19 Maggio 2015

Il concordato, cominciamo a prenotarlo, cum grano salis

di Claudio Ceradini
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Abbiamo nel corso delle settimane più volte ripercorso le opzioni di risanamento possibili, numericamente, comprendendo di volta in volta quali fossero gli aspetti critici che richiedevano una soluzione. Torneremo sugli aspetti numerici, in fondo facciamo i commercialisti, ma è il momento di porsi anche qualche problema procedurale e giuridico.

Dall’undici settembre 2012 preparare i piani di risanamento è più semplice, perlomeno dal punto di vista, appunto, procedurale. Con la riforma, una delle più spinte in fondo, apportata con L. 134/2012 (conversione DL 83/2012) è stata introdotta la possibilità per il debitore di depositare istanza di ammissione prenotativa, che prelude pur con effetti estremamente incisivi alla successiva e più propria fase di sviluppo dello strumento giuridico prescelto. Si tratta di una finestra temporale in cui il debitore accede ad un regime di protezione del proprio patrimonio dalle lecite richieste dei creditori. In questo arco di tempo egli deve predisporre ogni aspetto del piano di risanamento confezionando la proposta per i creditori. Tempi concessi e modalità di funzionamento della prenotazione sono diversi, in relazione all’istituto. Il piano attestato ex art. 67, co. 3, lett. d) non accede a questo beneficio, e del resto non ne ha alcun bisogno. Serve ad escludere semplicemente il rischio di revocatoria per i terzi, e dovrebbe, per non essere un sicuro e sonoro insuccesso, essere adottato quando i problemi finanziari appaiono facilmente, si fa per dire, risolvibili. Al contrario sia l’accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182bis L.F., come anche il concordato preventivo possono essere prenotati. Il funzionamento è molto diverso, e diversamente efficiente, ma comunque utile.

Partiamo oggi dal secondo. L’art. 161, co. 6, LF consente al debitore che presenti le caratteristiche della fallibilità (art. 1 LF) la possibilità di depositare istanza prenotativa. Dalla sua introduzione, la norma ha suscitato un grandissimo interesse, al punto che il numero di concordati presentati (ahimè solo prenotati però) è improvvisamente cresciuto a dismisura. Nei principali Tribunali i concordati presentati nei soli mesi di settembre ed ottobre 2012 superavano numericamente di cinque, fino a dieci volte quelli presentati nel biennio precedente. Colpo di fulmine? Per niente. La realtà era come spesso capita molto più semplice. Prima della riforma la presentazione di un concordato richiedeva un grandissimo lavoro, molto intenso, da svolgersi nelle settimane prima e secondo le più consolidate tradizioni massoniche, nessuno doveva accorgersene. Il rischio altrimenti era che le banche notificassero i debitori ceduti, che con la rapidità che i Tribunali solo a loro concedono iscrivessero ipoteca giudiziale, che i fornitori cessassero immediatamente (e per la verità molto ragionevolmente) di collaborare, etc.. Il lavoro dell’advisor ed anche dell’attestatore erano difficili, poco tempo e poche informazioni, tutte di provenienza interna con nessuna conferma esterna (altrimenti se ne accorgono tutti), che dovevano bastare per coordinare una esaustiva, e auspicabilmente esatta, analisi del passivo e dell’attivo disponibile, e la conclusiva proposta ai creditori. Dopo la riforma tutto cambiava. La semplice prenotazione del concordato, per parlare solo degli effetti principali (art. 168 L.F.), consente di interrompere le procedure esecutive in corso e vietare che altre possano iniziare, rende inopponibili le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti, assegna (art. 161, co. 7. L.F.) ai crediti maturati in corso di prenotazione il carattere di prededucibilità, cosicché le forniture eseguite dopo la prenotazione non rischino, in teoria, di essere assimilate a quelle precedenti, confluendo nel ceto creditorio. Tutto molto bello, significa concedere al debitore (e ai suoi consulenti) il tempo di coordinare il piano concordatario e la proposta ai creditori, uscendo dalle cantine in cui lavoravano prima, finalmente alla luce del sole, spingendosi addirittura al prima impensabile punto di chiedere ai fornitori di precisare il loro credito.  La prospettiva appare talmente attraente da scatenare la corsa alla prenotazione selvaggia, secondo la filosofia dell’intento ferma tutto e poi si vede. La questione è proprio questa, si ferma tutto, ma non solo le azioni esecutive e le notifiche, anche l’operatività aziendale. Ne abbiamo già parlato nelle scorse settimane ma è intuitivo: i fornitori si fermano, o vogliono i soldi subito, anche prima di consegnare, le banche sospendono immediatamente qualsiasi utilizzo degli affidamenti, e tendono ad utilizzare con grande precisione il diritto convenzionale alla compensazione che il contratto di conto corrente loro assegna, con buona pace della inefficacia della notifica post prenotazione, i clienti, infine, ritardano i pagamenti, per non sbagliare, tra comunicazioni intimidatorie delle banche e richieste del debitore di canalizzazione su conti prima sconosciuti. Servono soldi insomma, e se non ci si è preparati prima non ce ne saranno.

Ed è per questo che gran parte della pioggia di prenotazioni cui si è assistito non sortisce alcun effetto positivo, portando, allo scadere del termine concesso dal Tribunale, ad un nulla di fatto, che è in questi casi l’anticamera del fallimento, e addio risanamento. Tra l’altro se ne sono accorti tutti, al punto che nel giugno del 2013 (D.L. 69/2013 convertito con L. 98/2013) le cose sono cambiate con un intervento normativo in modifica volto proprio a calmierare il fenomeno della prenotazione a tutti i costi. Oggi il Tribunale può nominare il Commissario Giudiziale fin da subito, ed il debitore deve relazionare periodicamente sulla situazione finanziaria, le sue evoluzioni e sul lavoro di preparazione. La documentazione stessa da allegare alla richiesta prenotativa è più completa oggi, richiedendo anche l’elenco dei creditori (pare banale ma non lo è).

Ma il punto, oggi come ieri, è che prenotare un concordato presuppone una preparazione, un lavoro preliminare di carattere progettuale con cui tracciare almeno le linee guida del risanamento, affinché gli effetti non normativi naturali quanto indesiderati dell’accesso alla procedura non uccidano il toro appena l’hanno a tiro, invece che favorirne la guarigione.