12 Aprile 2023

La meritevolezza del sovraindebitato. Aspetti (anche) probatori

di Domenica Capezzera
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La meritevolezza del consumatore continua a essere uno dei temi di maggiore criticità del sovraindebitamento, fino a costituire lo snodo tormentato dell’istituto. In questo contributo, sullo sfondo di una recente pronuncia della Corte di Cassazione, tale requisito viene analizzato alla luce delle novità legislative che sono intervenute e che si sono riversate anche sul piano probatorio.

 

Introduzione

Di recente la Cassazione si è soffermata su uno dei temi più spinosi che riguardano il sovraindebitamento, quello della meritevolezza del consumatore, fornendo all’interprete nuovi spunti di riflessione su ciò che, ad avviso di chi scrive, rappresenta da sempre lo snodo tormentato dell’istituto.

Il caso esaminato dagli Ermellini attiene a un soggetto sovraindebitato che per lungo tempo aveva fruito di una fonte di reddito eccezionale, rinnovata tuttavia con costanza e regolarità, al punto da creare nel percettore, debitore sovraindebitato, un affidamento sul quale lo stesso aveva deciso di conformare il proprio tenore di vita.

Dalla lettura della sentenza si desume che il sovraindebitato, in presenza di tali redditi aggiuntivi, aveva pure fatto ricorso a finanziamenti e aveva anche assunto nuove obbligazioni nella convinzione di poterli onorare, convinzione poi venuta meno nel momento in cui l’incarico eccezionale è venuto a mancare, determinandosi così un vero e proprio squilibrio finanziario non più arginabile con le ridotte entrate reddituali.

Il sovraindebitato si rivolgeva al Tribunale per ottenere l’omologa di un piano del consumatore che gli permettesse l’esdebitazione per le obbligazioni assunte e non onorate.

Il Tribunale in prima istanza omologava il piano atteso che, il creditore reclamante rappresentato da un istituto di credito non aveva sufficientemente provato le ragioni per le quali, da un certo momento in poi, il debitore non aveva più potuto sostenere i nuovi oneri che, comunque, attenevano a spese non voluttuarie ma pur sempre straordinarie, come quelle deliberate dal condominio per la ristrutturazione dell’immobile e quelle necessarie all’acquisto di una nuova autovettura in conseguenza di un incidente stradale che aveva interessato il debitore il quale viaggiava per lavoro quotidianamente.

Ebbene, in primis la Corte di Cassazione ha reputato la motivazione errata in punto di diritto in quanto la disposizione normativa applicabile alla fattispecie concreta era quella di cui all’articolo 12-bis, comma 3, L. 3/2012 che dispone(va) che il giudice avrebbe potuto omologare il piano del consumatore solo escludendo che costui:

a) aveva assunto le obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere; ovvero

b) aveva colposamente determinato il sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.

Secondo gli Ermellini la prova dei requisiti per l’accesso alla procedura, in quel contesto normativo, gravava sull’istante al quale competeva, dunque, l’onere di dimostrare non solo di essersi indebitato con la ragionevole prospettiva di poter adempiere le obbligazioni assunte ma anche di aver fatto ricorso al credito in misura proporzionata alle proprie capacità patrimoniali e di essere stato per ciò solo impossibilitato a fronteggiare il debito assunto a causa di eventi sopravvenuti e a sé non imputabili.

Il giudice di legittimità, parimenti, ha considerato irrilevante l’originenon voluttuariadella spesa e, invece, ha valorizzato sia la circostanza che essa era stata assunta senza considerare l’eccezionalità degli incarichi e, dunque, la precarietà delle entrate che essi generavano sia il rilievo sia il debitore non aveva adeguatamente preso in considerazione il rischio che gli incarichi eccezionalmente affidatigli non gli sarebbero più stati confermati tanto da decidere di non accantonare una quota delle maggiori retribuzioni anche ingenti percepite negli anni e considerando in ogni caso che l’acquisto dell’auto, sebbene necessario in ragione dei quotidiani spostamenti per lavoro, non richiedeva certamente la scelta di un modello così costoso come quello verso il quale il debitore si era orientato.

