20 Marzo 2023

I reati di dichiarazione infedele e fraudolenta all’esito di verifica

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

In tema di verifiche fiscali, la recente riforma introdotta dall’articolo 6 L. 130/2022, che ha inserito il comma 5-bis all’articolo 7 D.Lgs. 546/92, ha ridato evidenza alla valenza dei fatti indizianti accertati in sede di controllo, quale ineludibile elemento della prova presuntiva atta a supportare l’ipotesi di evasione, circoscrivendo, nei casi previsti dal D.Lgs. 74/2000, le ipotesi in cui le condotte del contribuente acquisiscano rilievo anche in ambito penale.

La necessità che i fatti indizianti siano accertati in modo inequivoco nella loro esatta dimensione, assumendo un univoco significato indiziario circa la sussistenza del fatto ignoto che sono chiamati ad argomentare, assume dirimente rilievo nella valutazione del discrimen tra la condotta di dichiarazione fraudolenta, di cui all’articolo 3 D.Lgs. 74/2000, e la meno grave ipotesi di dichiarazione infedele contemplata dal successivo articolo 4 del richiamato Decreto.

Se così è, appare evidente come le attività di verifica poste in essere dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate non possano fondarsi su apodittiche contestazioni, ma debbano poggiare i propri rilievi su fatti circostanziati, e ciò a maggior ragione se si considera come – proprio in considerazione delle richiamate condotte di penale rilevanza – l’attività di verifica acquisisca incontrovertibile importanza a fondamento tanto dell’esercizio dell’azione penale da parte del P.M. inquirente, quanto in relazione all’avviso di accertamento in conseguenza emesso dall’Ufficio.

Gli insegnamenti della Suprema Corte, d’altra parte, chiariscono la differenza della condotta più grave rispetto a quella prevista e punita a titolo di dichiarazione infedele.

La dichiarazione fraudolenta è costruita infatti come frode contabile alla quale deve associarsi un quid pluris, volutamente non tipizzato dalla norma e tuttavia necessariamente caratterizzato dall’idoneità ad indurre in errore e ad ostacolare il corretto accertamento della realtà contabile del soggetto (in senso conforme, Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 38872/2022).

Di contro, la dichiarazione infedele, in regime di specialità rispetto alla condotta fraudolenta, è assistita da minore insidiosità, poiché difetta – in tutto o in gran parte – della sussistenza dell’artefazione dell’impianto contabile, che invece caratterizza la condotta frodatoria.

È il caso dell’esito di una verifica che constati l’assenza, nell’ambito della dichiarazione ai fini imposte dirette, dell’indicazione di operazioni attive, oltre soglia, che tuttavia risultano essere state dal soggetto verificato già quantificate e comunicate mediante la comunicazione annuale Iva.

Semplificando il potenziale esito di un’attività di verifica, non si può fare a meno di sottolineare come – per esperienza empirica – la contestazione di dichiarazione fraudolenta si fondi, di norma, sull’accertamento, in sede di verifica, di un impianto contabile inattendibile e artificiosamente orientato alla evidenziazione di costi inesistenti o all’occultamento di ricavi, non diversamente accertabili dall’Erario; l’ipotesi di cui all’articolo 4 si sviluppa invece normalmente mediante l’occultamento, in sede dichiarativa, di partite attive, astrattamente sfuggente rispetto ai controlli automatici, e tuttavia evidente alla lente di un’attività ispettiva di maggiore penetrazione quale la verifica fiscale.

La tratteggiata differenza tra le due ipotesi di reato ha ricadute anche rispetto all’eventuale riconoscimento delle condizioni di obiettiva incertezza normativa, esimente ai fini della responsabilità penale ai sensi dell’articolo 15 D.Lgs. 74/2000, nonché immanente e incontrovertito principio di diritto in tema di sanzioni amministrative tributarie, secondo la gemella previsione di cui all’articolo 6, comma 2, D.Lgs. 472/1997.

La descritta ontologica diversità delle norme incriminatrici aveva inizialmente portato il Legislatore penal-tributario ad escludere per la dichiarazione fraudolenta quale causa di non punibilità il pagamento del debito tributario, disciplina poi omogeneizzata dall’attuale lettera dell’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000, che ha esteso al reato di cui all’articolo 3 la non punibilità per il caso di pagamento integrale del debito tributario, entro il termine di presentazione della dichiarazione inerente all’anno di imposta successivo, sempreché la condotta riparatrice sia intervenuta prima della formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche ovvero dell’inizio di qualsiasi altra attività di accertamento amministrativo o investigazione penale.