12 Marzo 2014

L’intimazione ad adempiere è un atto impugnabile dal contribuente

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

L’Agenzia delle entrate, durante un incontro con la stampa specializzata, ha chiarito che l’atto d’intimazione emesso per il recupero delle somme dovute a seguito di sentenza di primo e secondo grado, in caso di accertamento esecutivo, può essere impugnato dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria.

Com’è noto, con l’articolo 29 del D.L. 78/2010 è stato introdotta la nuova procedura di concentrazione della riscossione nell’avviso di accertamento, che ha comportato il superamento del ruolo esattoriale e della cartella di pagamento, nonché l’attribuzione allo stesso avviso di accertamento della funzione di titolo esecutivo.

L’agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo così formato e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, può dunque procedere ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

Secondo il testo dell’articolo 29, comma 1, lett. b), del D.L. 78/2010, l’avviso diviene esecutivo al decorso del termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto; il contribuente può procedere al pagamento entro il medesimo termine di scadenza del ricorso, che può risultare anche superiore ai sessanta giorni in quanto si può prolungare con i quarantacinque giorni di sospensione feriale oltre che con i novanta giorni nell’ipotesi di accertamento con adesione.

In caso di inadempimento del contribuente, solo al decorrere dei trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento la riscossione delle somme richieste con l’atto impositivo è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata.

La nuova procedura di riscossione ha comportato alcuni problemi in caso di sentenza di primo grado parzialmente o integralmente sfavorevole al contribuente e conseguente richiesta di somme da parte dell’Amministrazione finanziaria; al riguardo si rammenta che l’articolo 68 del D.Lgs. 546/1992 prevede che, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle Commissioni, il medesimo tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: “a) per i due terzi, dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della Commissione tributaria regionale”.

L’articolo 29, comma 1, lett. b), del D.L. 78/2010 prevede che l’Amministrazione finanziaria avvisi il contribuente tramite intimazione ad adempiere al pagamento, da notificare al medesimo anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento: in tal caso il versamento delle somme deve avvenire nel termine di sessanta giorni dalla ricezione dell’intimazione.

Gli operatori si sono posti il problema dell’autonoma impugnabilità dell’intimazione ad adempiere, posto che l’articolo 19 D.Lgs. 546/1992 non la annovera tra gli atti impugnabili e stante la mancata espressa previsione di un’autonoma impugnabilità nell’articolo 29 D.L. 78/2010.

La questione assume grande rilevanza se si considera che l’atto in esame rappresenta la cristallizzazione di una pretesa compiuta e non condizionata, avente natura esecutoria e direttamente lesiva degli interessi del contribuente.

Per giustificare l’impugnabilità del predetto atto, la giurisprudenza di merito e di legittimità ha fornito un’interpretazione estensiva dell’articolo 19 D.Lgs. 546/1992, richiamando una risalente pronuncia della Corte Costituzionale, la sentenza n. 313 del 06/12/1985, nella quale è affermato che “tutti gli atti che hanno la comune finalità dell’accertamento della sussistenza e dell’entità del debito tributario siano equivalenti, qualunque sia la denominazione data ad essi dal legislatore”; tuttavia non si è ancora giunti ad una soluzione convincente della questione.

Risulta quindi degno di nota, seppure non risolutivo, l’intervento sul tema dell’Amministrazione finanziaria la quale ha chiarito che, nei giudizi avverso accertamenti esecutivi, il contribuente può presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro l’intimazione di pagamento per vizi propri, come nel caso di errore di calcolo nella determinazione degli importi, preceduto, eventualmente, dal procedimento di mediazione tributaria per le controversie di valore non superiore a 20mila euro.

L’Agenzia ha inoltre ricordato che il contribuente può comunque chiedere all’Ufficio il riesame dell’atto in autotutela; tuttavia in tale ipotesi occorre tener presente che i termini per l’eventuale impugnazione non si interrompono.