Il provvedimento si è dunque focalizzato sul requisito della meritevolezza del sovraindebitato che proponga un piano del consumatore.

Sicché, sebbene la Corte si sia pronunciata su di un tema oggettivamente superato in quanto riferito a una fattispecie anteriore al D.L. 137/2020 che come noto ha riformulato i requisiti d’accesso alla procedura del sovraindebitamento per il consumatore, non si possono non riconoscere indicazioni utilizzabili anche nell’attuale modificata normativa che soltanto apparentemente ha lasciato alle spalle la condizione della meritevolezza come contropartita dell’assenza del voto da parte dei creditori.

 

Riflessioni sulla nuova procedura di ristrutturazione dei debiti

L’esegesi di questo decisum della Corte spinge verso una necessaria riflessione rivolta all’istituto della nuova “Ristrutturazione dei debiti del consumatoreex articolo 67 e ss., Codice, e alla stessa natura del requisito della “meritevolezza”.

Ciò in quanto cattedra e Foro, all’indomani delle modifiche apportate alla L. 3/2012 con il D.L. 137/2020, avevano concluso che il requisito della meritevolezza fosse tramontato e sostituito con quello assai più elastico della colpa grave nella determinazione del sovraindebitamento.

E, in effetti, oggettivamente, una cosa è per il debitore dover dare dimostrazione che al momento dell’assunzione delle obbligazioni godesse di una situazione reddituale o patrimoniale tale da reggere programmaticamente l’impatto dell’obbligazione derivante dal finanziamento, altra ancora è lasciare ai creditori la dimostrazione che l’origine del sovraindebitamento poggia su una sua condotta gravemente colposa.

Il D.L. 137/2020, responsabile del cambio nel requisito soggettivo come noto ha anticipato per alcuni aspetti, anche importanti, il testo del D.Lgs. 14/2019, come la legittimazione alla falcidia dei finanziamenti garantiti da 1/5 dello stipendio o pensione, la possibilità di conservare il mutuo dell’abitazione principale e di avviare procedure di sovraindebitamento di origine familiare, operando un innesto nel tessuto della L. 3/2012.

Le novità introdotte in quel tessuto normativo avevano dato l’impressione di un alleggerimento della pressione e della (parziale) severità della L. 3/2012, a tutto vantaggio di un maggior supporto ai consumatori indebitati, in un periodo storico già segnato da grandissimi sconvolgimenti sociali ed economici che avevano messo in ginocchio un elevato numero di imprese così come pure la categoria dei consumatori.

In parte quella lettura appariva corretta, soprattutto perché rafforzata dall’introduzione dell’ulteriore novità della necessità di indagare sul rispetto, al momento della concessione del credito, del merito creditizio del debitore, penalizzando quel creditore (soggetto finanziario) che avesse concesso credito senza l’opportuna verifica della capacità di restituzione del debito nel rispetto della conservazione di un livello di vita dignitoso del debitore, il cui standard è agganciato al parametro dell’assegno sociale moltiplicato per i coefficienti indicati dalla scala di equivalenza ISEE in rapporto al numero dei componenti della famiglia.

Tuttavia, quelle aggiunte altro non erano se non elementi prelevati da un tessuto normativo diverso, la cui introduzione nel tessuto economico veniva ritardata perché ritenuto troppo rigido se messo a confronto con la ridotta capacità del mercato di reggere l’onda d’urto che avrebbe determinato.

Quindi, quelle stesse “novità” che avevano fatto ritenere un allentamento della severità, reintrodotte nella loro sede d’origine vanno reinterpretate nel contesto dal quale traggono origine, che è il Codice.

Ebbene, c’è da osservare come il Codice, che contiene le nuove norme che disciplinano le soluzioni della crisi da sovraindebitamento si muove su postulati chiari, volti in primo luogo a prevenirla attraverso l’adozione tempestiva di misure per farvi fronte, ragione per la quale quegli stessi postulati dovranno necessariamente incrociarsi con la nozione di colpa grave che è certamente un principio astratto e di difficile collocazione esatta e che per ciò solo deve essere contestualizzato entro i confini al cui interno lo stesso è chiamato a operare in concreto.

