3 Febbraio 2016

La gestione di un posto di ristoro nell’impianto sportivo – I parte

di Guido Martinelli
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Una delle problematiche che maggiormente coinvolgono i gestori di centri sportivi e palestre è quella relativa agli adempimenti amministrativi legati alla gestione del bar e/o ristorante all’interno dei propri locali. Il punto di partenza è dato sicuramente dalla autorizzazione comunale per lo svolgimento dell’attività. La legge di riferimento rimane la n. 287 del 25/8/91 che disciplina la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Con tale termine si intende la vendita per il consumo sul posto che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una semplice area, aperta al pubblico, adeguatamente attrezzata.

Il DPR n. 235/2001 ha semplificato notevolmente l’iter per i centri sportivi che intendessero svolgere tale attività. È, infatti, sufficiente inviare una comunicazione di inizio attività al Comune nel cui territorio è situato l’esercizio ai sensi dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che la inoltra per conoscenza alla competente Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il parere necessario all’eventuale rilascio dell’autorizzazione di idoneità sanitaria. Tale semplificazione amministrativa è, però, subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:

  • svolgimento delle prestazioni esclusivamente nei confronti dei propri soci;
  • conformità dello statuto alle previsioni di cui all’art. 148 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito (TUIR), che in gran parte (ma non del tutto) ricalcano i requisiti statutari obbligatori per l’ottenimento del riconoscimento sportivo rilasciato dalle Federazioni o Ente di Promozione cui si richiede l’affiliazione;
  • affiliazione ad un ente riconosciuto con atto del Ministero dell’Interno, ai sensi dell’art. 3, comma 6, lett. e) della L. 287/1991 già citata (ad es. en Ente di Promozione Sportiva).

In tale denuncia il legale rappresentate dell’associazione denunciante dovrà, dunque, dichiarare:

  • l’ente nazionale con finalità assistenziali alle quali aderisce;
  • il tipo di attività di somministrazione svolta;
  • l’ubicazione e la superficie dei locali adibiti alla somministrazione;
  • l’adeguamento del proprio statuto ai principi di cui all’art. 148 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito (TUIR);
  • che il locale ove è esercitata la somministrazione sia conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell’Interno.

Alla denuncia andrà allegata copia in carta semplice dello statuto. La vera novità del provvedimento è offerta, però, dalla possibilità, concessa alle associazioni sportive non aderenti alle organizzazioni riconosciute dal Ministero dell’Interno, di entrare in possesso dell’autorizzazione per la somministrazione. Per costoro, contrariamente alla semplice denuncia di inizio attività prevista nel caso precedente, sarà necessario presentare al Comune territorialmente competente una vera e propria domanda di autorizzazione. Nella domanda il legale rappresentante dovrà dichiarare:

  • il tipo di attività di somministrazione svolta;
  • l’ubicazione e la superficie del locale adibito alla somministrazione;
  • che l’associazione ha le caratteristiche di ente non commerciale ai sensi dell’art. 148 TUIR;
  • che il locale ove è esercitata la somministrazione sia conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria ed ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell’Interno.

Alla denuncia andrà allegata copia in carta semplice dello statuto. Il Comune, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, verifica che lo statuto dell’associazione preveda modalità volte a garantire l’effettività del rapporto associativo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa, nonché lo svolgimento effettivo dell’attività istituzionale.

In materia di autorizzazione per l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande in circoli riservati solo ai soci occorre fare una ulteriore importante riflessione. Il Decreto legislativo 460/1997, dopo un’altalenante posizione ministeriale in merito, ha chiarito, modificando l’art. 111 (ora art. 148) del TUIR, che la somministrazione di cibi e bevande ai propri associati gode della irrilevanza fiscale sia ai fini Iva che ai fini delle imposte sui redditi nel solo ed unico caso in cui l’ente gestore dell’attività sia affiliato ad uno degli enti ricreativi a carattere nazionale tramite i quali risulta possibile ottenere l’autorizzazione amministrativa e che l’attività sia svolta in favore dei propri associati presso la sede ove sono svolte le attività istituzionali. In tutti gli altri casi detta attività produce sempre un provento che rientra tra i componenti positivi del reddito d’impresa ed è soggetto ad Iva.