2 Marzo 2015

Personale all’estero e casi di doppia contribuzione previdenziale

di Nicola Fasano
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Uno degli aspetti spesso
trascurati dalle aziende che inviano personale all’estero è quello previdenziale, soprattutto in ipotesi di assegnazione del dipendente in
Paesi extracomunitari non convenzionati in materia di sicurezza sociale con l’Italia, laddove scatta l’obbligo di
doppia contribuzione del lavoratore sia in Italia che nel Paese estero.
Principio generale in ambito
previdenziale internazionale è quello per cui
i contributi si pagano nel Paese ove viene svolta l’attività (c.d. “
lex loci laboris”). Vi sono però talune
deroghe volte ad agevolare la mobilità geografica dei lavoratori, le cui principali sono rappresentate dal distacco in ambito comunitario, o dal distacco in Paesi extracomunitari, previdenzialmente convenzionati con l’Italia.
Per quanto riguardo il
distacco comunitario, disciplinato in particolare dal Regolamento CE n. 883/2004 e relativi provvedimenti attuativi, si deve osservare che l’ambito di applicazione è piuttosto
ampio perché oltre a comprendere i distacchi in
Paesi UE coinvolge, in forza di specifici accordi internazionali, anche i distacchi in
Paesi dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e
Svizzera.
La durata del distacco può essere di massimo
24 mesi prorogabili fino a un
massimo di cinque anni. Per tutta la durata del distacco, pertanto, il lavoratore è soggetto al
solo regime previdenziale
di origine, nel nostro caso quello italiano, previa
richiesta all’Inps dell’apposito modello “A1”.
Fuori dall’ambito comunitario “allargato”, come sopra individuato, le cose si iniziano a
complicare. In ipotesi di
distacco extracomunitario, infatti, si deve verificare in primo luogo l’esistenza di una
convenzione in materia di sicurezza sociale fra Italia e Paese estero, grazie alla quale il lavoratore possa
continuare a contribuire solo in Italia e non anche all’estero. In presenza di tale accordo, l’ulteriore passaggio è quello di controllare se la convenzione copra
tutti i contributi (IVS, malattia ecc.)
o solo i principali (IVS) lasciando che per i
contributi “minori” sussista comunque una doppia contribuzione.
La situazione peggiore, tuttavia, si verifica in caso di
distacco in Paese extracomunitario non convenzionato (come ad esempio India o Cina) in cui i contributi, oltre che in Italia, ai sensi della Legge n. 398/1987, sono dovuti anche nel Paese di svolgimento dell’attività lavorativa, con un notevole
aggravio dei costi aziendali.
Altro aspetto molto insidioso è quello della
determinazione della base imponibile rilevante ai fini previdenziali. Posto che in ipotesi di
distacco è molto frequente l’applicazione in
ambito fiscale delle c.d.
“retribuzioni convenzionali” di cui all’art. 51, comma 8-bis, Tuir, operative
a prescindere dal Paese di assegnazione, in ambito
previdenziale, quanto meno se si vuole seguire l’orientamento del Ministero del Lavoro, le retribuzioni convenzionali trovano applicazione
solo nel caso di distacco in Paese extracomunitario, quando cioè vige la doppia contribuzione (in tal caso, peraltro, le aliquote contributive ordinarie sono anche
abbattute del 10%). In caso di
distacchi comunitari o in Paesi e
xtracomunitari convenzionati, invece, la base di riferimento sarebbe, in linea di massima, la
retribuzione effettiva, con un conseguente – insolito – doppio binario rispetto alla base imponibile fiscale calcolata sulla base delle retribuzioni convenzionali. Sul punto, tuttavia, va ricordato come la
giurisprudenza di merito abbia ritenuto applicabili le retribuzioni convenzionali in tutti i casi di distacco (Sentenza Corte Appello di Torino n. 393/2010) sconfessando pertanto la posizione ministeriale sul tema. Tuttavia, allo stato attuale, non può dirsi raggiunto un
punto
di arrivo sulla questione e, di conseguenza, nella prassi, si riscontrano approcci delle aziende che non sempre risultano “
compliant”.
 
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