La stessa nozione di colpa grave, ad esempio, assume, in un contesto fortemente regimentato un significato totalmente differente rispetto a quello nel quale un individuo si muova in assoluta libertà morale e fisica.

Dunque, non si può prescindere dai postulati che il Codice pone anche per la misura della meritevolezza che altro non è se non l’altra faccia della stessa medaglia sulla quale troviamo la proiezione della colpa posto che nessuno dubita che è meritevole chi non versa in colpa grave.

Del resto, la meritevolezza si inquadra all’interno di precisi diritti e obblighi atteso che se è vero che il soggetto meritevole ha il diritto alla conservazione dell’abitazione principale di cui paga il mutuo secondo il piano d’ammortamento nonché il diritto di sottrarsi alla cessione del quinto della pensione o dello stipendio che può incidere anche gravemente sul suo tenore di vita, è altresì indubitabile che la condizione necessaria è che egli reagisca ai primi sintomi di crisi (che anche per il consumatore si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi finanziari a far fronte alle obbligazioni programmate indicata all’articolo 2, comma 1, lettera a), Codice, adottando tutte le misure necessarie a farvi fronte.

Deve dunque ammettersi come il contesto nel quale assai meglio si armonizzano le nuove misure sia completamente cambiato e un ulteriore segnale è rappresentato dalla modifica della nozione stessa di sovraindebitamento che, infatti, si è allontanata dalla dimensione patrimoniale utilizzata dalla L. 3/2012 per attrarre a sé l’accezione fluida della situazione di squilibrio economico e accostandosi, così a quella finanziaria molto ben tracciata dalla nozione di crisi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), Codice.

Ancora si ritiene che un altro importante elemento che permette di inquadrare la nuova situazione in cui (anche) il consumatore si muove e che tornerà senza dubbio utile per la misurazione della colpa grave, è che il gestore della crisi non sembra di certo aver perso le sue facoltà di indagine sulle cause della crisi, sulla diligenza nell’assumere le obbligazioni e sulle ragioni che hanno impedito al consumatore di farvi fronte, segno questo che appare senz’altro utile esplorare questi fattori soggettivi proprio per raccogliere elementi al fine di misurare lo stadio della colpa nel momento in cui il consumatore ha assunto le obbligazioni.

Infine, va sottolineato che tra i documenti che il debitore deve allegare alla domanda non è più presente l’elenco degli atti dispositivi nel quinquennio, sostituito con l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione, che altro non sono se non quegli atti capaci di provocare il rischio di alterazione del patrimonio al fine di agevolare il compito del gestore volto a comprendere se il consumatore, quando ha contratto il debito, fosse nella condizione di restituirlo.

Orbene, questi elementi che fino a qui si sono analizzati così come i requisiti di nuova formulazione che si sono appena ricordati vanno tutti a inquadrarsi in una procedura che evidenziando una differente “causa concreta” ne giustifica la loro stessa applicazione.

La precedente normativa, in vero, si proponeva lo scopo, anche se del tutto statico, di “porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento” (articolo 6, L. 3/2012) attraverso la proposizione di “un piano che prevedesse scadenze e modalità di pagamento dei creditori” (articolo 7, L. 3/2012); l’articolo 67, Codice richiede, invece, che il “consumatore proponga un piano che indichi tempi e modalità per superare la crisi” prevedendo “il soddisfacimento dei crediti in qualsiasi forma”.

Dunque, mentre la precedente normativa aveva come obiettivo sostanziale l’esdebitazione del debitore, da centrare attraverso il pagamento dei creditori, quella attuale si pone l’ambizione di rimettere il debitore in una condizione di precrisi in cui egli sia in grado di programmare le proprie obbligazioni finanziarie con un orizzonte temporale di media lunghezza.

