giunti autorevoli commentatori, sarebbe oltremodo opportuno che l’Amministrazione finanziaria centrale fornisse al più presto chiarimenti in un documento di prassi pubblicamente fruibile, vista la sua rilevanza, vuoi per gli importi in gioco, vuoi per il gran numero di contribuenti interessati.