30 Giugno 2017

La rilevanza del mercato di riferimento del cedente nel transfer price

di Marco Bargagli
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La disciplina conosciuta come “transfer price” costituisce una tematica di grande interesse operativo, in quanto riguarda la corretta determinazione dei prezzi di trasferimento nelle transazioni economiche e commerciali avvenute tra imprese controllate.

Come espressamente indicato dalle OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations, il transfer price non è una scienza esatta, ma richiede un attento giudizio sia da parte dell’amministrazione fiscale, che del contribuente.

Il 22 luglio 2010 l’OCSE ha diramato la nuova versione delle linee guida sui prezzi di trasferimento, nonché il documento denominato “Report on Transfer Pricing Aspect of Business Restructuring”, che ha fornito importanti indicazioni utili a valutare l’impatto in ottica transfer price delle operazioni di riorganizzazione aziendale.

In merito, le principali novità riguardano:

  • l’eliminazione della gerarchia nell’applicazione dei metodi previsti per la determinazione del transfer price (metodi tradizionali, reddituali, di ripartizione degli utili e quelli basati sul margine netto della transazione);
  • l’analisi di comparabilità, con specifiche indicazioni circa la sua corretta applicazione.

Prima delle modifiche, esisteva una stretta gerarchia nella selezione del metodo da utilizzare per individuare il corretto valore normale di mercato, assumendo il CUP (Comparable Uncontrolled Price – confronto del prezzo) una preminenza assoluta rispetto agli altri metodi.

Di contro, attualmente, occorre individuare il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ritenuto più idoneo tenuto conto che, sulla base della prassi OCSE, è necessario utilizzare il metodo ritenuto più appropriato alle circostanze del caso (c.d. M.A.M. “Most Appropriate Method”).

Concentrando la nostra analisi proprio sul metodo del confronto del prezzo, occorre ricordare che lo stesso confronta il prezzo di beni o servizi scambiati nel corso di una transazione avvenuta tra imprese associate, con il prezzo applicato a beni o servizi, della stessa natura, trasferiti nel corso di una transazione avvenuta tra soggetti indipendenti sul libero mercato.

In particolare, tale metodo si basa:

  • sulla comparazione tra il prezzo praticato nelle cessioni infragruppo ed il prezzo che viene applicato nelle operazioni intercorse tra una società del gruppo ed un soggetto terzo indipendente, in un determinato mercato (d. confronto di prezzo interno);
  • sulla comparazione tra il prezzo praticato nelle cessioni infragruppo ed il prezzo che viene applicato nelle operazioni intercorse tra soggetti terzi, tra loro indipendenti, in un determinato mercato (c.d. confronto di prezzo esterno).

Nell’ambito dell’analisi di comparabilità, occorre considerare i fattori più importanti che caratterizzano il metodo in rassegna.

In particolare:

  • i prodotti oggetto della comparazione devono avere le stesse caratteristiche (deve trattarsi degli stessi beni);
  • occorre operare nell’ambito di analoghe condizioni contrattuali ed economiche, prestando molta attenzione al “mercato di riferimento”, ove avvengono le transazioni economiche (scegliendo il mercato dell’acquirente o il mercato del cedente).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24005 del 23 ottobre 2013 ha confermato l’importanza del mercato di riferimento, proprio in applicazione del metodo del confronto del prezzo.

Il giudice di merito, nella decisione di prime cure, aveva affermato che la determinazione del valore normale dei beni ceduti da una società italiana nei confronti della casa madre belga, si sarebbe dovuto determinare sulla base delle transazioni comparabili operate nel mercato dell’acquirente, ovverosia nel mercato belga (c.d. confronto esterno) e non sulla base di operazioni similari effettuate nel mercato italiano del cedente (c.d. confronto interno).

Di contro, gli ermellini, hanno fatto proprio il criterio enunciato dall’articolo 9, comma 3, del D.P.R. 917/1986 laddove è previsto che, nella determinazione del “valore normale” dei prezzi delle cessioni infragruppo, si deve fare riferimento, in primis, ai listini ed alle tariffe utilizzati dal cedente italiano.

Quindi, nell’applicazione del metodo del “confronto del prezzo” occorre dare preferenza al c.d. “confronto interno”, basato sui listini e le tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi (rectius mercato del cedente italiano), nel rapporto instaurato tra l’impresa controllata e l’impresa indipendente.

In definitiva, secondo i supremi giudici di legittimità, il mercato a cui occorre prioritariamente fare riferimento, ai fini della corretta determinazione del “valore normale” dei prezzi e dei corrispettivi praticati nelle vendite infragruppo, è quello nazionale del venditore, ossia il mercato italiano.

Il transfer pricing e la pianificazione strategica nei gruppi multinazionali