13 Novembre 2023

Legittime le “clausole di sostenibilità” negli statuti delle società lucrative

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Il Consiglio Notarile delle Tre Venezie ha recentemente pubblicato nuovi Orientamenti in materia societaria dedicando una intera sezione – precisamente, ben 6 Massime rubricate dalla A.B.1 alla A.B.6 – al tema delle clausole di sostenibilità inserite negli statuti di società di capitali.

Nella prima di queste Massime – la A.B.1. che ha in comune con quelle successive la “motivazione” – si precisa come nel nostro ordinamento non vi siano disposizioni (o principi di diritto) che impongano agli amministratori di società lucrative di perseguire l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci volto alla massimizzazione dei profitti. Costituisce, altresì, principio di rango costituzionale, quello secondo cui l’esercizio di attività economiche non può avvenire in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La Massima in commento deduce, perciò, da tale quadro normativo, la legittimità delle clausole inserite in statuti di società di capitali che fissino delle specifiche regole etiche e/o di sostenibilità da osservare nella gestione della società, anche ove queste potrebbero cozzare con la massimizzazione dei profitti.

Si tratta di clausole che vanno viste come integrative del modo con cui il fine di lucro della società viene perseguito, e nient’affatto come aggiuntive di un fine di utilità sociale che sarebbe estraneo al contratto sociale.

In altri e più semplici termini, non si tratta di limitare o deprimere il fine di lucro o il profitto, ma di fissare regole che guardino a come, e a beneficio di chi, il profitto derivante dal perseguimento dell’oggetto sociale viene realizzato.

L’orientamento in commento aggrega sotto la definizione di “clausole di sostenibilità” quelle clausole statutarie che esprimono ideali collettivi, valori sociali e principi etici; ad esempio:

  • la cura dell’ambiente;
  • la cura e il benessere dei dipendenti e della collettività;
  • la salvaguardia di valori o principi etici, ecc.

Si tratta di clausole che sono volte a operare sul piano di come l’oggetto sociale e lo scopo di lucro dovrebbero essere perseguiti, dando così delle linee di condotta agli amministratori.

Viene osservato come si tratti di clausole che si pongono su di un livello diverso da quelle, già conosciute, di c.d. “etero destinazione degli utili” come si ha nel caso di clausole statutarie che impongano all’assemblea di destinare una parte degli utili netti annuali a scopi benefici.

Le clausole di sostenibilità assurgono un ruolo diverso, perché sono dirette a informare i criteri di conduzione dell’impresa, ossia come viene svolta l’attività cercando così di coniugare lo scopo di lucro – a cui sono propriamente orientati i soci – con gli interessi degli stakeholders più in generale; si usa dire che queste clausole integrano il progresso sociale nel processo di sviluppo economico dell’impresa.

Ebbene, il Notariato del Triveneto licenzia la legittimità di queste clausole, anche quando la società non adotti la qualifica di società benefit. In questo modo, si giunge a concludere che il perseguimento di finalità di beneficio comune è consentito a qualsiasi società lucrativa, pur incontrando un doppio limite nelle società azionarie:

  1. non deve venire meno lo scopo lucrativo della società;
  2. deve essere rispettato il principio dell’esclusività della funzione gestoria riservata all’organo amministrativo nella società.

Ad esempio, non si ritengono ammissibili clausole che vadano a costituire l’oggetto sociale dell’impresa, inserendo attività non economiche. Sono legittime, invece, clausole che operano sul piano della perimetrazione dell’attività economica che costituisce l’oggetto sociale, intesa come la modalità di conseguimento dell’oggetto sociale, come:

  • principi etici che devono informare l’operato dell’organo amministrativo;
  • linee di condotta a cui l’organo amministrativo deve attenersi;
  • la preclusione nel compiere determinate strategie o categorie di operazioni.

Non si può, tuttavia, trattare di clausole che impongano agli amministratori l’esecuzione di determinati atti di gestione. Mentre può essere il caso della previsione di requisiti di carattere etico per l’assunzione delle partecipazioni sociali.

Per quanto concerne, infine, la destinazione di utili a finalità di sostenibilità, la Massima A.B.2, riporta che è da ritenersi legittima la clausola che preveda la destinazione parziale di utili alla cura di interessi correlati alla natura dell’attività di impresa, a condizione che:

  • la finalità ideale non pregiudichi lo scopo lucrativo dell’impresa;
  • la destinazione e il relativo importo non siano predeterminati.

L’effettiva destinazione e l’importo saranno quindi determinati dall’organo amministrativo sulla base degli utili risultanti dal bilancio, nel rispetto del limite massimo fissato ex ante nella clausola statutaria, oppure previa autorizzazione dell’assemblea. se richiesta dalla medesima clausola statutaria.