8 Maggio 2014

Le sentenze debbono essere adeguatamente motivate

di Giovanni Valcarenghi
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La sentenza 8850 depositata il giorno 16 aprile 2014 dalla Cassazione rappresenta un ottimo documento da analizzare per valutare il tema dell’obbligo di motivazione delle sentenze delle Commissioni Tributarie. La questione non appare di mero stile o di limitato interesse per gli “affetti” da curiosità scientifica, bensì un tema sul insistere quando ci si trovi ad affrontare decisioni che, sbrigativamente, liquidano in poche righe questioni che appaiono complesse e delicate (casistiche che ingenerano un certo senso di impotenza in seno al difensore).

Si tenga presente, ma poco importa ai fini dell’analisi proposta, che la vicenda riguardava la contestazione di operazioni ritenute oggettivamente e soggettivamente inesistenti, in legame a frodi carosello; questo per dire che la tematica era, da un lato, certamente complessa ma, per altro verso, sostanzialmente “semplice” nell’iter di svolgimento del processo.

Evidenziamo, allora, un primo spunto: secondo il costante insegnamento di questa Corte – ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, … , sub specie di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero quando indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’ esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cassazione 2067/98; 1756/06; 9113/12).

A tale riguardo, si osserva che l’impugnata pronuncia non va oltre un generico riferimento all’effettuata lettura del processo verbale di constatazione, che darebbe “piena ed indubitabile sostanza probatoria agli assunti”, senza, tuttavia, precisare in alcun modo gli elementi desunti da tale verbale, o dalle dichiarazioni di terzi ad esso allegate “che pure appaiono”, che abbiano potuto attribuire fondamento a tale convincimento del giudicante.

Si tratta di un “copione” che spesso si legge nelle sentenze, qui definito dalla Corte come acritica ed entusiastica, ma – del pari – immotivata, adesione alle ragioni giustificative della pronuncia di prime cure.

Sia pure rammentando la legittimità della motivazione “per relationem“, si sottolinea come sia comunque necessario che il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Diversamente, andrà cassata la sentenza quando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cassazione 2268/06; 15483/08; 7347/12).

Il difetto di motivazione su questioni di fatto legittima la proposizione del ricorso per cassazione quando si traduca:

  • nella radicale carenza della motivazione,
  • ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili , o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento stesso (Cassazione S.U. 5888/92; 319/99; Cassazione 26426/08).

La difesa de contribuente lamentava anche il fatto che la sentenza della CTR non si fosse pronunciata su tutte le ragioni fatte valere dalla contribuente con l’atto di appello.

Non accogliendo tale richiesta, la sentenza (richiamando i precedenti delle sentenze 15882/07 e 7258/12) rammenta che il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, può dare luogo a due diversi tipi di vizi:

  • se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo“;
  • se il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione (Cassazione 15882/07; 7258/12).

Nel caso in analisi, dunque, la sentenza di appello ha preso in esame i diversi motivi di gravame, ritenendoli irrilevanti (“poco importa a questo punto valutare se“), senza considerare le ragioni giuridiche sottoposte a sostegno di ciascuno di essi. La sentenza si palesa, pertanto, affetta dal dedotto vizio motivazionale, il cui accoglimento esclude, sul piano logico e giuridico, la possibilità di considerare la pronuncia affetta anche dal vizio di omessa pronuncia.