13 Marzo 2020

Imu dovuta dal concedente sin dalla risoluzione del contratto di leasing

di Fabio Garrini
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la sentenza n. 6664 del 09.03.2020 la Cassazione è tornata sul tema della debenza dell’Imu nel caso di risoluzione del contratto di leasing; si tratta di un tema ampiamente dibattuto, caratterizzato anche da alcune sentenza discordanti, ma le recenti pronunce vanno nella direzione di porre la soggettività passiva in capo al concedente già al momento della risoluzione del contratto di leasing.

Va segnalato che il medesimo problema si pone anche nel 2020, posto che la riscrittura, avvenuta ad opera della L. 160/2019, della disciplina dell’imposta comunale maggiore non ha portato alcun chiarimento sul tema, presentando una definizione nella sostanza coincidente con quella previgente.

 

La soggettività Imu

Il soggetto passivo di un immobile oggetto di un contratto di locazione finanziaria è l’utilizzatore.

Se il contratto termina con il riscatto da parte del conduttore (come normalmente accade, posto che la causa del contratto è acquisire l’immobile tramite finanziamento), nulla cambia sotto il profilo Imu e Tasi: il conduttore, infatti, continua ad essere soggetto passivo del tributo comunale, semplicemente cambiando la propria qualifica, da utilizzatore a proprietario.

Allo stesso modo non pare porsi alcun dubbio anche nel caso di cessione del contratto, situazione nella quale un nuovo utilizzatore subentra al precedente; conseguentemente, si deve ritenere che la soggettività passiva passi dal precedente al nuovo utilizzatore, a decorrere dal momento in cui il contratto viene ceduto.

Il tema delicato è quello legato ad una eventuale cessazione del contratto (per mancato riscatto, ovvero anticipata per inadempimento), con conseguente restituzione del bene al concedente, che dovrà assumere la qualifica di soggetto passivo.

Da notare come vi sia un’asimmetria tra due previsioni in occasione del termine del contratto (quando ovviamente non vi sia il riscatto). In base al tenore letterale delle due disposizioni normative, infatti:

  • mentre ai fini Imu la soggettività letteralmente parrebbe tornare in capo al concedente al termine del contratto (l’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 23/2011 afferma che “Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”);
  • ai fini Tasi tale trasferimento avviene solo con la riconsegna del bene (il comma 672 dell’articolo 1 L. 147/2013 affermava che “In caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna”).

La sentenza n. 6664/2020

A questo punto occorre chiedersi quale sia effettivamente il momento in cui la soggettività Imu si trasferisce (l’imposta più significativa delle due); la questione che si è posta riguardava la possibilità di estendere all’Imu la definizione di soggettività passiva che il Legislatore aveva introdotto per la Tasi.

La questione si pone, in particolare, quando l’utilizzatore è soggetto a procedure concorsuali, nell’ambito delle quali il concedente potrebbe trovarsi a rientrare in possesso del bene anche diverso tempo dopo quello in cui è stata accertata la risoluzione del contratto.

Tale disputa, che si è accesa in dottrina, si è avuta anche in giurisprudenza, dando origine ad interpretazioni di segno contrario, anche in seno alla stessa Corte di Cassazione.

Si segnalano sul punto:

  • la sentenza n. 13793/2019 con la quale è stata preferita l’interpretazione più letterale che trasferisce la soggettività passiva in capo al concedente già al momento della risoluzione del contratto;
  • successivamente, la sentenza n. 19166/2019 ha preferito una soluzione che punta ad equiparare il trattamento Imu e Tasi, mantenendo la debenza Imu in capo all’utilizzatore sino al momento della materiale consegna del bene al concedente;
  • si devono poi registrare le sentenze n. 25249/2019, 29973/2019 e n. 34243/2019, attraverso le quali i giudici di legittimità hanno respinto quest’ultima interpretazione, confutandone le argomentazioni, tornando alla posizione richiamata nella sentenza n. 13793/2019.

A questa disputa giurisprudenziale si aggiunge la recente sentenza n. 6664 del 09.03.2020, con la quale la Suprema Corte ha preso atto delle due diverse linee interpretative, ma ha ritenuto nella sostanza risolta la divergenza a favore della prima posizione: pertanto oggi occorre affermare che l’Imu deve essere corrisposta dalla società di leasing a far data dalla data in cui il contratto viene a cessare i propri effetti, indipendentemente dal fatto che essa abbia recuperato o meno la disponibilità del bene.

Dopo aver osservato che le norme sono formulate in maniera diversa e nulla giustifica l’estensione della disciplina Tasi all’Imu, viene osservato che l’Imu sia imposta di natura prettamente patrimoniale fondata sul possesso (in senso stretto quale titolarità del diritto reale, ovvero in forza di un presupposto indicato dal legislatore quale il contratto di leasing vigente).

Al contrario, la Tasi è imposta finalizzata alla copertura dei servizi resi dal comune, il che giustificherebbe la debenza del tributo nel limite della disponibilità del bene.

Va detto che tutte le argomentazioni proposte espongono il fianco a diverse questioni critiche.

Ciò posto, il tenore letterale della norma non può essere in alcun modo superato in via interpretativa: l’Imu è dovuta dal concedente sin dalla data della risoluzione del contratto.