12 Maggio 2018

L’appello incidentale salva la questione respinta

di Angelo Ginex
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In tema di impugnazione, la parte vittoriosa nel merito, ma rimasta soccombente su una determinata questione che sia stata espressamente respinta dal giudice od oggetto di implicita ma chiara valutazione di infondatezza, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, onde evitare la formazione del giudicato interno. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4576 del 28.02.2018.

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di un contribuente, cui seguiva la notifica di plurimi avvisi di accertamento con cui veniva contestato un maggior reddito d’impresa ai fini Irpef, Irap e Iva.

Il contribuente proponeva ricorso presso la competente Commissione tributaria provinciale, la quale dichiarava illegittimi gli avvisi di accertamento impugnati e, per l’effetto, li annullava. Tale provvedimento era poi confermato in appello, a seguito del rigetto dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate.

L’Amministrazione finanziaria proponeva, dunque, ricorso per cassazione, contestando, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 329, comma 2, c.p.c., 62 D.Lgs. 546/1992 e 2909 cod. civ., sull’assunto che il giudice del gravame, nell’emanare il proprio provvedimento, fosse incorso nel vizio di ultrapetizione per essersi pronunciato su una questione di merito già affrontata in primo grado e decisa con esito sfavorevole per il contribuente e da questi non più riproposta in appello a mezzo di impugnazione incidentale.

In particolare, il giudice d’appello aveva rilevato l’inconoscibilità del processo verbale di constatazione dal quale erano scaturiti gli avvisi di accertamento, in quanto ad essi non allegato, in violazione dell’obbligo di chiarezza e motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria di cui all’articolo 7 L. 212/2000.

Sul punto, tuttavia, si erano precedentemente espressi i giudici di prime cure, rigettando la censura mossa dal ricorrente e ritenendo il p.v.c. comunque conosciuto dal contribuente.

Costui dunque, pur essendo vittorioso nel merito, era soccombente su tale questione.

I Supremi giudici, accogliendo il ricorso, hanno colto l’occasione per chiarire il rapporto tra l’impugnazione incidentale e l’onere di riproposizione in appello delle questioni non accolte.

Più precisamente, riportandosi al rilievo operato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 23228 del 05.08.2016, essi hanno osservato come, nel contenzioso tributario, la parte vittoriosa nel merito, rimasta soccombente su una determinata questione, è vincolata alla sua riproposizione con appello incidentale, se vuole evitare la formazione del giudicato interno sul punto.

In tali casi, quindi, non è sufficiente la mera devoluzione effettuata, ai sensi dell’articolo 56 D.Lgs. 546/1992, nell’atto di controdeduzioni in appello, dacché la dizione “non accolte” ivi utilizzata fa riferimento alle sole domande ed eccezioni su cui il giudice di prima istanza non si sia espressamente pronunciato, e cioè che siano rimaste assorbite dalle altre.

Per le eccezioni e le domande su cui egli si è espressamente pronunciato e che sono state respinte, per converso, non può essere praticato il tertium iter della riproposizione o rinuncia, rispetto alla classica alternativa tra impugnazione (in via principale o incidentale) o acquiescenza.

Tale orientamento ha trovato autorevole conferma nel recente intervento nomofilattico delle Sezioni Unite, le quali hanno chiarito che, laddove un’eccezione di merito sia stata respinta espressamente o indirettamente, purché in quest’ultimo caso la reiezione avvenga mediante una formulazione inequivocabile, la stessa deve essere riproposta al giudice del gravame, da parte dell’appellato rimasto vittorioso all’esito del giudizio di primo grado, a mezzo di appello incidentale, non potendo essere rilevata ex officio dal giudice ai sensi dell’articolo 345, comma 2, c.p.c., né essere riproposta con la mera devoluzione di cui all’articolo 56 D.Lgs. 546/1992 (cfr., SS. UU., sentenza n. 11799/2017; per i suoi riflessi in ambito tributario, cfr., Cass., sentenza n. 23786/2017).

In definitiva quindi, nel caso in rassegna, il giudice del gravame è incorso nel vizio di extrapetizione, pronunciando l’illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati per mancata allegazione del processo verbale di constatazione, questione sulla quale doveva ritenere intervenuto il giudicato interno, non essendo stata riproposta dalla parte rimasta soccombente sul punto a mezzo di impugnazione incidentale.

 

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