28 Settembre 2023

L’avverbio “soltanto” nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Recentemente, ha destato un certo clamore tra gli operatori e i contribuenti, la sentenza n. 225/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Verona che ha affrontato l’interessante tema dell’interpretazione delle Convenzioni, nei casi in cui il testo attribuisca la potestà impositiva al Paese della fonte, senza menzionare espressamente il Paese di residenza del Contribuente e senza utilizzare l’avverbio “soltanto”.

Il caso riguarda l’interpretazione dell’articolo 15, par. 3, della Convenzione tra Italia e Germania, il quale stabilisce che: “le remunerazioni ricevute in corrispettivo di un’attività dipendente svolta a bordo di navi o di aeromobili utilizzati in traffico internazionale sono imponibili nello Stato contraente in cui è situata la sede della direzione effettiva dell’impresa.”

In sostanza, il pilota residente in Italia che lavora per la Lufthansa, ovviamente, se l’aeromobile è utilizzato in traffico internazionale, produce un reddito imponibile in Germania.

Invero, il Commentario del Modello Ocse 2017, all’articolo 23, punti 6 e 7, ha chiarito che la mancanza dell’avverbio soltanto determina una tassazione concorrente tra i due Paesi.

Proponiamo nella successiva tabella una traduzione non ufficiale dei punti 6 e 7 del Commentario all’articolo 23A e 23B.

PUNTO 6 ARTICOLO 23A 23B
6. For some items of income or capital, an exclusive right to tax is given to one of the Contracting States, and the relevant Article states that the income or capital in question “shall be taxable only” in a Contracting State. The words “shall be taxable only” in a Contracting State preclude the other Contracting State from taxing, thus double taxation is avoided. The State to which the exclusive right to tax is given is normally the State of which the taxpayer is a resident within the meaning of Article 4, that is State R, but in Article 192 the exclusive right may be given to the other Contracting State (S) of which the taxpayer is not a resident within the meaning of Article 4. 6. Per alcuni elementi del reddito o del patrimonio è riconosciuto un diritto esclusivo di imposizione ad uno degli Stati contraenti e il relativo articolo dispone che il reddito o il patrimonio inquestione “sono imponibili soltanto” in uno Stato contraente. L’espressione “sono imponibili soltanto” in uno Stato contraente precludono l’imposizione dell’altro Stato contraente, evitando così la doppia imposizione. Lo Stato al quale è attribuito il diritto esclusivo di imposizione è normalmente lo Stato di cui il contribuente è residente ai sensi dell’articolo 4, cioè lo Stato R, ma nell’articolo 192 il diritto esclusivo può essere attribuito all’altro Stato contraente (S) di cui il contribuente non è residente ai sensi dell’articolo 4.
PUNTO 7 ARTICOLO 23A 23B
7. For other items of income or capital, the attribution of the right to tax is not exclusive, and the relevant Article then states that the income or capital in question “may be taxed” in the Contracting State (S or E) of which the taxpayer is not a resident within the meaning of Article 4. In such case the State of residence (R) must give relief so as to avoid the double taxation. Paragraphs 1 and 2 of Article 23 A and paragraph 1 of Article 23 B are designed to give the necessary relief. 7. Per gli altri elementi di reddito o di patrimonio, l’attribuzione del diritto d’imposta non è esclusiva, e il relativo articolo prevede poi che i redditi o il patrimonio in questione “sono imponibili” nello Stato contraente (S o E) di cui il contribuente non è residente ai sensi dell’articolo 4. In tal caso lo Stato di residenza (R) deve concedere uno sgravio in modo da evitare la doppia imposizione. I paragrafi 1 e 2 dell’articolo 23 A e il paragrafo 1 dell’articolo 23 B mirano a fornire le agevolazioni necessarie.

La tassazione concorrente, secondo i Giudici, non sarebbe accettabile in quanto “Non è infatti condivisibile la tesi dell’Ufficio secondo cui la mancanza della locuzione “soltanto” dal testo del par. 3 dell’art. 15 della Convenzione svelerebbe l’intendimento di mantenere, in detta ipotesi, la doppia tassazione. Tale precisazione è infatti presente nel par. 1, che disciplina la tassazione dei redditi da lavoro subordinato dettando la regola generale per cui essi vengono tassati esclusivamente nel Paese in cui la prestazione viene resa”.

L’articolo 15, par. 1, prevede che il reddito di lavoro dipendente risulta tassato esclusivamente nel Paese di residenza del contribuente se questo viene svolto in detto Paese. Diversamente, fa capolino la tassazione nel Paese estero se l’attività è qui svolta.

In realtà, in questo secondo caso, manca l’avverbio soltanto per cui la tassazione deve intendersi come concorrente.

Le conclusioni cui giungono i Giudici potrebbero essere astrattamente estese a tutte le casistiche in cui un reddito percepito da un residente risulta assoggettato a tassazione nel Paese estero, anche senza l’utilizzo dell’avverbio soltanto.

Come conseguenza non risulterebbero più assoggettati a tassazione in Italia, a titolo di esempio:

  • i redditi degli immobili detenuti all’estero;
  • i redditi derivanti da una stabile organizzazione detenuta all’estero;
  • le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni immobili situati all’estero;
  • le plusvalenze derivanti dalla vendita di partecipazioni in società immobiliari estere;
  • i redditi prodotti da una base fissa estera di un professionista italiano;
  • Il reddito di lavoro dipendente svolto all’estero;
  • i compensi di amministratore percepiti da una società estera;
  • i redditi prodotti da un artista o uno sportivo all’estero.

Ma vi è di più. L’articolo 22, par. 1 del Mod. Ocse, prevede che le patrimoniali sugli immobili siano dovute nel Paese in cui gli immobili si trovano.

Ciò comporta che l’Ivie, per i Paesi convenzionati non risulterebbe più dovuta.

Probabilmente verrebbero ridimensionati anche gli obblighi di compilazione del quadro RW, atteso che la finalità dello stesso è quella di consentire all’Amministrazione finanziaria di individuare investimenti esteri suscettibili di produrre redditi in Italia.

Ebbene, seguendo questo approccio le casistiche di reddito prodotte all’estero e tassabili in Italia risulterebbero molto ridotte.

Si aprirebbero, quindi, scenari nuovi e ci si avvicinerebbe alla logica, invero ancora radicata in alcuni contribuenti, che i redditi che un residente produce all’estero non siano questione che deve interessare l’Agenzia delle entrate italiana.

Perderebbero di interesse anche alcune normative comunitarie come la Dac1. È proprio in base a questa Direttiva che l’Amministrazione conosce i redditi da lavoro dipendente che i residenti italiani producono nell’Unione Europea.

Si tratta di uno scenario accattivante per il contribuente, un po’ meno per le casse dello Stato, ma che incontra un preciso limite. Si tratta di un’interpretazione priva di alcun supporto.