31 Luglio 2015

Regime speciale Iva in agricoltura: il requisito soggettivo

di Luigi Scappini
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Il Governo ha nuovamente confermato che a breve arriverà il taglio, o per meglio dire la razionalizzazione, delle anglofone tax expenditures, spese sostenute da parte dello Stato, sotto forma di agevolazioni, per supportare determinati settori o categorie di cittadini.

Uno dei settori interessati è sicuramente quello dell’agricoltura che, tuttavia, negli ultimi tempi sta perdendo sempre più quei privilegi una volta riconosciuti.

In passato, rientrava tra queste agevolazioni anche il regime speciale Iva previsto, in ossequio alla Direttiva comunitaria, per il comparto agricolo. Di fatto, si veniva a determinare una vera e propria rendita fiscale per mezzo del particolare regime previsto.

Come detto, l’applicazione di un regime speciale, e quindi differente rispetto a quello ordinario, per determinati settori economici è una facoltà che viene riconosciuta ai singoli Stati da parte dell’Unione europea, facoltà che soggiace alla rilevanza socio economica del comparto e a motivi di razionalizzazione, nonché semplificazione.

Per quanto concerne l’agricoltura, le ragioni vanno individuate da un lato nel cercare di tutelare un comparto debole rispetto a terziario e industriale e dall’altro nell’attenuare e semplificare, in ragione proprio delle caratteristiche dei soggetti coinvolti, gli adempimenti burocratici e amministrativi ordinariamente previsti.

In ragione di queste esigenze, il Legislatore nazionale, attuando la previsione di cui all’attuale articolo 296 della Direttiva 2006/112/CE ha delineato un regime speciale Iva, o per meglio direi un regime speciale di detrazione dell’Iva, per il comparto agricolo delineato dagli articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633/1973.

Ancor prima di analizzare le caratteristiche del regime previsto dall’articolo 34 richiamato, è doveroso evidenziare che tale disciplina rappresenta, in caso di rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla norma stessa, il regime naturale, salvo opzione, ai sensi del comma 11 del medesimo articolo per il regime ordinario.

Da un punto di vista soggettivo, a differenza di quanto previsto per le imposte dirette, non vi sono limitazioni particolari in quanto il comma 1 fa un generico richiamo ai “produttori agricoli”, individuati compiutamente al successivo comma 2 nei seguenti:

  1. soggetti esercenti le attività di cui all’articolo 2135 codice civile;
  2. soggetti che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane;
  3. organismi agricoli di intervento;
  4. cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2 D.Lgs. n. 228/2001;
  5. associazioni e loro unioni costituite che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, nonché gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori soci.

Ne deriva che, da un punto di vista Iva, fermo restando il rispetto del requisito oggettivo, applicano il regime speciale ex articolo 34 DPR n. 633/1972 coloro che di fatto esercitano un’attività agricola da un punto di vista civilistico e quindi, alternativamente un’attività di:

  • coltivazione della terra;
  • selvicoltura;
  • allevamento di animali;
  • coltivazione di vegetali e
  • attività connesse.

Ne deriva che, se da un punto di vista delle imposte dirette una Spa o una Sapa, per espressa previsione normativa, non può accedere alla determinazione del reddito, che si ricorda rimane sempre un reddito di impresa, secondo le regole catastali dettate dall’articolo 32 Tuir, per quanto concerne il regime applicabile alle cessione dei beni prodotti, sarà sempre possibile che essa determini l’Iva applicando il particolare regime di detrazione forfettaria perché, è bene ricordarlo, a decorre dal 1997, il regime speciale Iva si sostanzia in un regime speciale di detrazione dell’imposta assolta. In passato, l’imposta veniva applicata con percentuali di compensazione ridotte rispetto all’aliquota normale, che servivano a compensare l’Iva che aveva gravato sugli acquisti effettuati dal produttore agricolo e che si presumeva pari a quella applicata sulle vendite.

Al contrario, adesso, il regime speciale agricolo è un regime speciale di detrazione e non anche un regime speciale di applicazione del tributo.

In altri termini, se, salvo casi particolari e ben individuati dall’articolo 34 DPR n. 633/1972, in sede di cessione si applicano, per determinare l’Iva le aliquote edittali, è al momento della determinazione dell’Iva assolta da portare in detrazione che il produttore agricolo dovrà procedere a un’astrazione, determinandola applicando alla base imponibile della cessione un’aliquota forfettaria.

Ipotizziamo di avere un imprenditore agricolo che procede alla cessione di bovini per un totale di 10mila euro. L’aliquota Iva dei bovini è pari al 10% con la conseguenza che si verrà a generare in capo all’allevatore un Iva a debito per 1.000 euro.

In sede di liquidazione dell’imposta, per determinare l’Iva realmente dovuta, non dovrà portare in detrazione quella realmente assolta sugli acquisti, ma determinerà l’importo applicando alla base imponibile della cessione l’aliquota compensativa prevista da ultimo dal D.M. 23 dicembre 2005. Le percentuali forfettarie, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 298 della Direttiva 2006/112/CE, sono determinate in base ai dati macroeconomici relativi ai soli agricoltori forfettari degli ultimi 3 anni.

Tornando al nostro esempio, l’aliquota è pari al 7%, conseguentemente l’Iva ammessa in detrazione ammonterà a 700 euro.

È di tutta evidenza come, tanto più alto è il delta tra aliquota edittale e aliquota forfettaria, tanto meno conveniente è, in prima approssimazione, applicare il regime speciale ex articolo 34 DPR n. 633/1972.

Da ultimo si ricorda come l’articolo 299 della Direttiva comunitaria preveda che le percentuali forfettarie di compensazione non possono mai determinare l’effetto di procurare al complesso degli agricoltori forfettari rimborsi superiori agli oneri dell’Iva a monte.