13 Maggio 2024

Il coinvolgimento della stabile organizzazione nelle cessioni di beni

di Roberto Curcu
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

In un precedente contributo abbiamo analizzato il concetto di “stabile organizzazione” ai fini Iva, ed il ruolo della stessa nel modificare il luogo di tassazione delle prestazioni di servizi generiche; infatti, posto che il luogo di tassazione di tali operazioni è individuato in quello di stabilimento di prestatore o committente (a seconda che siano B2C o B2B), un soggetto si considera stabilito nel luogo in cui ha la stabile organizzazione, se questa può definirsi come il soggetto che ha prestato il servizio o lo ha ricevuto. Per valutare ciò, il Regolamento 282/2011, dedica una sezione del capo quinto a fornire chiarimenti in ordine al luogo di tassazione delle prestazioni di servizi e, in particolare, al luogo di stabilimento di prestatore e committente, ragionando sul concetto di “coinvolgimento” della stabile organizzazione.

Nel precedente contributo abbiamo illustrato che – come emerge da documento del Vat expert group – in diversi Stati dell’Unione Europea vi è molta confusione tra concetti di stabile organizzazione ai fini delle imposte dirette ed ai fini Iva, e che tale confusione porta talvolta a contestazioni riguardanti situazioni dove lo Stato membro non ha subito perdite di gettito; queste situazioni non sono quelle inerenti l’esecuzione di prestazioni di servizi, ma quelle connesse agli scambi di beni, e – aggiunge il sottoscritto – sulla cosa pare che emerga una ulteriore confusione nelle interpretazioni di coloro che – per valutare i meccanismi Iva connessi alle cessioni di beni – vogliono applicare concetti scritti per le prestazioni di servizi.

Tale confusione emerge in modo palese – ad esempio – dal working paper della Commissione europea n. 791/2014 dove il Governo italiano chiede se il concetto di stabile organizzazione individuato dall’articolo 11 del Regolamento 282/2011 possa essere utilizzato per le cessioni di beni; la risposta della Commissione è secca, in quanto viene chiarito che, con l’eccezione delle cessioni di gas ed elettricità, il concetto di stabile organizzazione nelle cessioni di beni è completamente irrilevante, in quanto è necessario guardare la locazione geografica dei beni, e questo è il motivo per cui nel Regolamento 282/2011 è espressamente stabilito che i concetti legati alla stabile organizzazione del capo quinto sono legati solo alle prestazioni di servizi.

Per stressare sul fatto che il luogo di tassazione delle cessioni di beni debba essere legato a quello in cui si trovano i beni, e non al soggetto venditore, possiamo, ad esempio, ricordare il caso Kreuzmeier, nel quale un soggetto tedesco (DE) vendeva ad un austriaco (AT1), il quale vendeva a Kreuzmeier (AT2) ed era la Kreuzmeier che andava in Germania a ritirare la merce. In tale sentenza, è emerso che, poiché nella vendita da AT1 ad AT2 la merce si trovava ancora in Germania, AT1 non poteva addebitare Iva austriaca ad AT2, ma doveva identificarsi in Germania e con l’identificativo tedesco effettuare una cessione comunitaria dalla Germania all’Austria. In sostanza, una volta individuato il luogo di effettuazione dell’operazione (una cessione intracomunitaria) nel luogo in cui si trovano i beni in partenza (Germania), il venditore deve utilizzare un identificativo di tale Stato per tale operazione, indipendentemente dal fatto che abbia una sede o una stabile organizzazione in quel Paese.

Sul punto è, quindi, evidente, ad esempio, che se un soggetto italiano cede ad altro italiano merce che si trova in altro Stato UE, il cedente dovrà avere un numero di identificazione del Paese di partenza della merce, ed effettuare da tale Stato una cessione comunitaria; l’acquirente finale farà un acquisto intracomunitario dall’identificativo estero, indipendentemente dal fatto che il proprio fornitore sia stabilito in Italia.

Appare, quindi, ancora più evidente che, se un soggetto estero, con stabile organizzazione in Italia, cede beni ad un italiano, il “coinvolgimento della stabile organizzazione”, concetto previsto peraltro ai soli fin Iva, non c’entra nulla, per qualificare l’operazione ai fini Iva; si dovrà solo capire – invece – se al momento della cessione i beni sono già in Italia, poiché in tale caso ci sarebbe un acquisto intracomunitario assimilato del soggetto estero, seguito da una successiva cessione nazionale. Si badi bene che l’acquisto intracomunitario assimilato da parte del soggetto estero è una operazione che si realizza indipendentemente dal fatto che esso abbia una stabile organizzazione (nel caso deve identificarsi) e si realizza quando il soggetto estero porta in Italia beni per esigenze della sua impresa. La differenza (tra essere identificati o avere la stabile organizzazione) è che nel secondo caso la cessione nazionale è soggetta ad IVA con metodo ordinario, mentre nel primo trova applicazione il reverse charge, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972.

Molta confusione sugli scambi di beni è stata generata dalle risposte ad Interpello n. 57/2023 e n. 374/2023, nel contesto delle quali si ha un soggetto estero con stabile organizzazione in Italia che cede merce ad un cliente finale italiano. In tali risposte, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che si debba effettuare:

  • una prima operazione, costituita da una cessione ed un acquisto comunitario tra la “sede” estera e la stabile organizzazione italiana, ed;
  • una seconda operazione costituita, da una cessione nazionale, dove la stabile organizzazione italiana addebita l’Iva al cliente finale.

Le risposte a tali interpelli non convincono, ed appare anche abbastanza strano che l’Agenzia delle entrate giunga a conclusioni diverse da quelle che il Governo italiano dichiarava di applicare nel WP 857, con il quale chiedeva lumi alla Commissione Europea sul proprio comportamento. In tale sede, infatti, il Governo italiano dichiarava che il “coinvolgimento” della stabile organizzazione (la quale dovrebbe effettuare l’acquisto comunitario e la successiva cessione nazionale con Iva) vi sarebbe solo se i beni fossero trasferiti dallo Stato membro di partenza al magazzino della stabile organizzazione, dove tali beni sono, quindi, fisicamente disponibili per la stabile organizzazione prima dell’invio al cliente finale. Si doveva essere in presenza di una vendita diretta dalla “sede estera” al cliente finale, senza quindi il “coinvolgimento” della stabile organizzazione, quando i beni sono trasferiti direttamente dall’estero al cliente finale, anche nel caso in cui la stabile organizzazione intervenga con le proprie risorse umane e tecniche in alcune fasi dell’operazione, ad esempio stipulando il contratto con il cliente.

In sostanza, anche per il Ministero delle Finanze è necessario effettivamente capire che operazione avviene quando la merce parte dallo Stato estero: se si effettua una cessione al cliente finale, cioè la merce è già destinata allo stesso, il ruolo della stabile organizzazione in Italia è completamente irrilevante, e quindi vi sarà uno scambio comunitario tra sede estera e cliente finale; se, invece, nel momento di partenza della merce non è individuabile il concetto di cessione al cliente finale (quindi una operazione nella quale viene trasferito a tale soggetto il diritto di disporre dei beni), l’operazione si configurerà come un “invio a se stessi” che prevede quindi l’effettuazione di un acquisto intracomunitario da parte della stabile organizzazione in Italia. In questo caso, evidentemente, la cessione di beni avviene in un secondo momento, quando la merce è già in Italia, e conseguentemente la stabile organizzazione dovrà fatturare con Iva al cliente finale.