31 Gennaio 2023

La gestione delle riserve da assegnazione ed il rispetto della par condicio tra i soci

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

L’operazione di assegnazione e cessione agevolata di immobili ai soci, di cui all’articolo 1, comma 100 e ss., L. 197/2022 pone in essere una serie di questioni di carattere contabile/fiscale ma anche temi di diritto societario che vanno attentamente analizzati per non cadere nel rischio di rispettare i dettami tributari della operazione ma poi dover affrontare un contenzioso endosocietario per violazione della par condicio tra i soci.

In primo luogo un tema che spesso genera dubbi ed equivoci è la gestione delle riserve che si formano per effetto della assegnazione/cessione agevolata.

Per quanto attiene alla assegnazione di immobili ai soci può sembrare strano che si parli di formazione di riserve, posto che in realtà l’assegnazione presuppone l’utilizzo, quindi la riduzione di riserve e non la genesi delle stesse.

Eppure, operando in un certo modo contabile dalla assegnazione può generarsi una riserva la cui natura fiscale va ben capita per non commettere errori nella sua gestione.

Partiamo da un esempio numerico.

Poniamo che l’immobile da assegnare ai soci abbia un valore contabile e fiscale di 1.000, a fronte di un valore catastale/normale di 1.500 e che sia attribuita ai soci una riserva di utile.

Uno dei due metodi contabili, legittimati dal Documento emanato dal CNDCEC del 14.03.2016, consiste nel far emergere il valore catastale/normale previo utilizzo di una riserva per 1.500.

Utilizzando in Dare la riserva di 1.500 e “scaricando” in Avere l’immobile per 1.000 si ha una plusvalenza di 500 che viene iscritta a conto economico.

Poniamo altresì che questa plusvalenza confluisca nell’utile di esercizio, e che quindi si formi una riserva di utili pari a 500.

La maggior parte degli operatori ritiene che tale riserva, laddove in futuro venisse distribuita, non dovrebbe scontare alcuna imposizione in capo al socio poiché il versamento della imposta sostitutiva all’8% su 500 dovrebbe avere effetto liberatorio della fiscalità anche in capo al socio.

Ma questa tesi si scontra con un passaggio della circolare 37/E/2016, par. 1.1. che recita:

Occorre evidenziare che la plusvalenza contabile – iscritta in bilancio per effetto dell’assegnazione agevolata e “sterilizzata” con una variazione fiscale in diminuzione – concorre alla formazione del risultato di conto economico relativo all’esercizio 2016 e, in presenza di un risultato positivo, confluisce tra le riserve disponibili di patrimonio netto. L’eventuale distribuzione di tale riserva seguirà il regime ordinario di tassazione come dividendo in capo ai soci percettori”.

Leggendo questo passaggio alcuni segnalano una contraddizione con la tesi espressa dalle Entrate secondo cui il versamento della sostitutiva ha effetto liberatorio anche per il socio, ma in realtà in questo caso non vi è alcuna contraddizione e la tesi delle Entrate è condivisibile.

Infatti la riserva sui cui spiega efficacia l’effetto liberatorio della sostitutiva è già stata utilizzata e riconoscere una detassazione a quella che si forma ex novo sarebbe un immotivato privilegio tra chi utilizza la modalità contabile che non fa emergere plusvalenze a conto economico e chi invece utilizza la modalità contraria.

Non va dimenticato che per far emergere la plusvalenza a conto economico la riserva utilizzata ed attribuita ai soci non è, riprendendo l’esempio sopra citato,  1.000 (cioè pari al  valore contabile del bene) ma 1.500 e di tale attribuzione 500 non vengono tassati in capo al socio poiché “ coperti” dalla imposta sostitutiva.

Se fossero detassati in capo ai soci anche i 500 della plusvalenza (peraltro oggetto di detassazione in capo alla società previa variazione diminutiva) avremmo una doppia, ed ingiustificata, detassazione.

Questo passaggio interpretativo non va confuso con la detassazione riconosciuta alla plusvalenza iscritta a conto economico per effetto della cessione agevolata di immobile ai soci: infatti la circolare 37/E/2016, al par. 5, afferma che detta plusvalenza che confluisce in una riserva di utili non genera dividendo poiché assoggettata ad imposta sostitutiva.

Il principio è corretto poiché nella cessione agevolata non vi sono altre (e precedenti) riserve sorte per effetto della stessa cessione che hanno fruito della detassazione da sostitutiva dell’8%.

Un secondo tema che spesso pone degli interrogativi è il rispetto della par condicio tra i soci.

Poniamo che nell’esempio di prima l’immobile abbia sì un valore catastale di 1.500 ma un valore di mercato di 5.000.

Se in una società vi sono due soci al 50% ciascuno e ad uno è assegnato l’immobile di 1.500 mentre all’altro viene attribuita una somma di 1.500 ( a fronte di un valore di mercato di 5.000) abbiamo violato il principio della par condicio?

Anzitutto dobbiamo osservare che il rispetto della par condicio è tema endosocietario che, con il consenso unanime dei soci, potrebbe anche essere derogato (Notariato Triveneto I.G.24) , ma se in sede di delibera di assegnazione i soci valutano l’immobile attribuito ad uno di loro per 1.500 non si vede alcuna violazione al principio in esame.

Violazione vi sarebbe se i soci deliberassero di assegnare l’immobile ad uno dei due per il valore di mercato di 5.000 attribuendo all’altro socio  detentore del restante 50% una somma di 1.500.

In altre parole il tema della par condicio e di una sua eventuale violazione sorge, si ritiene, laddove non vi sia consenso unanime della compagine nella valutazione dei beni che sono in procinto di essere attribuiti ai soci.