Anche questo a ben guardare è un elemento che incide sensibilmente sulla valutazione della colpa del debitore in quanto, sebbene esso sia rivolto al futuro, costituisce un obiettivo che solo il debitore esente da colpa grave, intesa come espressione di totale disordine finanziario, sarà in grado di raggiungere; mentre tale obiettivo appare certamente molto più difficile per chi ha fatto approdo agli strumenti di soluzione della crisi dopo avere ampliato senza giudizio e con condotte seriali il proprio debito (spesso di natura fiscale) mostrando scarsa sensibilità verso gli obblighi di collaborazione sociale che impongono in primis di non pregiudicare i diritti dei creditori (articolo 4, comma 2, Codice).

A tale riguardo, occorre anche aggiungere che un’ulteriore recente pronuncia della Cassazione (n. 28013/2022) ha stabilito, proprio con riferimento a un caso di sovraindebitamento del consumatore, che il soddisfacimento del debito, per essere tale, non può essere rappresentato da ristori puramente simbolici, contribuendo ad aggiungere un’ulteriore linea di perimetro per la contestualizzazione della nozione della colpa grave.

 

Il requisito della meritevolezza all’interno del nuovo Codice

Dunque, a valle di questa digressione, la considerazione a cui si perviene è che, anche il consumatore all’epoca del Codice deve meritarsi” l’ammissione e poi l’omologa del piano proposto che gli permette di esdebitarsi e ritornare in una condizione appunto di pre-crisi in cui egli possa avere il governo della propria spesa, nei limiti delle proprie attuali e concrete risorse finanziarie.

Quello che si vuole dimostrare, in definitiva è che la condizione di fresh start, a cui mira senza dubbio anche la nuova legge, non è sganciata dal pre requisito della responsabilità economica e finanziaria che deve animare i soggetti che fanno ricorso alla procedura di sovraindebitamento, istituto che continua a essere considerato in ogni caso come “strumento eccezionale”, alternativo alla liquidazione controllata di “abbandono dei beni”, riservato a quei soggetti che mostrino di aver tenuto una condotta quantomeno non disordinata, caotica e seriale nella formazione del debito e che si avvicina molto con la nozione di meritevolezza.

Posto dunque che il requisito della meritevolezza appare anche oggi lungi dall’essere stato annichilito dal nuovo contesto normativo, va in ogni caso evidenziato che un elemento distintivo rispetto al passato esiste ed è senz’altro legato all’elemento della prova che, un tempo, poggiava sulle spalle del debitore, mentre ora rappresenta un onere di cui è gravato il creditore, o eventualmente rimesso alla valutazione del giudice nella verifica dell’ammissibilità giuridica che deve precedere l’omologa.

Appare dunque oltremodo evidente che anche nel nuovo panorama normativo prima preannunciato, quanto al requisito soggettivo della meritevolezza, il sindacato giudiziale resta ancorato all’“assenza di colpa” e di “atti in frode”, ma esso si arricchisce, nell’ottica del favor debitoris, di un ulteriore elemento di valutazione selettiva, ovvero il grado di rilevanza della colpa, ora limitato ai soli casi di “colpa grave” e “mala fede”.

Ciò vuole significare che il novero delle condotte negligenti o contrarie a buona fede idonee a escludere l’accesso del debitore sovraindebitato alla procedura di piano del consumatore è limitato a quelle sole che mostrino prima facie se non la dolosa preordinazione della situazione di incapienza patrimoniale, quantomeno una prudenza o cautela notevolmente inferiori alla media. Tale condizione (colpa grave), ostativa alla concessione del beneficio di parziale esdebitazione – che il piano del consumatore offre indipendentemente dal consenso dei creditori – ricorre quasi certamente in almeno 2 ipotesi: la prima si verifica quando, a passività invariate, il consumatore si sia privato di risorse patrimoniali gratuitamente o a prezzo incongruo a beneficio di terzi ovvero al fine di soddisfare, tanto più se con mezzi anomali, crediti preferenziali, sottraendo dunque incautamente beni su cui la massa dei creditori anteriori aveva fatto affidamento; in tal caso dovendo l’indagine giudiziale incentrarsi essenzialmente sul coefficiente soggettivo di artificiosa preordinazione da parte del debitore; la seconda, invece, quando il consumatore, assumendo nuove obbligazioni, senza minimamente considerare l’insostenibilità dell’accresciuta esposizione né ponderare le esigenze poste alla base del ricorso al credito, abbia incautamente reso la garanzia patrimoniale generica insufficiente rispetto alle passività complessivamente assunte.

