28 Maggio 2021

Omesso versamento di ritenute solo con il rilascio della certificazione

di Angelo Ginex
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In tema di reati tributari, affinché possa ritenersi configurato, in capo al sostituto d’imposta, il delitto di omesso versamento di ritenute ex articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000, deve esservi, secondo la formulazione vigente ante D.Lgs. 158/2015, la prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti d’imposta, essendo questo un elemento costitutivo del reato che non può essere surrogato dalla mera avvenuta presentazione del modello 770. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20928, depositata ieri 27 maggio.

La fattispecie in esame prende le mosse dalla condanna del legale rappresentante di una s.r.l. alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000 per aver omesso il versamento, in qualità di sostituto d’imposta, delle ritenute sulle retribuzioni corrisposte ai propri dipendenti e riferite all’anno 2013 per un ammontare superiore alla soglia di punibilità.

La Corte di appello di Caltanissetta confermava integralmente la pronuncia resa all’esito del primo grado di giudizio e, pertanto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando segnatamente la violazione di legge in relazione all’articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000, oltre al vizio motivazionale.

In particolare, questi deduceva l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato, evidenziando che l’affermazione di responsabilità nei suoi confronti si fondasse esclusivamente su quanto attestato dai modelli 770 semplificati prodotti dalla pubblica accusa e che i giudici, con motivazione apparente, avessero affermato la sussistenza di “ulteriori elementi documentali di riscontro”, dei quali però non era stata fornita indicazione. Si affermava pertanto che, mancando elementi concreti attestanti la consegna da parte del sostituto di imposta delle certificazioni relative alle ritenute operate ai sostituiti, non poteva ritenersi sussistente l’elemento materiale del reato in contestazione.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la suddetta doglianza, evidenziando in prima battuta come, ai fini della decisione della fattispecie in esame, trattandosi di ritenute sulle retribuzioni del personale dipendente contestate all’imputato in qualità di sostituto d’imposta in relazione al periodo di imposta 2013, dovesse farsi riferimento alla norma vigente al momento dei fatti, e quindi a quella precedente alle modifiche apportate dal D.lgs. 158/2015, la quale puniva la condotta di «chiunque non versa(va) entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti».

Dalla lettera della norma ratione temporis vigente – ha sottolineato la Suprema Corte – emerge che «la semplice attività di omissione del versamento delle imposte dovute sulla base della dichiarazione presentata dal sostituto d’imposta fosse penalmente irrilevante».

Infatti, come affermato dalla Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 10509 del 3 marzo 2017, «il delitto di omesso versamento di ritenute certificate presentava una componente omissiva, rappresentata dal mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate, ed una precedente componente commissiva, consistente, a sua volta, in due distinte condotte, costituite dal versamento della retribuzione con l’effettuazione delle ritenute e dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione quale sostituto d’imposta, con la significativa precisazione che, essendo il rilascio delle certificazioni ai sostituiti d’imposta un elemento costitutivo del reato, esso non poteva essere surrogato sotto il profilo probatorio o comunque dimostrato in sede giudiziale dell’avvenuta presentazione da parte del sostituto del modello 770».

Dunque, con riferimento al caso di specie, è stato rilevato che i giudici di secondo grado hanno errato nel ritenere sufficiente, ai fini del perfezionamento del reato, la mera presentazione dei modelli 770 semplificati prodotti dalla pubblica accusa. Ed invero, il riferimento ad “ulteriori elementi documentali di riscontro” non chiarisce se sussista, né quale sia, la documentazione attestante la componente commissiva della condotta necessaria al perfezionamento della fattispecie criminosa imputata al datore.

Ai fini dell’accertamento del fatto di reato deve esservi pertanto la prova dell’avvenuto rilascio della certificazione attestante la ritenuta: con l’espressione “rilascio” – come precisato dai giudici di vertice – non deve intendersi esclusivamente la formazione delle certificazioni in questione, ma anche l’avvenuta esternazione rispetto alla sfera di influenza del redattore di esse attraverso la materiale consegna delle stesse ai rispettivi destinatari.

Inoltre, a conferma di tale interpretazione vi è un argomento di carattere logico-funzionale e cioè che tali certificazioni assolvono la loro funzione solo nel momento in cui arrivano nella disponibilità del sostituito, il quale potrà, a sua volta, documentare il prelievo d’imposta.

Sulla base di tali argomentazioni, quindi, la Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Caltanissetta.