5 Settembre 2016

Le altre responsabilità di chi gestisce un centro sportivo – I parte

di Guido Martinelli
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La gestione di un centro sportivo o, sotto un profilo analogo, di un centro dove viene svolta attività culturale, presenta, per i dirigenti delle associazioni che ne conducono le attività, oltre a rischi legati all’equivoca disciplina fiscale applicabile, anche responsabilità di altra natura.

Fra quelle poco considerate vi è quella per le cose in custodia.

La norma da prendere in esame è quella di cui all’articolo 1786 cod. civ. che estende agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni e simili la responsabilità dell’albergatore per le cose consegnate e portate in albergo (articoli 1783 e seguenti cod. civ.).

Il primo problema da affrontare è quello di chiarire se tra gli esercizi “simili”, a cui fa riferimento l’articolo 1786 cod. civ., possano rientrare anche i circoli sportivi o culturali.

A tal fine è necessario individuare l’elemento che accomuna le varie attività previste dalla norma consistente nell’impossibilità in cui viene a trovarsi chi frequenta la struttura di provvedere direttamente, durante la permanenza nei locali, alla custodia degli oggetti personali.

Pertanto, secondo ricorrenti massime giurisprudenziali, l’elencazione di cui all’articolo 1786 cod. civ.  deve ritenersi ampliata “fino a considerarvi compresa, in genere, ogni attività di natura tale da implicare, avuto riguardo all’uso, la necessità di liberare il cliente dalla cura di custodire direttamente le cose che porta con sé, al fine di agevolare il godimento del servizio”.

Seguendo tale interpretazione la giurisprudenza annovera nell’ambito degli imprenditori assimilati ai sensi dell’articolo 1786 cod. civ., anche coloro che esercitano, sotto forma di impresa, attività di palestra, piscina, e circoli sportivi.

Bisogna, tuttavia, segnalare che appare quanto meno dubbia la possibilità di estendere la responsabilità in esame pure alle strutture gestite da associazioni non lucrative che non svolgono attività commerciale; infatti, sebbene si rinvenga in giurisprudenza qualche pronuncia favorevole, va notato che la dottrina dominante esclude una simile possibilità, data la palese incompatibilità di dette organizzazioni (avulse da ogni finalità lucrativa, sia pure indiretta) con il carattere di imprenditorialità richiesto dalla norma in commento.

Precisato l’ambito soggettivo di applicabilità dell’articolo 1786 cod. civ., passiamo ad analizzare il campo d’applicazione oggettivo. La L. 316/1978 ha completamente modificato gli articoli 1783 e seguenti che regolano la materia.

Le disposizioni del codice civile distinguono tra cose affidate in custodia all’albergatore e quelle portate nei locali ma non consegnate al gestore. Nel primo caso l’albergatore (o l’imprenditore ad esso assimilato) salvo che ricorra un’ipotesi di forza maggiore, risponderà illimitatamente della perdita della cosa; nel secondo  caso la responsabilità dell’imprenditore non potrà superare al massimo l’equivalente di cento volte il prezzo della locazione dell’alloggio per giornata. In quest’ultima ipotesi il soggetto leso dovrà provare la sua qualità di cliente, il deterioramento o la distruzione della cosa con il conseguente danno ed infine l’introduzione della cosa nei locali dell’impresa.

Nel caso in cui si tratti di un’attività svolta in locali dove non è previsto alloggio, quali appunto gli impianti sportivi o culturali, si dovrà chiaramente utilizzare un parametro diverso. Avendo la legge stabilito una relazione proporzionale fra il limite della responsabilità e il valore del servizio reso, dovrà rendersi come parametro il prezzo della prestazione ricevuta nell’esercizio quale, per esempio il costo dell’accesso alla piscina o alla palestra o alla manifestazione culturale e simili.

La giurisprudenza ha poi precisato (Cassazione n. 8268/1987) che la responsabilità degli imprenditori assimilati agli albergatori ex articolo 1786 cod. civ. non dovrà estendersi a qualsiasi oggetto “venga portato” all’interno del locale e che successivamente venga smarrito, sottratto o deteriorato, ma riguarda solo quelle cose delle quali il cliente è costretto a liberarsi per poter godere di un servizio, restando invece sotto la sua diretta vigilanza, e quindi responsabilità, quelle cose di cui non si è dovuto liberare in quanto non rappresentano un intralcio per il godimento della prestazione.

Infatti non si possono estendere automaticamente tutti i principi del deposito in albergo perché in quest’ultima struttura il cliente dispone di una camera riservata in cui può lasciare tutte le cose di cui, di volta in volta, non necessita, mentre nella maggior parte degli esercizi assimilati si ferma solo il tempo strettamente necessario per utilizzare il servizio senza disporre di un ambiente esclusivo, ma solo di locali comuni ad altri.

Occorre precisare che le clausole di esonero della responsabilità suddetta, che spesso vengono esposte all’interno degli spogliatoi dei centri sportivi o culturali, non hanno alcun rilievo.

Soltanto con l’espressa sottoscrizione da parte del cliente di una clausola di esonero di responsabilità, sarà quindi possibile per l’imprenditore escludere la sua responsabilità per le cose in custodia.

L’albergatore o esercente attività d’impresa in genere, potrà sottrarsi alle responsabilità qualora dimostri, che il deterioramento, la distruzione, la sottrazione sono imputabili, al cliente, alle persone che l’accompagnano e che sono al suo servizio, a forza maggiore, o ancora alla natura delle cose (articolo 1785 cod. civ.).

 

 

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