25 Gennaio 2018

Le violazioni di lieve entità hanno rilevanza penale?

di Marco Bargagli
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Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ha recato una profonda revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della Legge 11 marzo 2014, n. 23.

Simmetricamente, ai fini penali-tributari il legislatore ha notevolmente rivisto le soglie di punibilità per alcuni reati come quelli che sanzionano, per esempio, l’omesso versamento delle ritenute alla fonte e l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto.

In particolare, attualmente, ai sensi dell’articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni “chiunque” non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione ossia quelle risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

Il successivo articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000 sanziona con la reclusione da sei mesi a due anni il soggetto attivo del reato che non corrisponde, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

In precedenza, le soglie oltre le quali si realizzava la fattispecie penalmente rilevante era fissata, a fattor comune, in euro cinquantamila, importo oltre il quale, sia in caso di omesso versamento delle ritenute dovute, che in caso di omesso versamento dell’IVA, scattava il reato.

Quindi, il legislatore ha triplicato (in caso delle ritenute) e quintuplicato (in caso dell’IVA), le soglie di evasione riferite all’omesso versamento dei tributi.

L’articolo 131-bis del codice penale contempla l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevedendo che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Tuttavia, l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

Con particolare riferimento all’eventuale esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto anche in campo penale-tributario la Corte di cassazione, con la sentenza n. 51597 depositata in data 17 novembre, ha accolto il ricorso di un soggetto che aveva richiesto, per il reato di omesso versamento delle ritenute dovute, l’applicazione del citato articolo 131-bis del codice penale, con conseguente causa di non punibilità.

Nella specifica circostanza, la difesa aveva richiesto l’annullamento della decisione assunta dal Tribunale della libertà con la quale era stato respinto l’annullamento del sequestro preventivo a fronte di un profitto illecito conseguito dall’indagato quantificato in euro 150.369, molto vicino alla soglia penalmente rilevante fissata, come detto, in euro 150.000.

In merito, gli ermellini hanno rilevato che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. può essere applicata anche ai reati tributari, per i quali è prevista una soglia di punibilità collegata ad un determinato valore.

Sulla base di un consolidato orientamento espresso in sede di legittimità, il supremo giudice ha affermato il principio, in materia di omesso versamento IVA, che la stessa causa di non punibilità è applicabile ma soltanto all’ omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nel determinare la soglia di rilevanza penale.

In definitiva, i giudici di piazza Cavour hanno accolto la tesi difensiva, rilevando che:

  • il Tribunale della cautela ha negato l’applicazione della invocata causa di non punibilità ex art. 131-bis del codice penale unicamente sulla rilevanza dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice, senza avere svolto alcun esame sulla concreta lesione posta in essere con il reato e senza aver tenuto conto che la soglia nella fattispecie di cui trattasi costituisce il confine della insussistenza, rectius irrilevanza a fini penali del danno provocato all’Erario con il mancato versamento di quanto dovuto;
  • il Collegio della cautela reale dovrà effettuare una nuova valutazione sulla invocata tenuità del fatto, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, mediante “una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, c. 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo, considerando altresì le linee tracciate dalla giurisprudenza .. omissis.. in tema di reati tributari”.
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