25 Settembre 2023

L’inquadramento del Modello di Organizzazione e di Gestione: aspetti generali

di Andrea Onori
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La scheda di FISCOPRATICO

Assunto che il Modello di Organizzazione e di Gestione è oggi il baricentro del fare impresa (si rinvia al precedente contributo per un approfondimento), cerchiamo ora di dare una impostazione sistematica allo stesso.

Il Modello è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 231/2001 e da allora lo stesso è stato qualificato appunto come Modello 231 oppure Modello 231/2001.

Si è introdotto il concetto di Responsabilità Amministrativa di Impresa, andando a scardinare il consolidato e granitico concetto giuridico di “Societas delinquere non potest”, usato principalmente nel Diritto Penale.

All’articolo 1, D.Lgs. 231/2001, si trova scritto che lo stesso disciplina la responsabilità degli enti, in primis quelli forniti di personalità giuridica, per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

Da questa prima disposizione si può trarre una importante assunzione a livello di inquadramento sistematico, ovvero che devono essere presenti i cosiddetti “reati presupposto”. Solo la commissione di particolari tipologie di reato, crea la “base giuridica” affinché una società possa, eventualmente, essere ritenuta responsabile di un illecito amministrativo.

La responsabilità, però, deve essere “qualificata”, ovvero deve dipendere da una particolare ipotesi giuridica contenuta nell’articolo 5 D.Lgs. 231/2001. Affinché un Ente (es. Società di Capitali) sia ritenuto responsabile, le persone cosiddette “apicali”, come gli amministratori e/o i direttori generali dotati di ampi poteri di gestione, devono commettere alcune particolari tipologie di reato nell’interesse (o a vantaggio) della società da loro rappresentata, amministrata o gestita.

Con riferimento ai reati presupposto, la stessa norma ne dà un elenco puntuale che nel tempo è stato aggiornato ed integrato. Si evidenziano, tra tutti, i reati di:

  1. indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico […];
  2. delitti informatici e trattamento illecito di dati;
  3. delitti contro l’industria e il commercio;
  4. reati societari;
  5. delitti contro la personalità individuale;
  6. omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tuteladella salute e sicurezza sul lavoro;
  7. ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
  8. reati ambientali;
  9. reati tributari.

Considerato che il Modello serve a prevenire la commissione di alcune tipologie di reato (si veda appena sopra), si può fare una prima considerazione di carattere generale ricordando che il Modello è il “baricentro del fare impresa”. Si può affermare che l’adozione dello stesso risponde ad una serie di molteplici richieste che il sistema giuridico e, di fatto, il sistema economico-aziendale richiedono per la loro tutela. Si pensi a quanto previsto dal Codice Civile, secondo comma dell’articolo 2086, rubricato “Gestione dell’impresa” dove si chiede all’imprenditore, individuale e collettivo, l’adozione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, a tutela dell’intero sistema economico aziendale futuro. Si consideri, inoltre, che per “gestire” tutti gli aspetti privacy ed antiriciclaggio occorre un modello organizzativo interno, per non parlare poi degli aspetti relativi alla Cyber-security, oltre che della gestione della sicurezza e la salute sul lavoro.

Il Modello 231 in commento, da un certo punto di vista, risulta anche idoneo ad inquadrare e a definire potenzialmente una base di partenza per affrontare la sostenibilità, nuova frontiera della gestione d’azienda. Di fatto approccia a tutti e tre gli elementi caratterizzanti gli aspetti dei principi ESG (Environment, Social, Governance) ponendosil’obiettivo di prevenire i reati ambientali (E), i reati contro la persona (S) e i reati societari e tributari (G).

Convertendo il tutto in termini di sostenibilità, il Modello 231 può essere pensato come un documento dal quale raccogliere e canalizzare alcune informazioni e dati rilevanti e di supporto ai fini della rendicontazione ESG per uno sviluppo sostenibile delle aziende, conciliando la crescita economica e finanziaria, con la tutela dell’ambiente e gli aspetti etici della governance aziendale.

Da ultimo si vuole evidenziare che, per una corretta istituzione e definizione del Modello Organizzativo 231/2001, deve esserci una concreta e fattuale prevalenza della sostanza sulla forma.

Il Modello, affinché possa “tenere giuridicamente” svolgendo la sua funzione sostanziale ovvero di “contenimento” della colpevolezza di organizzazione, intesa come parametro di imputabilità del reato all’ente, deve essere concretamente attuato e applicato giornalmente in tutti i processi interni aziendali, così come previsto dall’articolo 6, D.Lgs. 231/2001.

Nell’articolo sopra richiamato trova fondamento il principio di non responsabilità dell’ente se presenti e provate alcune condizioni esimenti. Da un punto di vista soggettivo, nel caso in cui un soggetto apicale abbia commesso uno dei reati presupposto, indicati dalla norma e sinteticamente richiamati supra, l’ente non è responsabile se prova che:

  1. l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  2. il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
  3. le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
  4. non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV (Organismo di Vigilanza).

Da un punto di vista oggettivo, di formulazione e definizione tecnica del Modello, l’ente non è responsabile se prova che il Modello risponde concretamente alle seguenti esigenze:

  1. individua le attività aziendali nel cui ambito possono essere commessi reati;
  2. prevede specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
  3. individua modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati medesimi;
  4. prevede obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dello stesso;
  5. introduce un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

In fine, si evidenzia come all’interno del documento “Modello 231” debbano essere previsti i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare in ossequio a quanto indicato dalla Normativa europea e di attuazione relativa al Whistleblowing (D.Lgs. 24/2023).