16 Ottobre 2019

I centri sportivi scolastici e il terzo settore

di Guido Martinelli
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La scheda di FISCOPRATICO

I centri sportivi scolastici nascono formalmente con le “linee guida per le attività di educazione fisica, motoria e sportiva nelle scuole secondarie di primo e secondo grado” emanate dal Miur con nota prot. n. 4273 del 4 agosto 2009. Ciò in quanto si riteneva necessario dotarsi di una struttura organizzativa interna idonea a gestire le ore aggiuntive di avviamento alla pratica sportiva previste dall’allora nuovo contratto collettivo del comparto scuola.

Ai centri sportivi scolastici partecipavano i docenti di educazione fisica, fra i quali il dirigente scolastico nominava quello incaricato del coordinamento.

Veniva realizzato un programma che veniva sottoposto agli studenti che potevano manifestare la loro volontà di partecipare o meno alle varie iniziative

I centri sportivi scolastici, nel loro significato ante L. 86/2019 erano da considerare una struttura autonoma dell’istituto scolastico ma non vi era alcun elemento che consentisse di ritenerlo un soggetto “diverso” e autonomo rispetto alla scuola che lo aveva istituito. Pertanto tutti i rapporti giuridici realizzati e costituiti dal centro sportivo scolastico, ivi compresi quelli di debito – credito erano da imputare direttamente alla scuola che ne rispondeva.

Su questa realtà, finora prevista solo a livello amministrativo nelle scuole secondarie, si inserisce la previsione dell’articolo 2 L. 86/2019, rubricata “centri sportivi scolastici”.

La nuova norma, in vigore dal 31 agosto scorso, mantenendo le finalità di organizzazione e sviluppo della pratica dell’attività sportiva nelle istituzioni scolastiche, la amplia alle scuole di ogni ordine e grado, mantiene l’aspetto volontario sul costituire o meno i centri sportivi scolastici, ma prevede che gli stessi siano costituiti “secondo le modalità e nelle forme previste dal codice del terzo settore”.

Qui nascono i primi problemi interpretativi. È noto, infatti, che fra gli enti tipizzati dall’articolo 4 D.Lgs. 117/2017 non si parli di centri sportivi scolastici. Questi potrebbero comunque entrare in gioco con la sezione settima del Registro unico del terzo settore (articolo 46, comma 1, lett. g, D.Lgs. 117/2017) laddove troveranno collocazione “le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

Ma tale ragionamento si scontra contro un’altra previsione. Infatti, ai sensi di quanto prevede il secondo comma dell’articolo 4 D.Lgs. 117/2017non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165”. E questa ultima norma prevede che:Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative…” (articolo 1, comma 2, D. Lgs. 165/2001).

Quindi il centro sportivo scolastico costituito secondo le forme previste dal codice del terzo settore non potrà essere l’istituto scolastico come tale (a meno che non sia privato) ma dovrà necessariamente costituire un soggetto giuridico autonomo su base associativa.

Che questo fosse l’obiettivo del legislatore sembra confermato dalla previsione che “le scuole stabiliscono il regolamento del centro sportivo scolastico che ne disciplina l’attività e le cariche associative”.

A questo punto, però, si manifestano i dubbi. Stante il fatto, come prevede il secondo comma dell’articolo 2 della legge in esame, che le attività del centro sportivo scolastico sono programmate dal consiglio di istituto, ai vertici di questo “nuovo” ente del terzo settore si imputeranno solo le responsabilità di una attività che non saranno loro a determinare? I professori di educazione fisica che opereranno per il centro sportivo scolastico che tipo di rapporto andranno ad instaurare con questo nuovo soggetto giuridico? Potranno essere retribuiti dalla scuola per una attività che svolgono in favore di un soggetto terzo?

In più la presunta “antidemocraticità”, causata dall’avere un organo esterno che ne stabilisce l’attività, pregiudica il riconoscimento ai fini sportivi (e quindi l’iscrizione al registro Coni) con conseguente impossibilità a godere dei benefici fiscali a ciò conseguenti.

Ciò senza voler ricordare gli adempimenti che il codice impone agli enti del terzo settore (redazione bilancio, assicurazione dei volontari, pubblicazione dei compensi, ecc.). A chi spetterebbero? Non credo che le segreterie degli istituti scolastici siano disponibili ad accollarsi questo onere ulteriore.

In più, il quinto comma prevede l’obbligatorietà dell’utilizzo del laureato in scienze motorie, che nella scuola primaria non è presente (pur se esiste la possibilità che il Ministero possa allargare, con proprio decreto, ad altri soggetti con competenze diverse l’affidamento dello svolgimento delle discipline sportive all’interno dei centri sportivi scolastici). Il centro sportivo scolastico della scuola elementare dove troverà, come e con cosa retribuirà e come selezionerà gli istruttori per i propri allievi?

La sensazione è che su questa disciplina il legislatore dovrà rivedere alcuni aspetti.

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