A tale ultimo riguardo qualche decisione aveva già considerato meritevole, non solo la condotta del consumatore che contragga il debito per far fronte a esigenze impreviste e sopravvenute (si pensi ai costi da sostenere per una malattia), ma anche quella del consumatore che, benché già sovraindebitato per situazioni altrettanto involontarie (come, ad esempio, la perdita del lavoro), abbia dovuto contrarre ulteriori obbligazioni onde conservare risorse fondamentali alla propria vita (si pensi a finanziamenti contratti per onorare il mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione), ovvero per far fronte a primarie esigenze di vita personale e familiare.

Si era ritenuto dunque che non fosse sufficiente a escludere l’omologa la circostanza che, alla data dell’insorgenza di nuovi debiti, il consumatore era già sovraindebitato, occorrendo invece valutare in ogni caso i motivi dell’assunzione di nuove passività, le quali non potrebbero mai dirsi giustificate ove siano volte a procurare all’indebitato o a terzi ingiustificati vantaggi (ad esempio, acquisto di beni voluttuari o esecuzione di pagamenti preferenziali) ovvero qualora consentano all’indebitato la conservazione di condizioni di vita sproporzionate al proprio reddito, dilazionando oltremodo i tempi di soluzione della crisi da sovraindebitamento.

E allora, se questi sono i binari tracciati dalle norme di nuovo conio e se dunque l’istituto del sovraindebitamento che deve per ciò solo tendere a risollevare le sorti del debitore risolvendo la sua situazione di crisi o di insolvenza, non ha mai perso il “faro” della meritevolezza va necessariamente ridimensionato, ad avviso di chi scrive, l’assunto secondo il quale tale requisito, sotto l’egida del Codice, non dovrà più essere oggetto di prova da parte del debitore dovendo il creditore fornire al giudice gli elementi della colpa grave o mala fede in capo al sovraindebitato.

A questo punto ci si chiede come sia possibile risolvere il rebus.

La risposta potrebbe semplicemente passare attraverso la valorizzazione dei requisiti della completezza e attendibilità del corredo documentale prodotto dal sovraindebitato il cui controllo è affidato alla figura tuttora centrale del gestore della crisi.

Nessuno potrebbe dubitare infatti che, dinanzi a una documentazione lacunosa circa le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni ovvero circa le ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, diventa quanto meno arduo per il giudice accertare l’esistenza della sola colpa lieve ed escludere automaticamente quella grave o addirittura la mala fede in capo al sovraindebitato.

Si vuol dire, più semplicemente, che è pur sempre il debitore a dover adeguatamente provare l’origine del proprio sovraindebitamento, sia pure nei limiti in cui tale indagine appaia necessaria per acquisire da parte del giudice un sereno giudizio di probabile non colpevolezza grave o di mala fede del debitore (articolo 69, Codice).

In definitiva, non sembra omologabile un piano allorquando non sia possibile escludere, ragionevolmente che il ricorrente abbia determinato la propria situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode, attese le lacune esistenti circa la prova degli eventi elencati che avrebbero dato origine alla crisi in cui versa il debitore.

La presunzione di non colpevolezza concessa al debitore è, per ciò solo, valida in presenza di documentazione chiara completa e attendibile.

 

La meritevolezza nella liquidazione controllata

Nella liquidazione controllata, invece, manca, quale presupposto di accesso alla procedura la verifica del compimento di atti in frode negli ultimi 5 anni e, più in generale, del requisito della meritevolezza (così come previsto dall’abrogato articolo 14-quinquies, comma 1, L. 3/2012). Va subito precisato che nel Codice il requisito della meritevolezza permane letteralmente solo per l’esdebitazione del sovraindebitato incapiente (articolo 283, Codice) e non per la liquidazione controllata (si veda infra).

