19 Aprile 2023

Il valore in sede penale dell’imposta rideterminata attraverso l’accertamento con adesione

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Come è noto, l’articolo 13-bis D.Lgs. 74/2000, prevede che, fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie, se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

Al di là della possibilità, normativamente prevista, di beneficiare delle attenuanti, una volta raggiunto l’accordo con il Fisco, occorre verificare se tale concordato, possa modificare automaticamente l’iniziale determinazione dell’imposta evasa, coincidente con quella presa a base per la formulazione dell’imputazione in sede penale, così magari da scendere sottosoglia.

Sgombriamo il campo subito da ogni dubbio: allo stato, fatte salve eventuali modifiche normative, la sopravvenienza di un accordo amministrativo, che va a modificare sostanzialmente l’iniziale determinazione dell’imposta evasa, coincidente con quella presa a riferimento per la formulazione dell’imputazione in sede penale, non comporta l’automatico venir meno dell’ipotesi delittuosa originaria.

La pretesa tributaria può essere rivalutata e ridimensionata in sede di accordi concordati tra le parti del rapporto tributario, senza che ciò però limiti il giudice penale, che può pervenire ad un diverso convincimento e ritenere lo stesso superata la soglia di punibilità, se l’ammontare dell’imposta accertata penalmente sia superiore a quella concordata.

La questione è stata già affrontata dalla Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 5640 del 14.02.2012: “il giudice penale non è vincolato all’accertamento del giudice tributario, ma non   può   prescindere dalla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria”.

Richiamando proprio detta sentenza, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 17706 del 18.04.2013, ha ritenuto che il giudice penale non sia vincolato “dalle risultanze dell’atto negoziale concordato dal contribuente evasore con l’ente impositore, ma sola dalla considerazione metodologica dell’esistenza di un tale diverso contenuto dell’obbligazione tributaria, rispetto a quella originariamente contestata con l’avviso di accertamento”.

Se il giudice penale non è condizionato dai risultati degli accertamenti fiscali, la stessa Corte di Cassazione – sentenza n. 37094 del 15.09.2015 – ha affermato che ciò non significa che il giudice penale possa prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per determinare l’imposta evasa: “cambia la regola di giudizio, non la regola da applicare”.

E ancora in questi giorni – Corte di Cassazione, sez. pen., n. 5577 del 09.02.2023 – è stato affermato che il giudice penale non è vincolato ai risultati degli accertamenti fiscali, nè ai criteri di giudizio previsti dalla legislazione fiscale e civilistica, essendo suo preciso dovere ricostruire in modo autonomo e con le regole proprie del processo penale i fatti che danno luogo a responsabilità penale. Tuttavia, ciò non significa che in sede penale si possa prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per determinare e quantificare l’imponibile dell’imposta sui redditi e quella sul valore aggiunto (e dunque l’imposta evasa).

A nostro avviso, se lo stesso fatto può essere letto in maniera diversa dall’Ufficio e dal giudice penale, è pur vero che il dato maggiormente più certo è proprio quello fiscale, tant’è che è sicuramente difficile che il giudice penale possa riscontrare concreti elementi per discostarsi dall’imposta concordata in sede fiscale.

Alla fine, l’imposta effettivamente dovuta è quella risultante dall’atto di adesione sottoscritto fra le parti (contribuente ed ufficio) e quindi probabilmente occorre una riflessione legislativa su questo specifico aspetto, ancorando anche ai fini penali l’imposta concordata ai fini fiscali.