Per ciò che concerne, invece, gli atti in frode, tra le novità introdotte dal Codice, vi è la legittimazione attiva del liquidatore, previa autorizzazione del giudice delegato, a esercitare (o, se pendenti, a proseguire) le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori (articolo 274, comma 2, Codice).

L’introduzione, tra le facoltà del liquidatore, di intraprendere l’azione di revocatoria ordinaria o actio pauliana ex articolo 2901, cod. civ., unitamente all’abrogazione della verifica del compimento di atti in frode in sede di apertura della procedura, fa propendere per il superamento definitivo di tale requisito ostativo e dunque per l’irrilevanza degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori.

Del resto, non avrebbe senso riconoscere al liquidatore il potere di esercitare un’azione revocatoria, conservando quale presupposto per l’apertura della liquidazione l’assenza di atti in frode; ciò in quanto gli atti revocabili dal liquidatore sarebbero gli stessi che dovrebbero comportare l’inammissibilità dell’apertura della procedura di liquidazione.

…. la meritevolezza nell’esdebitazione del sovraindebitato incapiente …

Il D.L. 137/2020 (c.d. Decreto Ristori), convertito dalla L. 176/2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2020 ha introdotto nella L. 3/2012 alcune novità estratte dal Codice che come noto è entrato in vigore lo scorso 15 luglio 2022.

Un intervento di significativo rilievo è stata sicuramente l’introduzione dell’istituto dell’esdebitazione del “debitore incapiente” (che peraltro, è stato integralmente richiamato dal Codice) secondo cui la persona fisica, che sia meritevole per assenza di atti di frode o responsabilità nella formazione dell’indebitamento e che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura, può accedere in via immediata alla esdebitazione, fatto salvo l’obbligo di destinazione al soddisfacimento dei creditori delle eventuali sopravvenienze superiori al 10% dell’intero debito.

Il Legislatore vuole così evitare il passaggio del debitore impossidente attraverso una procedura liquidatoria non utile per assenza di beni da liquidare e scarsità di risorse da distribuire e tale da assorbire in costi professionali, gran parte se non tutte, le poche risorse sufficienti solo al mantenimento suo e della famiglia.

C’è da osservare che in favore di un’applicazione rigida del presupposto della meritevolezza militano plurimi argomenti: prima di tutto, ragioni letterali. Il Legislatore fissa la meritevolezza del debitore quale presupposto, solo a questi riservando l’accesso all’istituto; viene poi demandato all’Occ di illustrare le cause del sovraindebitamento, nonché la diligenza mostrata dal debitore persona fisica nell’assunzione delle obbligazioni.

Ancora, si impone al giudice di verificare a tal fine l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento. Nel medesimo senso, poi, vi sono ragioni sistematiche: gli istituti della L. 3/2012 prima e ora del Codice, nel consentire in danno del ceto creditorio un sensibile grado di sacrificio, continuano a pretendere dal debitore, quantomeno, l’assenza di stati soggettivi colposi o negligenti come diversamente descritti.

L’aspetto non superabile in questo ambito potrebbe concernere, ad esempio, l’impossibilità di giustificare le (se non totali, quantomeno altamente significative e reiterate) omissioni tributarie e contributive riferibili all’attività del debitore, libero professionista, con i finanziamenti resi in favore della società unipersonale, quest’ultima soggetto giuridico distinto, di cui egli sia l’amministratore unico.

Si pensi, ad esempio, al caso del debitore che riferisca di avere onorato i debiti nei confronti dei fornitori della detta società (gran parte dei quali chirografari) ritardando tuttavia il pagamento dei debiti tributari relativi all’attività professionale svolta in proprio magari in spregio alle cause legittime di prelazione.

La meritevolezza dunque rimane, anche alla luce del nuovo assetto normativo, il prisma attraverso cui misurare e declinare in concreto l’ambito operativo dell’intero sotto-sistema del “sovraindebitamento”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Crisi e risanamento.